Le serie televisive o i film ambientati in uno spazio futuribile ci hanno fatto immaginare cosa potrebbe essere la vita nel cosmo, nel vuoto, a bordo di grandi navi astrali con il corredo di tutte le debolezze e carenze umane e non solo. Anche lassù, in improbabili scenari, alle prese con tecnologie inimmaginabili, l’essere umano si misura con i propri limiti e le proprie capacità. Ricostruzioni di luoghi di degenza, di sale operatorie, di terapie intensive hanno contrappuntato le scene più avventurose ed eroiche dell’uomo alle prese con l’immensità del cosmo e con tutto quello che esso potrebbe proporci anche oltre le nostre capacità di comprensione oltreché pratiche e tecniche. Al centro della narrazione, in quei momenti, la persona con i suoi limiti fisici e l’ambiente ultratecnologico immaginato e descritto spesso con grande immaginazione e prospettiva.

Oggi, gli astronauti lasciano spesso la terra a bordo di capsule e di razzi per poi farvi ritorno in tempi medi e lunghi. Non ci sono però ancora le navi astrali, quelle che superano i limiti delle galassie nell’impresa umana di conoscere e scoprire. L’immaginazione ci ha fatto vedere cose che ancora sono solo immaginabili con la mente o con l’intelligenza artificiale, ma non sono ancora reali! Lo diventeranno? Tutto è possibile ma certo l’arco della nostra vita come contemporanei ci pone a confronto con le grandi prospettive e con l’infinitesimo; eppure, straordinario cammino dell’uomo verso lo spazio.

Qualcosa però sembra assomigliare a quel futuro lontano facendocelo immaginare. Come, ad esempio, lo studio e la pratica in corso per arrivare a comprendere ed agire nella chirurgia a misura di spazio e per converso facendo pensare alla possibilità di riportare sulla terra quello che ricerca e sperimentazione ottengono in quelle difficili condizioni! Parliamo di Astronets (Astronauts for Neurosurgery Training Scheme), il progetto di neurochirurgia nello spazio presentato nei mesi scorsi al Besta di Milano. In pratica il progetto si propone di sottoporre i medici ad un training sul modello dell’addestramento a cui sono sottoposti gli astronauti, per realizzare un nuovo percorso formativo per i neuroghirurghi per sviluppare non solo le abilità tecniche, puramente manuali, ma anche le cosiddette competenze trasversali o soft skills: capacità di comunicazione, lavoro di gruppo, leadership, flessibilità e adattabilità, gestione dello stress e della fatica in situazioni critiche.

La sperimentazione, in un centro specializzato sui Monti Berici in Veneto, permette a dieci neurochirurghi un training ideato per formare team di eccellenza in ambienti ad alto rischio: boschi, pareti e burroni come palestra di allenamento per la sala operatoria. Condizioni terrestri ma estreme dove spesso si rischiano effetti destabilizzanti e dunque tali da sottoporre ad autentiche sfide. La possibilità di agire in condizioni di per sè critiche come quelle nello spazio, costituisce certamente il challenge più difficile ma anche quello più importante in termini di sviluppo di capacità operative.

I futuri neurochirurghi, è stato spiegato alla presentazione a Milano, alla Scuola di specializzazione in Neurochirurgia dell’Istituto Neurologico Carlo Besta, potranno acquisire nell’arco dei dodici mesi previsti, strumenti teorici e tecnologici per il lavoro in sala operatoria (ad esempio il simulatore neurochirurgico). Per alcuni aspetti la sala operatoria nella quale si svolgerà il percorso sembra quasi ricordare una navicella spaziale, la sua complessità e la delicatezza di quanto in essa avviene.

E’ stato sottolineato da Francesco DiMeco, direttore della Scuola di specializzazione in Neurochirurgia dell’Università degli Studi di Milano, come saranno numerosi e vari i temi affrontati come il lavoro di squadra, la comunicazione, la risoluzione dei problemi, il processo decisionale, la gestione dello stress in ambiente ostile, i simulatori e le tecnologie avanzate, ma anche la formazione su abilità non tecniche e l’adattamento a situazioni impreviste. Tutto con l’obiettivo, proprio della medicina e in essa nella chirurgia, la più avanzata, di non mettere a rischio l’incolumità dal paziente.

