Potrebbe sembrare un grido di battaglia e, in un certo senso, lo è. È il grido che si è levato e si leva dal mondo intero ormai da tempo a difesa della saggezza, della cultura, della civiltà dell’uomo, nell’era della tecnologia, dinanzi allo scempio, alla barbarie, al degrado, all’oppressione fondata su ignoranza, arroganza, false ideologie e interpretazioni delle religioni indegne del cammino dell’umanità!
È il grido che si è levato, insieme all’orrore per la violenza irrazionale e autoreferenziale del sedicente stato islamico, dopo la distruzione dei resti architettonici e urbanistici della città di Palmira, in Siria. Un antico centro crocevia dell’antichità, testimone e frutto della grandezza di visione di re, imperatori, filosofi, uomini di cultura e di scienza. Oggi dolente testimonianza dell’imbarbarimento, della tragedia, della crisi endemica, in quel Medio Oriente, culla della civiltà antica, oggi insanguinato e la cui voragine umana e culturale sta mettendo in pericolo l’esistenza, non solo delle persone, uccise o costrette alla fuga e all’esilio, ma anche di patrimoni culturali, che rappresentano allo stesso tempo identità e storia di importanti civiltà del passato e dell’intera umanità. Come non ricordare che la Siria è la regione dove si è sviluppata la civiltà urbana, della quale è formidabile esempio proprio la straordinaria città carovaniera di Palmira, all’interno di un’oasi rigogliosa e verdeggiante, uno dei simboli viventi di incontro di culture diverse.
Ed è anche l’urlo di orrore dinanzi alla morte di tanti innocenti, uomini, donne, bambini, o la cui vita viene condizionata in modo incivile e terroristico. E il raccapriccio per una morte in particolare, quella di Khaled al-Assad, archeologo disarmato, anzi armato soltanto dalla sua incrollabile fede nella civiltà e nella cultura che ci viene dall’antichità, assassinato senza pietà tra i resti maestosi della città affidata alle sue cure e che voleva difendere soltanto in nome della civiltà umana da esseri che soltanto con un grande sforzo si possono ritenere appartenenti all’umanità!
Il suo nome e quello della città sono stati al centro della diciannovesima edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, svoltasi nelle scorse settimane – come sempre a fine ottobre – nell’area archeologica di Paestum. Un’occasione di incontro considerata sin dal suo inizio dall’Unesco e dal Unwto una vera “best practice di dialogo interculturale”. Un’occasione anche per tutte le nuove forme di fruizione culturale. Infatti #Unite4Heritage (Uniti per il patrimonio culturale) è l’hashtag lanciato dall’Unesco affinché anche i social network contribuiscano a creare una sensibilità diffusa sull’importanza di proteggere, tutti insieme, il patrimonio culturale dell’umanità. Tecnologia di altissimo livello, la cui fruibilità per un sempre più ampio numero di persone, fa ancor più risaltare la semplicità inerme di uomini come l’archeologo siriano ucciso dall’Isis che soli e con pochi mezzi vogliono difendere il patrimonio dell’umanità, tutto quel forziere immenso e delicato che ci tramanda chi siamo stati e su quali fondamenta siamo ora quelli che vivono nel tempo che ci è concesso. Testimoni e conservatori per le future generazioni.
“Palmira vive a Paestum”, queste le parole commosse di Fayrouz Asaad archeologa e figlia di Khaled al-Asaad, accolta con grande emozione alla Borsa e testimone eccezionale della firma dell’Accordo di amicizia con l’antica città romana in provincia di Salerno, durante i lavori della Conferenza #Unite4Heritage for Palmyra, tra il Sindaco di Capaccio Paestum Italo Voza, Mohamad Saleh, l’ultimo Direttore per il Turismo della città siriana e il Direttore del Marketing e Promozione del Ministero del Turismo del governo di Damasco Barsek Bassam, ospiti della Borsa diretta da Ugo Picarelli. Un atto – è stato osservato - che è servito a suggellare la comunione e la vicinanza tra “due testimonianze straordinarie nel mondo di civiltà millenarie all’insegna del rispetto delle persone e della democrazia”. Un atto che, di comune auspicio, possa essere presto ratificato in un vero e proprio gemellaggio non appena la città di Palmira riavrà il suo assetto governativo, dopo la liberazione avvenuta dalle milizie dell’Isis.
