Eugenia Dubini ha cominciato a occuparsi di editoria durante gli studi che l’hanno portata a laurearsi alla Bocconi, come correttrice e redattrice. Successivamente ha collaborato a Rivisteria e con l’agenzia fotografica Prospekt. Il progetto di NN editore è stato quindi un ampliamento delle precedenti esperienze e anche frutto dell’incontro con Gaia Mazzolini, con cui ha condiviso l’intento di raccontare, attraverso i libri, il mondo contemporaneo e la ricerca dell’identità.
"Ho 47 anni, vivo a Milano da sempre, ho due figli e da un anno un nuovo progetto, NN Editore, che mi appassiona e rende felice. È la prima volta, nella mia vita lavorativa, che quello che sono e quello che faccio mi aderisce completamente: mi sento come se fossi entrata finalmente nei confini della mia pelle. Non sono un personaggio pubblico, e non lo sono mai stata, anche per la mia timidezza, quindi non c’è una frattura tra i due aspetti, il pubblico e il privato, su cui sento di dovermi soffermare".
Una delle finalità della sua casa editrice è la ricerca dell’identità; cosa pensa di quella della donna d’oggi?
Si potrebbe parlare di liberazione, integrazione o coraggio. Oppure, all’opposto, paura, frammentazione, fuga. Non mi sento in grado di definire la donna di oggi, di avere una risposta collettiva intendo, a parte rilevare che entrambe la facce della medaglia brillano di luce propria, e che la medaglia stessa sta diventando più complessa e frammentaria, a corrente alternata. Penso che le due parti di ognuno di noi, quella femminile e maschile, stiano in un conflitto da sempre, sia nelle donne sia negli uomini, ma che oggi questo conflitto sia affiorato alla superficie in modo più evidente, e anche spesso più difficile da gestire.
Sempre più donne devono confrontarsi con il potere, cosa ne pensa?
La domanda mi spaventa un po’, ci vorrebbe un trattato per rispondere. Ho l’impressione che di potere si parli troppo e soprattutto che lo si faccia a sproposito, ossia senza tener conto delle innumerevoli declinazioni racchiuse nella parola. Allora, prima ancora della questione del potere coniugato al femminile, mi sembra importante un discorso sul potere in quanto tale, visto che quest’epoca ne è ossessionata, e davanti a questa ossessione donne e uomini sono ugualmente vulnerabili. È sconcertante vedere come il potere nella sua accezione più ristretta - vale a dire come esercizio di “una forza”, o imposizione di una condotta per mezzo del proprio ruolo, o anche solo come conquista di una posizione di rilevanza sociale – sia divenuto l’unico approdo verso cui dirigere l’esistenza. Perché il potere non è solo quello, ma è anche e prima di tutto ciò che si può fare. E allora esiste il potere di essere una buona madre o un buon padre, il potere di essere un cittadino responsabile, o quello di fare bene il proprio lavoro… sono questi i veri poteri. O almeno quelli che mi interessano di più personalmente. E poi - e qui è un po’ l’editore che è in me che parla - esiste il potere del linguaggio, che è diverso da quello della tanto osannata comunicazione. Il potere del linguaggio è il potere di rischiarare la mente attraverso l’attenzione che si pone alle parole. È il potere di animare un pensiero nel modo più limpido possibile. È il potere di afferrare la verità dell’esistenza.
La casa editrice che ha fondato si chiama NN, “nescio nomen”: un principio, un proposito, un progetto…
NN era il marchio che identificava gli orfani, sulla carta d’identità c’era scritto figlio di NN, figlio di padre ignoto. Nell’editoria italiana, storicamente, le case editrici avevano il nome del fondatore: la mia scelta è stata proprio opposta, con una punta di leggerezza. Principio, proposito e progetto si sono fusi in tutti gli aspetti del lavoro editoriale, dalla scelta dei libri, al lavoro su carta e sui testi, alle tematiche affrontate, alla costruzione del catalogo, al rapporto con la rete di collaboratori e, soprattutto, con i lettori.
Quali esperienze del suo precedente ricco curriculum professionale le sono servite per impostare e realizzare questa sua nuova ambiziosa avventura?
Mi sembra che come per magia tutte le esperienze, tesi di laurea compresa, siano confluite in questo progetto. Una grande soddisfazione, che rende la paura e gli ostacoli meno spaventosi, e l’ambizione meno arrogante.
Esiste e cosa può significare un’editoria “al femminile”?
