Saintes Maries de la Mer, paese incastonato tra Rodano e Mediterraneo, affascina per la ricchezza di attrattive paesaggistiche e tradizioni provenzali. Circondato da spiagge di sabbia finissima e aree paludose, è meta ideale per escursioni naturalistiche orientate al bird watching tra i fenicotteri rosa, come pure per passeggiate a cavallo o bicicletta tra smisurati appezzamenti di lavanda in fiore.
Secondo la tradizione il suo nome deriva dallo sbarco proprio su queste coste di Maria Salome e Maria Jacomè, giunte in questi luoghi dopo una lunga navigazione su una barca priva di remi in fuga dalla Palestina e seguite da altri seguaci di Gesù di Nazareth che si sarebbero poi dispersi in Europa. Tra loro era presente anche la serva Sara detta "la nera", che proprio a Saintes Maries de la Mer sarebbe diventata protagonista di una festività nella ricorrenza dello sbarco, attirando in questo luogo migliaia di pellegrini da tutto il continente. Pellegrini molto particolari, che del nomadismo hanno fatto stile di vita da generazioni: nei giorni tra il 23 e 25 maggio nel paese si radunano migliaia di Sinti, Rom e Gitani che accorrono per venerare la loro santa patrona Sara, la cui effige è ospitata nella cattedrale del paese. L'edificio risulta costruito su schema a unica navata dritta e ricopriva funzione strategica, venendo utilizzato in epoche passate come fortezza di avvistamento dei pirati saraceni, e dotato persino di fonte autonoma di acqua potabile ad oggi ancora operativa, necessaria per garantire durante gli assedi la sopravvivenza degli abitanti che qui andavano a trovare rifugio. All'interno sono raccolte le effigi lignee delle due Marie, raffigurate su una barca, come pure la statua della serva Sara, custodita nella cripta principale assieme ad alcune reliquie.
Il fulcro centrale dei giorni di festa è rappresentato dalla venerazione di questa statua che viene portata in processione il 24 di maggio lungo il paese fino alla spiaggia, dove viene immersa tra le onde del mare secondo un rituale preciso per purificarla dalle energie negative che ha accumulato durante l'anno, veicolate dal contatto fisico con i pellegrini. Trascinata a spalle dai nomadi e scortata da schiere di butteri su bianchissimi cavalli, da sempre protagonisti dei paesaggi della Camargue, la statua viene accompagnata in acqua circondata da decine di migliaia di fedeli che la seguono dalla spiaggia. La statua è raffigurata con carnagione scura e adornata con dozzine di abiti, corone e gioielli diversi, alternati nelle varie cerimonie religiose, il tutto senza che sia mai stata elevata a santità dalla chiesa cattolica ufficiale, non citata nei vangeli canonici ma essendo anzi ritenuta dai gitani già presente in Camargue prima dello sbarco delle due Marie, priva dunque di alcuna origine orientale.
Qualunque sia la verità storica o le varie supposizioni, il paese finisce per brulicare di vita festosa, faticando a contenere non solo le decine di migliaia di gitani con le loro carovane, sia moderne con dotazione di parabole sia più datate dalle finiture in legno, ma anche i numerosissimi turisti curiosi attirati dal rituale, dai colori e sapori che si respirano dal giorno alla notte inoltrata. Tutto il paese è invaso da musiche, balli e concerti improvvisati al ritmo di violini e chitarre, abiti sgargianti, gonne troppo lunghe o troppo corte, tatuaggi e orecchini sfoggiati da giovanissimi o anziani in un puzzle spumeggiante di varia umanità, tutti radunati nella Plaza del Toro utilizzata come arena, dove vanno a svolgersi anche corride non cruente e gare equestri.
Se vista e udito sono continuamente sollecitati, anche il palato ha motivo di essere rapito dalle numerose tentazioni della tradizione culinaria locale o nomade, tra paella e monumentali grigliate di carne. Ma il richiamo dei curiosi va oltre il pretesto della festività, diventando anche motivo di ritrovo per i nomadi di qualsiasi nazionalità che in questi giorni ritrovano il senso di appartenenza a una famiglia, unita nel suo stesso spirito di indipendente vagabondaggio.