Il cuore dell’accordo, l’impegno a restituire a Palmira il suo splendore e ricostruire quanto distrutto dall’ISIS per donare ai siriani – e al mondo intero - ciò che faceva parte del loro patrimonio e del loro ambiente culturale. Un monito e un impegno come ha sottolineato il direttore Barsek Bassam: “i nostri esperti in archeologia e architettura sono già al lavoro e stanno elaborando un piano di studio anzitutto per ripristinare i servizi, le infrastrutture e la sicurezza della zona”, ha spiegato. Presto, ha aggiunto, sarà stilato “un elenco di cose da fare per la ricostruzione, con una previsione certa dei tempi richiesti. Siamo assolutamente concordi che andrà fatta con il coordinamento di Istituzioni internazionali come l’Unesco e l’ICCROM”, ma nel pieno rispetto della sovranità nazionale e nel quadro della più ampia collaborazione internazionale”, come ha voluto sottolineare Paolo Matthiae, archeologo e direttore della Missione archeologica in Siria “Sapienza” Università di Roma. Matthiae ha anche messo in guardia da ogni forma di “inaccettabile neo-colonialismo”, ancorché a fini culturali, in quello che lui ha definito “il paese più ospitale e generoso per le autorizzazioni alle operazioni di scavo” e ricordando i gravi danni della crisi scoppiata con l’Isis come “le oltre trentamila fosse di scavi clandestini stimati solo ad Apamea”.
“Non posso immaginare di vedere il Parco Archeologico di Palmira senza l’Arco monumentale. Sono sicuro che sia giusto ricostruire tutto come era e soprattutto lavorare per restaurare la mentalità dei nostri bambini che hanno visto bombe, sangue, distruzione”, ha detto Mohamad Saleh, protagonista insieme a Fayrouz Assad anche di un commosso incontro dedicato alla figura del padre di quest’ultima. Un lungo applauso ha accolto la figlia dell’archeologo trucidato dall’ISIS, giunta a Paestum dalla Germania dove si è rifugiata un anno e mezzo fa con il marito e la figlia e dove ha da poco ripreso i suoi studi in archeologia. Già assistente del fratello Walid, ultimo Direttore della Città Antica e del Museo di Palmira, ha raccontato di aver visto con i suoi occhi quello che “gli ignoranti” – così ha definito i seguaci del Califfato - hanno fatto al suo Paese. “Sono molto contenta di essere con voi – ha poi detto la giovane archeologa con la voce rotta dalla commozione - grazie mille all'Italia e alla Borsa per quello che ha fatto per la Siria. Grazie a Dio mio padre è morto prima di vedere la distruzione dei monumenti che tanto amava. Adesso vedo l'anima di mio padre attraverso voi. L’Italia è famosa per i suoi esperti archeologici e spero che possa partecipare al restauro di Palmira quanto prima”.
Intanto, gli italiani potranno presto scoprire i tesori della città raccontate proprio da Khaled al-Assad: grazie a un’iniziativa di Archeo patrocinata dall’Unesco, sarà tradotta in italiano la guida scritta in inglese dall’archeologo. “Spero sia pronta massimo per inizio 2017 - ha spiegato il direttore della rivista Andreas Steiner – e che sia di buon auspicio affinché si possa tornare a visitare Palmira quanto prima”, il più possibile simile a quello che era.
All’archeologo siriano Direttore del sito archeologico di Palmira che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale, dal 2015, è dedicato l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, promosso dalla Borsa di Paestum e dalla rivista Archeo in collaborazione con le riviste media partner internazionali Antike Welt (Germania), Archéologie Suisse (Svizzera), Current Archaeology (Regno Unito), Dossiers d’Archéologie (Francia) che selezionano e premiano le principali scoperte archeologiche dell’anno.