Il fulcro della sperimentazione è quello di trasferire le esperienze maturate nel settore aerospaziale in un contesto ad altissimo contenuto tecnologico come quello neurochirurgico e accademico naturalmente orientato alla formazione e alla sperimentazione.

Qualche informazione sul progetto Astronets. Nato da un’idea di Francesco DiMeco, direttore della Scuola di specializzazione in Neurochirurgia dell’Università degli Studi di Milano, e di Alessandro Perin, neurochirurgo dell’Istituto Neurologico Carlo Besta e direttore scientifico del Besta NeuroSim Center (il primo e più tecnologicamente avanzato centro di simulazione neurochirurgica in Europa), il progetto si concluderà il prossimo ottobre . Partner del progetto Deep Blue, la Fondazione Heal che promuove la ricerca e l’innovazione in campo medico e la società MilesBeyond che si occupa dell’addestramento outdoor per l’Agenzia Spaziale Europea (l’attività sui colli è ispirata al Caves Training, un’esercitazione in grotta usata per “allenare” gli astronauti al lavoro di squadra).

Perin racconta che:

Da giovane credevo che fare il neurochirurgo significasse avere un insieme di competenze tecniche – ha ammesso Perin – ma con gli anni e l’esperienza mi sono reso conto che le difficoltà del lavoro sono per l’80 per cento altre e riguardano la capacità di lavorare in gruppo, di gestire lo stress e prendere decisioni difficili quando si è sotto pressione.

“Quando guardiamo a un astronauta e a un neurochirurgo vediamo due figure professionali completamente diverse, ma nella realtà dei fatti ci sono tante cose che li accomunano”, ha aggiunto l’esperta di Fattori Umani di Deep Blue Vanessa Arrigoni, Project Lead di Astro-Nets. “Entrambi svolgono attività ad alto rischio dove ogni errore può avere conseguenze gravi. Sia in neurochirurgia sia nell’esplorazione spaziale, poi, è necessario sapersi adattare rapidamente a situazioni impreviste e gestire efficacemente le emergenze tenendo sotto controllo stress e fatica. Che sia una navetta spaziale o una sala operatoria, le difficoltà sono le stesse. Perché allora non prepararsi ad affrontarle con lo stesso addestramento? Così come un astronauta, oltre a essere ingegnere, tecnico e meccanico, deve essere pure un po’ psicologo, motivatore e mediatore, anche un neurochirurgo non deve solo saper usare bene pinze e bisturi deve anche riuscire a gestire il ‘contesto’, a partire dall’equipe che lavora con lui in sala operatoria”.

Il percorso per gli specializzandi prevede attività sul campo e simulate. Oltre alle esperienze outdoor, infatti, gli specializzandi si alleneranno con il simulatore del Besta, in modo del tutto nuovo però. “Oggi il simulatore viene usato solo per esercitare le abilità manuali dei chirurghi come praticare un foro nel cranio o recidere un tumore – spiega Simone Pozzi, CEO di Deep Blue con una lunga esperienza nella formazione di piloti e astronauti – più utile è invece inserire l’intervento simulato in un contesto più realistico, per esempio riproducendo una dinamica d’equipe, di decisioni condivise quindi, oppure una situazione d’emergenza”.

In questo modo si allenano sia la tecnica sia le capacità di comunicazione e risoluzione dei problemi. “In aerospazio è un ‘esercizio’ che si fa già da una ventina d’anni – continua Pozzi – i piloti e gli astronauti non simulano più la singola manovra, fanno esperienza di una situazione il più possibile reale: la manovra e il contesto”. Tra l’altro, tornando in ambito medico, questo tipo di addestramento aiuta a ridurre la frustrazione lamentata sia dai chirurghi, che spesso confessano di sentirsi soli in sala operatoria, sia dalle altre figure d’equipe che invece contestano di essere poco ascoltate. Tutto a beneficio non solo di chi opera e assiste, ma anche del paziente”.

Dal canto suo, Paolo Nespoli, astronauta e testimonial del progetto ha raccontato che “nelle varie fasi delle missioni spaziali non ho mai provato paura perché ero consapevole sia della preparazione degli altri membri del team sia del mio livello di preparazione personale e professionale, allo stesso modo, come paziente, mi sono affidato alle mani dei neurochirurghi del Besta avendo piena fiducia nelle loro preparazione e capacità professionali”. Per Nespoli è fondamentale per gli specializzandi seguire il corso per acquisire la necessaria preparazione personale e professionale”.