A Roma, la città eterna culla della nostra civiltà, si trovano innumerevoli opere d’arte, monumentali, storiche, antiche; iniziando dall’imponente Colosseo con le sue arcate che rendono chiaro il concetto di passato, poi il maestoso San Pietro con le sue colonne che rendono esplicita l’idea di fermezza e via via discorrendo fino al Pantheon, la fontana di Trevi, Castel Sant’Angelo, tanto che si dice che ogni angolo della città nasconda un’opera d’arte, un monumento antico, perché la città intera è costruita sui suoi stessi resti, e la cosa si è ripetuta più e più volte nel corso dei secoli. Allora capita che aprendo un varco in un vecchio garage ci si ritrovi dentro una villa di epoca romana, scavando in un parcheggio si ritrovino parti di un muro di difesa medioevale, oppure ripulendo una superficie si scopra un affresco del Settecento… tutto questo è Roma, ma non solo, perché vi sono luoghi che bisogna andare a cercare per rimanere affascinati dal mistero che riescono a suscitare con la loro particolarità.
Ci dobbiamo trovare nella Chiesa di Santa Maria di Vallicella (Chiesa nuova) esattamente al termine della messa del sabato sera: la cosa viene ripetuta ogni settimana e si può assistere a qualcosa di curioso, che viene fatto da molti anni: un quadro ad olio su tavola di ardesia, dipinto da Rubens, intitolato Angeli adoranti la Madonna Vallicelliana, posto esattamente dietro l’altare, al termine della messa "scompare " e al suo posto "appare" un'icona miracolosa della Vergine. Tutto viene manovrato dal sacerdote al termine della funzione religiosa ed è stato progettato e realizzato dallo stesso Rubens. Intorno alla nicchia che ospita l'immagine, sono infatti posti dei cerchi concentrici di angeli e cherubini, mentre una lastra di rame, sulla quale è dipinta la Madonna con il bambino benedicente, riproduce e protegge l'icona sacra sottostante, ma è sollevabile per mezzo di un meccanismo di pulegge e corde. La sacralità del posto e la funzione religiosa che precedono il piccolo evento, lo rendono molto interessante e pieno di enfasi mistica, tanto da meravigliare i sempre presenti fedeli e gli occasionali curiosi, oltre agli innumerevoli turisti informati su queste curiosità artistiche.
Trovandoci invece a camminare nel centro cittadino troviamo il Palazzetto Zuccari, detto il palazzetto dei mostri, che oggi ospita la famosa biblioteca Hertziana. Federico Zuccari era un famoso artista di Urbino che aveva lavorato a Firenze e a Roma costruendo delle dimore: proprio qui infatti volle costruirsi una sontuosa abitazione degna del suo nome e della fama che aveva raggiunto, qualcosa che rispecchiasse la sua notorietà artistica. Il primo passo fu quello di comprare un pezzo di terra a ridosso di Trinità dei Monti, in un'invidiabile posizione panoramica, quindi realizzò uno dei pochi esempi di case d’artista in Italia. La caratteristica più interessante, che poi dà origine al nome popolare "dei mostri" risiede nella decorazione, in particolare nelle cornici delle porte e finestre esterne che hanno l'aspetto di mostruose bocche aperte, ispirate al Giardino di Bomarzo e legate allo stile fantasioso dell'architettura manierista delle soglie del XVII secolo.
Quindi trovandosi a passeggiare in via Gregoriana, nelle vicinanze di piazza di Spagna, ci si imbatte in un portone che sembra un'enorme bocca di un mostro di marmo dagli occhi minacciosi, e la gente che entra nel palazzo sembra inghiottita dalle fauci del mostro... I tre mascheroni su via Gregoriana formano tuttora una delle maggiori attrattive del Palazzo e per Zuccari che anni prima aveva usato una forma analoga per una illustrazione della porta dell'inferno dantesco, queste opere avevano un chiaro significato: erano destinati a stupire e spaventare il visitatore, che avrebbe esitato un momento prima di oltrepassare la soglia, ma sarebbe stato tanto più colpito, per contrasto, dall'incanto paradisiaco del giardino. Un giardino di forma pressoché quadrata con ben 17 metri di lato, che forse era ricoperto da un pergolato di rose simile a quello dipinto sulla volta della loggia contigua, ed era abbellito da alcune fontane e statue, come nelle vedute di giardini che decorano quella che era la camera da letto del pittore. La singolarità e bellezza dell'edificio doveva essere testimonianza della grandezza e del successo dell'artista.
Se entriamo poi nella Chiesa di S. Ignazio, costruita nel 1600 sotto il cardinale Ludovisi, ci sfuggirà una particolarità come capita a quasi tutti i visitatori, a meno che non ne siamo a conoscenza: la cupola, in realtà, non è una cupola. Essa non fu mai costruita per mancanza di fondi. Lo spazio circolare ad essa destinato fu utilizzato per dipingere un artificio prospettico che ingannasse l’osservatore disattento e compensare la mancanza dello spazio architettonico. Provate a camminare fissando lo sguardo sul lucernario della cupola, man mano vi accorgerete che in realtà è finta. Un esempio simile è l'inganno prospettico dipinto dal Bramante per dare profondità all'abside della chiesa di San Satiro a Milano. L’opera è di Andrea Pozzo che ha reso famosa la chiesa anche per altre particolarità prospettiche come le "quadrature". Quando si osserva in alto, stando in piedi nel punto marcato a terra da un disco dorato posto nel pavimento della navata, si può ammirare la simulazione prospettica di un secondo livello, posto sopra al primo, che poi è quello reale della chiesa; quest'architettura simulata, in prospettiva "da basso in alto", è articolata su due ordini, uno inferiore e uno superiore, e con un abile movimento di colonne, archi e trabeazioni, si allunga verso l'alto dove, in una luce dorata, è raffigurata la Gloria di S. Ignazio, con Cristo che mostra lo stendardo della croce. Dal costato del Cristo s'irradia un fascio di luce che illumina Ignazio, dal quale a sua volta la luce rimbalza verso quattro figure allegoriche intorno a lui che rappresentano i quattro continenti allora conosciuti. Il disco dorato è il gemello di quello che serve per osservare al meglio la cupola finta.
Quelli narrati sono solo alcuni esempi di stranezze, misteri, e segreti, che nasconde la città eterna, forse li nasconde ora, come ha sempre fatto.