L'evoluzione della medicina del vecchio Continente è stata guidata per 1500 anni dall'opera De materia medica, concepita dal greco Pedanio Dioscoride di Anazarbe nel I secolo d. C., e da sempre considerata una pietra miliare della farmacopea e della botanica medicinale.
Quella straordinaria epitome della cultura medica sviluppatasi nel Mediterraneo comprendeva le conoscenze delle civiltà greca, romana ed egizia. L'ispiratore dei suoi principi era stato, quattro secoli prima, Ippocrate che, con il Corpus Ippocraticum, aveva contribuito in maniera determinante alla trasformazione della medicina antica dalla fase pre-scientifica, legata in buona parte a pratiche e credenze magico-religiose, a una metodologia razionale e rigorosa; era stata in sostanza istituita la professione medica, con l'obiettivo primario di ristabilire l'equilibrio dell'organismo malato per mezzo di alcuni strumenti fondamentali: diagnosi, prognosi, e formule per la preparazione di ricette.
Dioscoride, quindi, aveva progettato di raccogliere nella sua opera enciclopedica De materia medica tutte le conoscenze mediche: è plausibile che il manoscritto sia stato ricopiato più volte nei primi cinque secoli e, verosimilmente, arricchito con qualche accenno di miniatura; ma queste sono soltato ipotesi perchè dobbiamo arrivare all'anno 512 d.C. per apprezzare un codice vivacemente figurato, trasformato in erbario alfabetico: si tratta di un esemplare donato dal popolo di Costantinopoli alla mecenate Anicia Giuliana, figlia dell'Imperatore d'Occidente, ora conservato presso la Österreichische Nationalbibliothek di Vienna.
Derivata indubbiamente da un comune archetipo stilistico, compare, nel VII secolo, la riscrittura nota come Dioscurides Neapolitanus, un erbario figurato, composto probabilmente in ambiente ravennate, ad uso della cultura bizantino-italiota; è noto il suo utilizzo nel monastero calabrese di Vivarium, fondato da Cassiodoro, dove si studiavano, tra le opere di scienza, i trattati di farmacognosia. L'opera, custodita presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, è avvincente per la semplicità dei tratti e per l'intensità dei colori: domina fra questi il verde delle foglie, presente in mille sfumature. Così l'aconito, la betonica, la genziana, le leggendarie mandragore e altre quattrocento piante medicinali sono protagoniste di un'incomparabile rassegna; la loro descrizione, pur semplice e didascalica, è completa di informazioni fitogeografiche, proprietà curative e modalità di prepararazione per l'utilizzo e la posologia.
Le figure occupano la parte superiore del recto di ogni carta: le immagini, presentate a gruppi di due o tre, sono omogenee nello stile, semplici, verosimili, quasi stilizzate, ma con tratti fondamentali per l'identificazione. La ricca parte testuale è in scrittura greca maiuscola biblica, organizzata su due colonne. In questo manoscritto si evidenzia l'aspetto botanico dell'opera di Dioscoride, particolarmente attraente per le illustrazioni, ma la vera prerogativa è quella di essere un'opera di interesse terapeutico, una vera farmacopea, arricchita dalla diversa nomenclatura proveniente dalle località dell'Impero.
E' doveroso segnalare che questo codice è stato recentemente materia di approfondimenti scientifici da parte degli esperti dell'Università di Napoli; i contributi sono accompagnati dalla traduzione del testo, la riproduzione fotografica delle piante dell'originale e l’identificazione botanica delle stesse. Ogni specie è stata anche riprodotta con un disegno moderno, magistralmente acquerellato, ed è accompagnata dalla descrizione botanica, filologica e di impiego.
Nei secoli successivi, il testo integrale dell'opera di Dioscoride continuerà a essere trasmesso sia in forma illustrata, soprattutto in area bizantina e araba, sia in forma solo testuale, in ambito latino. Sarà Pietro Andrea Mattioli che, nel Rinascimento, con i Discorsi sul De materia medica, ne farà un commento completo raccogliendo esperienze e indicazioni di medici e botanici espresse nel corso di quindici secoli, senza apportare personali novità, salvo le indicazioni ricevute dai placiti del medico e maestro Luca Ghini. La vera fortuna per Mattioli sarà la collaborazione con l'incisore e disegnatore Genesio Liberale da Udine che, con pazienza infinita, inciderà dal vivo almeno cinquecento delle matrici silografiche delle piante inserite nell'erbario. Con questo artista l'espressione fitografica raggiungerà un perfetto equilibrio fra le esigenze scientifiche e le aspirazioni artistiche.
In collaborazione con: www.abocamuseum.it