È dal 21 settembre che le finestre, gli occhi del palazzo Strozzi, sono accecate da ventidue grandi gommoni di salvataggio. Una punizione comminata da Ai Weiwei, l’artista cinese contemporaneo più famoso all’estero, alla cultura europea perché ignora da troppo tempo il problema dei migranti. Anche se poi, alla conferenza stampa di presentazione della mostra, l’artista cinese riconosce che l'Italia fa un suo lavoro autonomamente dall'Europa, salvando vite senza aspettare di essere protetta da una legislazione che distribuisca equamente gli interventi fra gli stati membri. Gommoni rossi col fondo a rete arancione. L’effetto è gioioso, leggero, stupisce senza offendere, insomma un augurio più che una minaccia. Difficile vederla come arte concettuale, in quanto il messaggio non è di razionalità fredda, bensì è del modo di essere dell'artista, difensore dei diritti umani. Cosa che Amnesty International gli ha riconosciuto.
Curata da Arturo Galansino, la mostra s’intitola Ai Weiwei. Libero ed è un viaggio tra installazioni e sculture monumentali, oggetti, video e fotografie che ripercorrono l’intera avventura – creativa e umana – dell’artista, dagli anni Ottanta a oggi. Di fronte al dispiegarsi di più di 30 anni di sue opere artistiche e interventi umanitari, è pura accademia domandarsi dove finisce l'uomo e il suo impegno sociale, e dove comincia l'artista. La fonte d'ispirazione è un elemento che fonde l'uomo con l'artista, il cui pensiero dominante si fa azione, attraverso le opere. Questa “profanazione del tempio” fiorentina è sicuramente voluta come risposta alla profanazione delle vite dei migranti non salvate. «Non separo mai la mia arte dalle altre mie attività. C’è un impatto politico nelle mie opere e non smetto di essere artista quando mi occupo di diritti umani. Tutto è arte, tutto è politica».
Così si è definito Ai Weiwei che nel corso degli ultimi venti anni si è imposto sulla scena internazionale come il più famoso artista cinese vivente. Ha voluto le sue opere installate a tutti i piani di Palazzo Strozzi, che fino ad oggi aveva tenuto separate l'arte contemporanea, nel sottosuolo, da quella moderna e antica, al piano nobile. Il percorso creato da Ai Weiwei tra installazioni monumentali, sculture e oggetti simbolo della sua carriera, video e serie fotografiche dal forte impatto, consente una totale immersione nel suo mondo. Si spazia dunque dai lavori del periodo newyorkese alle iconiche installazioni fatte di assemblaggi di materiali e oggetti, tra omaggi a Duchamp o al tradizionale artigianato cinese, fino alle opere più politiche e controverse (sulla situazione tibetana, gli abusi dei diritti umani, la censura, l’inquinamento, l’industrializzazione incontrollata) che hanno segnato gli ultimi tempi della sua produzione, passando per i ritratti di grandi dissidenti politici – figure di rottura di ieri e di oggi (compresi quattro “fiorentini”, Dante, Filippo Strozzi, Savonarola e Galileo) - e i progetti sulle migrazioni nel Mediterraneo.
Il contrasto-fusione fra presente e passato è un altro leit-motif delle sue opere. Ne è un esempio il letto antico che fa da cornice al materiale edilizio del suo studio, demolito perché considerato sovversivo. L’opera si intitola Souvenir from Shanghai ed è cemento e macerie di mattoni posti a incorniciare il telaio di un letto della dinastia Qing. Leggendo la sua biografia, si evince il rifiuto, inizialmente, di ogni genere di scuola. Forse l’isolamento dell’esilio, subito in tenera età, lo ha abituato ad apprendere senza maestri. Tuttavia, nel prosieguo della costruzione delle sue opere, ha poi studiato con grande attenzione l’arte antica cinese, rimanendo conquistato dalle tecniche sapienti in uso nel lungo passato. Grazie a questo, con le sue opere esposte, possiamo anche avvicinarci a una maggior comprensione di quel mondo lontano.
Anche se il rosa shocking è il colore predominante di locandine e catalogo, le sue opere più shocking non sono colorate: ad esempio è bianco il prato rigoglioso di fiori di porcellana che richiama in bellezza lo storico movimento Cento Fiori. Colori neutri anche per il serpentone, composto dagli zainetti scolastici degli oltre cinquemila alunni periti nelle scuole crollate nel terremoto del 2008 in Sichuan, crollate per il colpevole impiego di materiali scadenti nella loro costruzione. Della mostra fa parte anche un video che descrive la perseveranza con cui Weiwei cerca di convincere la Polizia che l’uomo arrestato dopo il terremoto è del tutto estraneo e va rilasciato. Questo video, da guardare con attenzione, mostra che la difesa dei cittadini è un modus vivendi dell’artista.
Il lavoro portato a termine a Firenze aiuta a comprendere questo artista ribelle, già figlio di un poeta tacciato d’essere un estremista politico, imprigionato per 81 giorni nel 2011 e privato del passaporto, restituitogli solo nell’estate 2015. Fino al 22 gennaio 2017 ci è dato seguire la sua crescita artistica, frutto di un lavoro gigantesco, osservabile nella sua interezza in un percorso ricco e articolato, dove Palazzo Strozzi è utilizzato come luogo espositivo unitario. Cosa significa questo per Arturo Galansino? «Ospitare una simile retrospettiva qui a Firenze significa pensare alla città come a una moderna capitale culturale, non soltanto legata alle vestigia del proprio passato ma finalmente in grado di accogliere il modo totalmente libero e creativo in cui l’artista ha utilizzato e interpretato gli spazi di Palazzo Strozzi».