Il primo sguardo di un sentimento adulto è sempre lontano dal tempo dove adulti si è anagraficamente.
L'essere adulti è anticipato dalla volontà di esserlo, il prima possibile, per l'idea che di questo tempo si ha. L'essere adulti ha la paternità della libertà.
La libertà del concetto di adulto, di chi all'anagrafe non lo è, si misura dai passi lievi delle idee che hanno forza per se stesse e che nel loro respiro hanno l'assoluto di un'assenza di confronto esperito attraverso la coercizione del “Verbo Vita”.
Perché vita è verbo se sei adulto: adulto di quel sapore acre che è il legittimo compromesso dell'esperienza. Non un nome in cui credere, ma azione attraverso la quale esperire. Dove il compromesso è processo matematico necessario alle intenzioni moltiplicate per le ragioni addizionate agli ideali e sottratte alla logica del sentire razionale, diviso dalle logiche sociali.
La vita è perfetta nel confronto e nel conforto della sapienza che ci rende colti di quanto siamo incolti e semoventi nel disagio di ciò che esprimiamo rispetto a quanto avremmo dovuto essere. Cosa siamo e come siamo è parte della perfezione della natura dell'esperienza che si traccia nel passaggio dall'istinto al senziente sino al razionale. Lo stato di coscienza è volontà che si allontana dalle posture autarchiche della giovinezza che rendono quella stagione non reale, ma ideale e algoritmo preparatorio al risultato del compromesso esperienziale del tempo: stati generali delle emozioni che ci fanno governare l'ingovernabile nell'illusione che il passaggio sia quello.
La paternità delle idee evolve verso quello che la natura dell'esistere esprime nella sua innata perfezione ritmica: il riconoscimento delle necessità oltre i bisogni. Il tempo della giovinezza non fa distinguo tra l'uno o l'altro, ma l'essere adulto riconosce il ruolo e la coscienza che lo stato di necessità impartisce allo spartito della vita… qui si è verbo o sua prossimità.
In principio era il verbo e il verbo era presso Dio e il verbo era Dio [1]: coscienza.
Stare nelle cose per quello che sono e rispettarne la natura, è la sequenza adulta differita da un tempo carico d'idee che si sono diluite e permeate lungo una via di verità e vita: ancora verbo che è paternità del senso di esistere connessi alle vibrate estensioni dell'io su di un'asse che è allineato alla ricerca della comprensione di quanto necessario.
Non v'è verità senza menzogna, non v'è via senza prigionia di percorso, non v'è vita senza morte.
L'uomo si adegua al limite e adeguato non è più un limite, ma necessità: strumento.
Il limite è trasformato in opportunità: è l'essere adulto come valore. L'uomo ha la possibilità di assimilare per osmosi il limite, dettato dal bisogno, sino a superarlo e divenire enunciato di quanto è necessario per vivere: necessità come misura per superare i bisogni legati al fisico, per sua sublimazione e autentica libertà che è coscienza.
Fronte allo specchio di una filiazione che non transige dall'idea che la sua contemporaneità emotiva, neo-germinazione del tempo, sia adeguata alla gerarchia dei valori primari dell'esistere, abbiamo la necessità di riflettere sulla simbiosi che il tempo genera attraverso lo sguardo alla giovinezza tra ciò che siamo e il divenire, riconnettendoci al sentimento verso un primitivo stadio del verbo che si esprime attraverso i figli in geometrica e ciclica simmetria. Il nuovo non è un valore di per sé, ma è un'uscita spazio temporale all'occhio dell'esperire e del relazionarsi alla forma: è la possibilità di rigiocarsi la postura data.
La prolifica produzione d'idee, di un “primo tempo”, funge da alambicco per la chimica della storia e del suo inquilino: l'uomo. L'essere umano vive in una sorta di palingenesi dell'esperienza globale e si processa attraverso le scoperte edificative dell'io. La famiglia è nucleo fondativo dell'esperienza dell'essere umano che in essa si produce e riproduce per il compiersi della coscienza individuale in favore di quella collettiva. Attraverso la storia e la famiglia, l'uomo compie il gesto di contatto con i multipli del tempo, le sue tracce e le sue derivazioni, così come nel dialogo generazionale si sommano le partenze con le conclusioni.
Chi è del tempo adulto è il multiplo di una coscienza che si esprime nell'eco di un tutto che è fatto di slanci e cadute, promesse e compromessi, ma anche di possibili risalite e levate di sguardo alla prospettiva più ampia che è coscienza: paternità esemplare d'accoglienza e ascolto.
Di questa dualità vive l'atteggiamento dell'uomo in costante corso d'opera tra l'essere figlio della storia e padre per essa.
[1] Prologo del Vangelo di Giovanni, “Inno al Logos”