Lo strano caso della Palma che cresceva a dismisura pur essendo nana, direbbe oggi Goethe tornando all’Orto botanico di Padova, il primo laboratorio scientifico delle piante di tutto il mondo, fondato nel 1545 per volontà della Serenissima Repubblica Veneziana.
E sì, la Chamaerops humilis L., detta Palma Nana o Palma di San Pietro, perché molto diffusa nell’isola omonima in Sardegna, ha fatto scervellare i più illustri botanici da quando fu messa a dimora nel 1585. Ancora oggi vive e vegeta con il primato della pianta più antica dell’Orto patavino. Non è semplice ricapitolare tutte le vicissitudini di questo esemplare vegetale poiché a partire dal 1786 finisce sotto i riflettori di un grande pubblico, quello degli appassionati botanici, degli scienziati naturalisti di tutta Europa, grazie a Johann Wolfgang Goethe “l’ultimo uomo universale a camminare sulla terra”, diceva la scrittrice George Eliot.
Il grande letterato, filosofo e umanista, durante il suo tour in Italia tra il 1786 e il 1788, non manca di visitare il Veneto e soprattutto Padova e Venezia. Nel diario di viaggio, il 27 settembre del 1786, più che della città di Padova scrive diffusamente intorno al suo Orto botanico. Mentre rimane sgomento della prestigiosa sede universitaria per “tanta angustia di locali” dice poi In compenso il giardino botanico è tanto più grazioso ed allegro. Qui esprimerà il concetto che poi sarà ampliato in diversi saggi sul tema delle piante, in particolare la loro metamorfosi poiché proprio dall’osservazione della Palma ecco cosa osserva: Qui, fra tanta varietà di piante che vedo per la prima volta, mi si fa sempre più chiara e più viva l’ipotesi che in conclusione tutte le forme delle piante si possano far derivare da una pianta sola. Soltanto con l’ammettere questo sarebbe possibile di stabilire veracemente i generi e le specie, cosa che a me pare sia stata fatta finora in modo arbitrario. Del resto – continua – la mia sapienza botanica si arresta a questo punto, e non vedo ancora come potrò cavarmela. Questa materia, a parer mio, non è meno vasta che profonda.
Ma andiamo per ordine. Facciamo un cenno sulla botanica di questa pianta, insignita con il nome di Palma di Goethe e qui nell’Orto sempre protetta in serra dai venti freddi della pianura padana, non essendone originaria bensì un relitto mediterraneo della cosiddetta flora italiana del Terziario e unica palma italiana autoctona, a causa della quarta glaciazione iniziata 110.000 anni fa e conclusasi 12.000 or sono. Delle 56 palme esistenti oggi, gli studiosi hanno ravvisato alle nostre latitudini solo la Palma nana che è l’unica spontanea e ha una distribuzione circum-tirrenica, dalla costa ligure, estrema stazione a nord, alla la Sicilia con molti ed estesi popolamenti sulla costa. Poi si trova in Sardegna nell’isola di San Pietro e nell’arcipelago ponziano dove anche l’isola di Palmarola ne prende il nome. È una specie dell’areale caldo-arido che sopravvive su substrati poveri e brulli, mentre in Marocco la troviamo fino alla catena dell’Atlante raggiungendo gli 800-900 metri di altitudine sul livello del mare.
La sua foglia è palmata, appunto da qui la terminologia tassonomica delle piante a foglia a forma di palmo di una mano, e il nome del genere Camaerops deriva dal greco khamai (piccolo) e rhops (cespuglio), a indicare le dimensioni ridotte della pianta, mentre il nome della specie humilis, indica nuovamente le ridotte dimensioni. In botanica spesso la tassonomia è ridondante e sta a indicare le caratteristiche e l’habitus della specie. “Forma cespugli densi di 1-2 metri di altezza, spesso più bassi - dice Giuseppe Massari botanico nel volume Letture di geografia botanica -, le sue foglie a ciuffi sono grandi e coriacee, la lamina è palmata con 10-15 lacinie”. E puntualizza che in coltura, quindi coltivata dall’uomo, “assume un portamento diverso formando stipiti, cioè fusti, alti 5-6 metri ricoperti di guaine fogliari sfibrate” ma mantiene nonostante le varie ramificazioni sempre un aspetto cespuglioso. Sembra fosse usata molto nella Roma umbertina per soddisfare le suggestioni esotiche degli urbanisti di inizio Novecento.
