Il lago era ghiacciato ma attraversarlo era un'altra faccenda, chiaro che a vederlo così l'avresti detto solido ma di situazioni che non sono quel che sembrano ne aveva abbastanza, meglio seguirne il perimetro sino alla baita di Franz, da lì poi avrebbe proseguito lungo il sentiero dei boschi e se arrivava in ritardo pazienza. Se si fosse rotta la crosta non lo avrebbero più visto di sicuro, magari in primavera ma solo il corpo, quindi gambe in spalla e camminare.
Certo che darsi tutto quel da fare per gente che lo voleva solo fregare è stato davvero stupido, non si dava pace, quel pensiero occupava la sua mente. Volta lo sguardo, si diceva, concentrati sulla neve, guarda che bella, goditi il paesaggio, tra poco tutta questa meraviglia sparirà... ovvio, se l'affare andrà in porto. In quel caso, non resterà che acqua, lago sul lago, questo enorme catino verrà riempito fino all'orlo e se si potrà alzare una diga come pensano, di fare, arriverà oltre il limite naturale e la baita di Franz sarà costretta a galleggiare o sparire.
Povero Franz, ha mollato tutto per ritirarsi qui e sta per finire sott'acqua. Il terreno è mio, ventisette ettari tutt'intorno al lago, caro nonno che bella idea hai avuto a lasciarlo a me, il tuo nipote preferito, il geologo, lascio a lui che la natura la capisce diceva. Certo che la capisco e capisco anche che con un bacino così può farmi fare un sacco di soldi, acqua fresca e potabile, i tre fiumi sotterranei che scaricano nel lago lo hanno reso il più pulito della regione. A valle in pochi anni hanno inquinato ogni falda e ora vecchi e bambini muoiono come mosche in quella pianura di merda. L'anno scorso i pesci del Bormida si sono lanciati sulla riva, hanno preferito morire d'aria che bruciati dall'acqua, ma ecco la baita di Franz. Devo trovare le parole giuste per dirgli che deve sgombrare e le sto ancora cercando quando arrivo davanti alla sua porta, stranamente chiusa.
Poggio l'orecchio e all'interno sento la voce di una donna, resto ad ascoltare e... cazzo, stanno scopando ed è anche calda la gattina, senti il vecchio Franz come ci dà dentro, peccato per loro che non abbia tempo da perdere. Busso forte col pugno e chiamo:
«Franz, ehi Franz! Sei in casa? Apri, sono Armando ti devo parlare!»
Un impercettibile sorriso mi tende le labbra quando sento un tramestio seguito dalla voce di Franz:«Sì arrivo, un momento!».
Poco dopo la porta si apre e stagliato contro il buio della stanza appare il suo corpaccione. Mi guarda accigliato poi si fa da un lato e entro. Le finestre sono chiuse e quando mi abituo alla penombra la vedo seduta sul letto con la camicetta abbottonata storta, è una donna ancora giovane e piuttosto carina, cazzo, avrà sì e no quarant'anni. Mi lancia appena un'occhiata, senza l'ombra di un sorriso.
«Vuoi un caffè?» mi dice Franz preparando la cuccuma e senza aspettare la risposta continua «Allora, cosa volevi dirmi?»
«Beh! Magari torno un'altra volta, non vorrei disturbare».
«Tranquillo Armando, lo hai già fatto» e guardando la donna prosegue «lei è Mara, una vecchia amica, credo si fermerà qui con me per un po'».
«Piacere» le dico con un sorriso, poi mi rivolgo a Franz deciso ad affrontare la faccenda da uomo a uomo.
«Ascolta Franz, lo so che mio nonno ti ha dato il permesso di restare qui quanto vuoi e anche per me, lo sai, andava bene ma ora le cose sono cambiate. Giù, a valle, hanno bisogno d'acqua pulita, sai come sono messi male e noi qui ne abbiamo molta e allora ho pensato di cedere i terreni a una società che intende costruire una diga alla fine del lago per portare più acqua a valle e regolarla e allora qui, come dire, si allagherà tutto».
Un lungo silenzio rotto dal gorgogliare del caffè. «Mi pareva tu avessi un grosso debito con me, mi devi la vita Armando e tuo nonno lo sapeva, per questo ha detto che potevo restare, non è vero amico mio?».
