Lo chiamano il “filosofo della pizza”. Il Franco Pepe pensiero si può sintetizzare in effetti con tre parole: ricerca, accoglienza e logicamente pizza.
Lo sa bene chi ha avuto la fortuna di andare a trovare questo “moderno artigiano con un’antica passione” fino a Caiazzo, il paese dell’Alto Casertano dove si trova il suo locale Pepe in grani. O chi, invece, lo ha conosciuto in fiere e saloni del gusto se non addirittura in un contesto più informale, durante una delle sue frequenti trasferte in giro per l’Italia o all’estero. Il pizzaiolo caiatino è instancabile quando si tratta di promuovere la sua terra in un piatto: così può capitare, come è avvenuto qualche tempo fa a Firenze, che accolga l’invito di un amico, l’esperto gastronomo Sabino Berardino, e di un locale, L’antico girone Malafemmina e parta per la Toscana, approfittando del suo giorno libero, con tutto il suo staff e soprattutto con un camioncino carico degli ingredienti necessari per un giro di pizze da mille e una notte.
A rendere la serata indimenticabile è di sicuro la cura con cui Pepe ha scelto le materie prime, ma dietro c’è anche una tradizione familiare da poter spendere in ogni occasione. Il pizzaiolo caiatino è forte di un’esperienza di tre generazioni di maestri panificatori. I tempi e la tecnica per la migliore lievitazione, il tipo di farina più indicato, perfino l’acqua (quando è in trasferta la porta da casa). La madia in legno e la stufa di acciaio. Niente è lasciato al caso e solo così la pizza che viene proposta è davvero alla maniera di Franco Pepe.
“Io faccio ancora l’impasto a mano, come facevano mio padre e mio nonno – racconta – perché attraverso questo percorso sensoriale si riesce a percepire il cosiddetto 'punto di pasta' e a interpretare le farine. Solo così poi dalla lievitazione verrà fuori un buon prodotto finale”. Niente ricette o ingredienti segreti, quindi. “Il vero segreto potrebbe essere la passione e l’amore con cui si fa un prodotto. Io ci metto molto impegno e dedico molto tempo alla lavorazione dell’impasto, di conseguenza ottengo come risultato finale una buona pizza, non migliore degli altri, perché il nostro obiettivo, mio e dello staff che lavora con me, è quello di proporre una buona pizza, con un buon condimento grazie alle eccellenze del mio territorio. Voglio garantire a chi degusta questa pizza una buona digeribilità e soprattutto i veri sapori di una terra”.
Ecco perché la scelta delle materie prime e in particolare della farina è fondamentale. “La farina ti dà indicazione su come lavorarla e su come puoi ottenere il tuo prodotto per una migliore digeribilità. Noi non siamo chef, il nostro piatto è il nostro impasto” puntualizza. Logico che i prodotti, spesso a km 0, che vengono selezionati per la guarnizione finiscano per rappresentare la ciliegina sulla torta di una base straordinaria. A sentire come Franco Pepe racconta le varie fasi della lavorazione non si stenta a credere che abbia saputo conquistare le platee e una notorietà mediatica che ha da tempo superato i confini nazionali. Non solo sue interviste sono comparse su Gambero Rosso e Identità Golose ed è sempre ospite di grandi kermesse gastronomiche, ma ormai è una star anche negli States dove è spesso la star di locali e manifestazioni dedicate alla pizza; è apparso perfino sul Wall Street Journal, per spiegare a tutti il suo approccio con il piatto simbolo dell’Italia. Chi pensa però ai cuochi star di Masterchef con Franco Pepe ha una vera sorpresa.
“Quando preparo le mie pizze, specialmente quando esco dal mio paese, vorrei riuscire a condensare un intero vissuto per trasportare le persone che le assaggiano fra i miei luoghi di appartenenza, mostrare con i miei occhi la bellezza della terra che vivo, far saggiare la bontà dei prodotti che mi circondano, le storie che possono raccontare, e con leggerezza ricordare come un piatto povero come la pizza possa essere espressione di tutto questo. Ogni pizza che faccio uscire dal forno, vorrei fosse un omaggio a voi e alla mia terra”. E ancora: “Per me è fondamentale il rispetto, che per me è rispetto del passato, di mio nonno e di mio padre che mi hanno trasmesso saperi e sapori. E’ rispetto della pizza. Ecco, il rispetto è la chiave di lettura per quello che faccio” insiste il pizzaiolo-filosofo. Parole che non sono certo di uno che si è montato la testa.
Logico che da un artigiano così rigoroso e appassionato, non possono che venire fuori delle grandi pizze: dalla classica Pizza fritta al Calzone con la scarola ripieno di scarola riccia a crudo, alici di Cetara, olio e olive caiazzane e capperi, alla Nero casertano, con pomodoro, fiordilatte, scamorza affumicata e salame di maiale nero casertano per passare alla Sole nel Piatto, con mozzarella di bufala campana, alici di Cetara, pomodorini del Piennolo, olio e olive caiazzane e origano del Matese e concludere con la Pinsa conciata del ‘500 (o Mastunicola), un velo di sugna di maiale nero casertano, basilico, pepe, origano del Matese, conciato romano presidio Slow Food e confettura di fichi bianchi del Cilento. Pepe sarà il filosofo della pizza, ma più che conquistarti con i suoi sillogismi ti prende proprio per la gola.