Il caso patavino è ancora ben diverso poiché essendo stata sempre protetta a partire dalla sua messa a dimora nel lontano 1585, oggi ha raggiunto ben 12 metri, e le serre, prima mobili in legno e vetro, poi fisse in ferro e oggi in materiali di ultima generazione dopo l’ultima ricostruzione del 2015, si sono dovute adeguare alle sue esigenze. Quattro almeno le serre che ho potuto rintracciare, e che si sono susseguite, attraverso foto d’epoca e la testimonianza del Saccardo, prefetto dell’Orto botanico tra il 1878 e il 1915, che scrive così nel 1895: “Serra mobile della Palma di Goethe (ricostruita nel 1825). Verso il mezzo [intende del cerchio dell’orto sferico] sotto apposito padiglione (costruito nel 1874 a spese del prof. De Visiani) sta la Chamaerops humilis L. var. arborescens, costituita di 12 tronchi principali, di cui i più sviluppati misurano oltre m. 9,02 in altezza, con la periferia di cm. 60-65; fu piantata intorno al 1585 ed illustrata da Pontedera nel 1720 e dal Goethe nel 1786 onde dicesi comunemente la Palma di Goethe”.
Così invece la descriveva Goethe: Le foglie che sorgevano dal suolo erano semplici e fatte a lancia; poi andavano dividendosi sempre più, finché apparivano spartite come le dita di una mano spiegata. Questo fatto che la palma durante il suo ciclo vitale assuma diverse forme sia nel fusto sia nelle foglie (polimorfismo) lo condurrà a porre le basi della moderna fisiologia vegetale e anticipa il concetto di evoluzione. Insistendo sull’idea di pianta-tipo originaria sostiene che l’infinita varietà delle piante sulla terra non è apparsa in un'unica soluzione ma a partire da forme originarie che poi si sono modificate e adattate nel tempo. In un certo modo precede le ipotesi di evoluzione di Charles Darwin. Infatti Goethe attraverso il suo trattato “evoluzionistico”, La metamorfosi delle piante, pubblicato nel 1790, sviluppa un concetto ancora più ampio, cioè attribuendo le modificazioni a un sistema interno e inteso a formare un organismo armonioso e non, come sosteneva Darwin, a mere cause esterne come l’ambiente e gli stimoli che da esso possono venire e influenzare gli organismi vegetali. Goethe si riferisce a un qualcosa di immateriale di una essenza interiore che genera il prototipo della pianta, le cui infinite e diverse estrinsecazioni tangibili consistono in un adattamento alle differenti condizioni ambientali in cui esso incorre di volta in volta.
Questa palma dell’Orto dei semplici di Padova così antica e così complessa nelle sue forme e comportamenti ha fatto pensare i botanici a una forma particolare di Camaerops humilis var. arborescens Pers. (Steud.), cioè una varietà con forma arborea, sembra non più riconosciuta dalla classificazione botanica odierna. Così la Palma nana, che poi nana non è, fa ancora parlare di sé in un epoca in cui le palme, la grande famiglia delle Arecaceae che comprende circa 202 generi e 2600 specie soprattutto nei biomi a clima tropicale e subtropicale, hanno sempre maggiori consensi nella coltivazione in ambito urbano favorita dal cambiamento climatico e dal riscaldamento globale che ne consente il facile sviluppo anche nelle aree interne.
Purtroppo molte specie sono scomparse per l’aggressione del punteruolo rosso, un coleottero asiatico parassita che ha falcidiato interi viali di palme delle Canarie, della riviera Ligure e le palme delle maggiori isole italiane, mentre i vivaisti sono andati alla ricerca di quelle specie resistenti al parassita. La Palma da cocco, da datteri e delle Canarie come anche le Washingtonia sono le più martoriate e purtroppo anche la Palma nana può andare incontro all’attacco da parte del punteruolo, anche se gli attacchi nei confronti di questa specie sono stati fino ad ora molto sporadici. Inoltre il fatto che sia una specie che produce molti polloni alla base del tronco può far sì che le parti distrutte vengano sostituite da nuovi germogli.
Così la palma, albero luminoso simboleggiante il sole e la vittoria e la generatività - come diceva Angelo De Gubernatis, letterato e studioso della mitologia delle piante - divinizzata dagli indiani e dagli arabi e santificata dalla cristianità, sarà sempre meno presente nei nostri lidi e forse alcune specie che si adatteranno o sopravviveranno alla decimazione ad opera degli insetti, popoleranno di nuovo il mediterraneo e il suo paesaggio.
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