«Sì lo so hai ragione, figurati se mi sono scordato una cosa del genere ma vedi Franz, ultimamente le cose non mi girano troppo bene e poi l'offerta è straordinaria, irrifiutabile capisci, giù l'acqua pura vale oro e qui ne abbiamo tanta cerca di capire non è che…».
«Armando, amico mio, io e Marta, stiamo pensando di sposarci, a proposito, lo sai che lavoro faceva Marta? Non importa, te lo dico dopo, adesso raccontami un po' di quest'acqua, pensi davvero che costruiranno una diga? Ho capito bene?».
«Beh, in effetti oggi dovrei firmare il passaggio di proprietà ma prima come vedi sono venuto da te, son qui proprio perché non ho dimenticato. Come potrei Franz? Sei come un fratello per me, anzi di più, ma sto anche pensando che questa operazione verrà fatta per il bene di tutti, la gente ha bisogno dell'acqua, non è che lo faccio solo per i soldi, figurati, sai come sono fatto. Non sai come sono contento che tu e Marta… sì ecco che tu e Marta abbiate deciso di sposarvi, ed ecco una buona occasione per sdebitarmi almeno un poco, Franz, se ti servono soldi per dove andrete...certo, vi farò un regalo, tranquillo, ce ne sarà per tutti».
Un silenzio enorme avvolge per un attimo la casa, Marta mi fissa seria, il caffè fuma nelle tazze e d'un tratto non so più cosa dire.
«I tuoi propositi mi sembrano buoni» dice Franz guardandomi.
«Dicevi che ti stanno aspettando».
«Sì, sì avevo già preso accordi con un'altra società ma poi quelli hanno cercato di fregarmi, dei veri bastardi ma questi no, con questi comunque mi sono cautelato, ho messo sotto un paio di avvocati con le palle».
«Bravo Armando, bravo! Ti dicevo del lavoro di Mara, lo sai che era dei nostri? Io e lei ci siamo conosciuti poco prima del tuo, chiamiamolo incidente, insomma quando hai fatto la cazzata dalla quale ti ho tirato fuori per i capelli, era anche lei della partita ma tu non l'avevi incontrata perché veniva dopo di noi, concludeva. Che tempi! Saranno passati vent'anni, che dici Armando diciannove? Accidenti, te la ricordi la faccia che ha fatto quel bastardo quando l'ho fermato un attimo prima che ti facesse a fette? Che tempismo, ci coprivamo alla grande noi due. Beviamo qualcosa e brindiamo ai vecchi tempi, stai a vedere cos'ho messo da parte».
Si alza e va alla credenza dalla quale torna con una bottiglia di vino. «Conservo questa bottiglia da allora, era di quel tipo, l'ho presa, pensa un po', subito dopo, mentre uscivamo. Ma tu raccontami, ti stanno aspettando dicevi, per cedere queste terre ma tu prima hai preferito venire qui da me, gli hai detto così? Prima devo parlarne con il mio amico Franz. Davvero gli hai detto così?»
«No, non ho detto proprio niente a nessuno, son venuto e basta, questa è una faccenda tra me e te che non deve interessare ad altri, son cose private e poi te lo devo amico mio, non ti avrei mai messo di fronte al fatto compiuto».
Il tappo salta con un bel rumore di festa e il vino riempie due bicchieri.
«Marta non beve, è in servizio». Dice Franz e scoppia in una fragorosa risata che mi contagia anche se non ho capito bene il senso della battuta ma rido lo stesso perché mi sento liberato, quei due si sposano e non credo proprio che una tipa del genere voglia vivere in mezzo ai lupi, sarà solo una questione di soldi. Io e Franz non riusciamo a smettere di ridere, è sufficiente che ci guardiamo e scoppiano a ridere, ho le lacrime agli occhi.
«Basta, basta, smettila che me la faccio addosso!» gli dico battendo ripetutamente un piede a terra e continuando a ridere a crepapelle, poi mi accorgo che Marta non ride, mi sta fissando e non ride e allora il riso mi si spegne in un gorgoglio di disagio.
«Ragazzi che risata » dico piegandomi in avanti.
Il proiettile entra nel centro esatto del cranio e attraversa il corpo fino a conficcarsi nel bacino, Marta fa scattare il caricatore, pesca da una scatola un nuovo colpo e ricarica con gesti automatici, poi apre il cassetto del tavolo, posa la pistola e richiude.