...Le cosiddette “Americanate” sono grandi realtà: - la “greater New York” da 13 anni è un fatto compiuto; - tutti gli attuali ponti sull’“East” sono in esercizio, il “Brooklyn” da 28 anni, il “Williamsburg” da 8 ed il Manhattan ed il “Queensboro” da 2; - da 40 anni, corrono i treni dell’“Elevated” e da 7 quelli del “Subway”, non solo sotto terra ma anche sotto il mare; [...]- da 4 anni il “Singer” colla bandiera luminosa e da 2 il “Metropolitan” coll’orologio di 8 metri e le ore nel cielo, con sprazzi di luce, dominano una diecina di “Grattanuvole”, colle vette illuminate da fari invisibili; - “Times Square” brilla delle più mobili e colossali reclame luminose; - i “tram” sono a 8 ruote, i “bus” a due piani, i biglietti scattano piegati per essere facilmente presi con i guanti, i zolfanelli, di voga, hanno due teste, non per essere usati due volte, ma per essere usati subito, senza dover cercare il verso d’accenderli …
(Renzo Picasso, 1911)

Potere dell'antonomasia: stando alla definizione del Fontanier, tra le funzioni proprie di questa figura retorica c'è l'attribuzione al nome proprio di un individuo di un significato adattabile ed estendibile ad altri soggetti. Accade allora che ogni luogo, reale o virtuale, selezioni un suo “lui”. Ecco quindi, nei siti goliardici dedicati a complottismo e bufale, continui riferimenti più o meno spietati a un Beppe, o meglio “Peppe” che, suo malgrado, può essere solo Grillo, mentre nella città natale del comico prestato alla politica sono in molti a battere i tacchi al solo sentir pronunciare un altro nome proprio: Renzo, quel Renzo, l’Archi-senatore, il Rammendatore di periferie, il Donatore di progetti.

Eppure, proprio a Genova, l’archistar famosa in tutto il mondo rischia di perdere questo monopolio, vedendo il proprio nome associato a un quasi collega ormai oggetto di attenzioni feticistiche negli ambienti universitari e non.

Entrambi hanno costruito la propria carriera fra Genova e New York, uno però aprendo una sede a Manhattan, l'altro cercando di riportare al livello della Grande Mela la sua città, già alla pari per numero di abitanti nel 1819 nonché popolosa come Chicago nel 1863. L’altro Renzo, di cognome Picasso, ingegnere defunto nel 1975 all'età di 95 anni, sta accumulando una crescente fama postuma dopo decenni di silenzio. Portato all'attenzione degli studenti dei corsi di disegno della Facoltà di Architettura sul finire degli Anni Novanta, Picasso ha gradualmente ripreso campo nel non proprio vivace dibattito culturale genovese: un rilancio che, quasi vent’anni dopo è ancora in atto e ben lontano dal culmine, a riprova della complessità del personaggio e della vastità delle sue ricerche.

Figlio e nipote di ingegneri ben introdotti nell’alta società genovese post-unitaria, seppe coniugare l’alta formazione ricevuta al Politecnico di Torino e uno stile architettonico tipicamente eclettico con una straordinaria curiosità per le innovazioni tecnologiche del suo tempo, soprattutto nell’ambito dei trasporti e della mobilità urbana. Probabilmente ebbe modo di consultare i testi di Éugène Hénard, urbanista parigino della generazione precedente a cui si deve l’invenzione della rotatoria. Sicuramente venne travolto dal paesaggio urbano statunitense, come dimostra una serie di viaggi, fra il 1911 e la fine degli Anni Venti, incentrati su New York, Philadelphia e Chicago. Laggiù tutto era importante agli occhi di Picasso, che prendeva nota dei flussi di traffico delle grandi arterie urbane come dell’altezza media dei predellini degli autobus, spaziando fra economia dei trasporti, ingegneria ed ergonomia.

L’ultimo scorcio del panorama osservato dall’uomo della strada Picasso, forse anche il più difficile da immaginare oggigiorno, è la Genova di quegli anni: ogni volta che rientrava da Oltreoceano, egli trovava ad accoglierlo un porto vivacissimo, appena rinnovato grazie a ingenti investimenti tedeschi, ma soprattutto la città più ricca d’Italia, sede di colossi industriali come Ansaldo, Eridania, Nafta ed Eternit nonché luogo di massicce sperimentazioni sia nell’edilizia, contraddistinta da una familiarità con la nuova tecnologia del calcestruzzo armato che probabilmente non aveva pari in Italia, sia nei trasporti pubblici, che potevano annoverare accanto a un’estesissima rete tranviaria anche svariati ascensori e funicolari.

Furono allora il generale clima di novità, sperimentazione, energia respirato all’ombra dei “grattanuvole” e la congiuntura favorevole nella città natale a portare Picasso a elaborare svariate proposte di ammodernamento “all’americana” della sua Genova. Aiutato da una mano a dir poco felice, per circa vent’anni presentò progetti urbani ad ampia scala costellati di trafori, funivie, guidovie, porti fluviali, addirittura canali transappenninici. Va da sé che poi la sua grande passione fossero i grattacieli: arrivò a formulare 122 progetti in tal senso, dimostrando, aldilà dell’apparato decorativo tardo ottocentesco, di intenderli non solo come occasioni di occupazione intensiva di suolo, ma anche e soprattutto come nodi urbani funzionali all’interscambio di flussi fra metropolitane, tranvie, battelli e, perché no?, idrovolanti e dirigibili.

Malgrado nessuno di questi progetti sia mai stato realizzato, è però lecito ipotizzare un nesso tra le sue proposte e il fatto che proprio a Genova, negli anni Trenta, furono costruiti i primi due grattacieli d’Europa: una piccola soddisfazione per un professionista che proprio da allora si ritrovò emarginato, se non addirittura ignorato, per il successivo quarantennio. Di Renzo Picasso, futurista gentile vanamente impegnato a far assimilare la lezione americana al contesto europeo, secondo un approccio non di cesura come a tanta parte del Modernismo sarebbe piaciuto, ma di evoluzione e rifusione, non rimane altro che ammirare delle minuziosissime sezioni di progetto, tanto roboanti nelle dimensioni degli spazi rappresentati quanto vitali nella descrizione della vita quotidiana che vi si svolge: ecco allora banchine stipate di pendolari, strade trafficatissime, signore con cagnolini, bambini vestiti alla marinara, galantuomini, uscieri e garzoni.

E chissà che da qualche parte, seminascosto in questa bolgia, non ci sia proprio lui, ancora intento a prendere appunti.

Si ringrazia l'Archivio Renzo Picasso, Luigi Lagomarsino e Gian Luca Porcile.

Bibliografia
Luigi Berio, Gli straordinari progetti di Renzo Picasso per Genova, in Viaggio in Liguria, 2010-2
Tanvi Misra, An Italian Architect's Wild American Dream, in www.citylab.com
Matteo Macor, Grattacieli e guidovie il sogno verticale dell'altro Picasso, in Repubblica ed. Genova 15/02/2015