Giovedì 28 febbraio 2013, ore 20. Benedetto XVI aveva appena lasciato vacante il soglio pontificio dopo il suo clamoroso annuncio di dimissioni. Al Teatro Verdi di Firenze c’era Nanni Moretti per il suo concerto con l’Ort. L’attore e regista riproponeva la fortunata produzione Musica per Roma, già eseguita per la grande sala di Santa Cecilia due anni prima. Uno spettacolo di musica e parole in cui Nanni Moretti, insieme all’Orchestra regionale della Toscana, era chiamato a interpretare i monologhi dei suoi film mentre le musiche eseguite dall’Ort, scelte per l’occasione, sottolineavano i momenti salienti delle sue pellicole.
Tutti si aspettavano il monologo che Michel Piccoli recita in Habemus papam. Film profetico, per alcuni versi, visto che aveva annunciato la rinuncia più clamorosa del secolo già nel 2011. Moretti poteva vincere facile e invece, seguendo il codice di stile adottato in 35 anni di riprese, ha preferito il basso profilo. Ha fatto anche lui il gran rifiuto e riposta la sceneggiatura di Habemus papam, ha tirato fuori alcune pagine del suo diario personale, raccontando delle riprese del suo ultimo film e, di pari passo, dell’aggravarsi della malattia che poi avrebbe portato la madre alla morte. Pagine toccanti, dense di lacrime e sofferenza, a parlarci di un Moretti privato, che non ti aspetti.
Il regista, per l’appuntamento fiorentino, ha giocato molto sul doppio registro, passando dai momenti che hanno segnato la storia d’Italia alla sfera più intima della sua esistenza. Nella sua lunga cavalcata attraverso gli undici film che tanto hanno inciso nella vita di ognuno di noi, ha aperto ampi squarci sul suo privato. Lo ha fatto, ad esempio, con Caro Diario del 1993 in cui ci ha restituito ansie e inquietudini di quel periodo in cui non trovava le parole per gli episodi che compongono il film. Le stesse parole che non ha trovato, ad esempio, per Aprile del 1998 in cui anticipava la drammatica crisi di identità e di contenuti della sinistra italiana. A quattro giorni dalle elezioni che avevano visto il trionfo del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e il Pd mancare il colpo finale, decisivo per salire al governo, avrebbe avuto solo l’imbarazzo della scelta.
Le uniche parole che ha trovato e che ha lasciate in fondo, per il gran finale, sono state quelle de Il Caimano il film del 2006 in cui Moretti tocca i nervi scoperti degli italiani ponendo al giudizio dell’opinione pubblica la figura, apparsa mai così ambigua come in queste ultime settimane, di Silvio Berlusconi. Un film dove il Caimano viene condannato, ma di fatto hai la netta sensazione che la sua invece sia una vittoria, e che l’eroe buono alla fine sia il vero perdente. Ha recitato proprio il monologo finale di quella pellicola che tanto scalpore suscitò e che anche in questo caso sembra così profetica. Quel cittadino che rivendica "di essere più uguale degli altri perché gli elettori gli hanno dato la facoltà di governare" ancora oggi fa paura.
Moretti si conferma uno dei pochi registi in grado di interpretare la realtà italiana al cinema. Da sottolineare la bellezza delle musiche che hanno fatto da colonna sonora alle sue tante pellicole, scritte da Franco Piersanti e Nicola Piovani ed eseguite in sala dall’Ort sotto l’abile direzione del maestro Luigi Lombardi d’Aquino. Il già premio Oscar Nicola Piovani, sul palco del Verdi di Firenze, ha suonato al piano, con l’orchestra della Toscana, brani tratti da La messa è finita (1985), Palombella rossa (1989), Caro Diario (1993) e soprattutto lo straordinario La stanza del figlio (2001). Un talento straordinario il suo, sempre piacevole da riascoltare, soprattutto in una notte come questa, dove musica e parole non sono mai state così unite a doppio filo.
Foto: @marcoborrelli