Esiste da tempo ed è importante, perché continua a essere un canale di comunicazione possibile, tra i tanti che oggi esistono, e a cui le donne fanno ricorso, per leggersi e ritrovarsi. Mi piacerebbe che sempre più spesso si saltasse lo steccato, per una comunicazione nelle due direzioni, tra uomini e donne e tra donne e uomini, sia interiormente sia nei prodotti culturali, come già accade in tanti casi che non sono connotati come prodotti culturali di genere.
Ha detto che tra gli innovativi progetti editoriali, saranno proposte anche “nuove forme di lettura”…
La lettura è un’esperienza, e non solo un consumo, come viene sempre più spesso considerata. E può essere anche un’esperienza condivisa, come dimostrano i gruppi di lettura e la partecipazione dei lettori alle recensioni sui blog specializzati. Cerchiamo di lavorare su questo aspetto, su un discorso con il lettore più diretto, con tutti gli strumenti possibili, copertina, carta e reperibilità, e con tutte le possibilità del contenuto del libro, per diffonderlo anche prima, per portarlo anche a chi ancora non l’ha letto. Ad esempio, per ogni libro facciamo creare una colonna sonora, che ne riprenda le musiche se l’autore ne ha indicate alcune, ma che ne ricrei anche l’atmosfera.
I vostri libri saranno pubblicati “in serie”, non in collane…
Abbiamo pensato di usare questo strumento per comunicare ai lettori il progetto. La serie rimanda alla serie televisiva, ma anche a un piano dell’opera definito, che quindi riesce a veicolare i nostri libri legandoli tra loro da un filo conduttore, una sorta di percorso di lettura. Il percorso in serie, poi, si differenzia da come sono state sempre fatte le collane, cioè sceglie un fil rouge legato al contenuto, alla ricerca e non basato sui generi, come le collane di gialli, e neppure sull’origine degli scrittori; noi non facciamo distinzioni tra autori americani, francesi o italiani.
NN si propone di affrontare temi impegnativi ed emergenti come la “confusione etica”, le crisi d’identità di genere, di ruolo professionale e familiare…
Il tema della ricerca d’identità è il tema della letteratura, da sempre. Porre la domanda oggi, nel qui e ora, nel contemporaneo è, come dicevo, una possibile linea guida per i lettori. Ogni anno mettiamo la luce su un aspetto della ricerca d’identità: il primo anno ci siamo occupati di come oggi troviamo tutti difficile indossare i ruoli tradizionali, nelle relazioni, ruoli che fino a pochi anni fa erano "naturali", quasi una guida sicura cui fare riferimento. Nel secondo anno, il nostro sguardo si è focalizzato sul rapporto tra passato e futuro, cioè sul modo in cui il passato - eredità, lingua, cultura, mandato familiare o storia - proietta le nostre vite nel futuro, creando a noi stessi, nel presente, domande e questioni da affrontare.
In un momento di spaventose concentrazioni editoriali, vi proponete liberi, indipendenti e senza “paternità”: non vi spaventano le spirali del “mercato”?
Ci spaventano molto, anche se allo stesso tempo, come in tutti i momenti di crisi, si assiste a un grande fermento, culturale e innovativo, che è sotto i nostri occhi. Inoltre, ci siamo trovati in un mercato dove da qualche tempo alcune sigle indipendenti e di progetto e nuove librerie indipendenti e di progetto si stanno muovendo con intelligenza e attenzione, e hanno trovato risposta nel pubblico.
Quanto e cosa leggono i milanesi?
Milano è da sempre stata una città viva e ricca, dal punto di vista culturale, sociale ed economico. Le scelte di lettura dei milanesi sono decisive per determinare il successo di un libro e di un progetto.
Se dovesse pubblicare un libro per far conoscere Milano, che argomenti, ambienti, eventi, personaggi sceglierebbe?
Milano e i milanesi hanno un’identità, forte, sempre più dinamica, tra passato e futuro. Mi piacerebbe una mappa sentimentale della città, raccontata da qualcuno che ne abbia vissuto passato e presente, e che sappia, magari in modo profetico, immaginare il futuro e costruire una geografia della sua anima.
La vostra sede, in un classico quartiere della tradizione urbana ambrosiana, non è solo quella di una casa editrice, ma è anche “aperta e condivisa”…
NN è stata accolta da molte persone che lavoravano nel mondo dell’editoria con entusiasmo e attenzione. Questo ci ha riempito di energie. Avevamo iniziato la nostra avventura in un piccolo studio dentro un co-working di Milano. Ma l’andirivieni di scrittori, amici, traduttori, editor, ha reso la casa, cioè la sede, una necessità e una polarità irresistibile. Via Sabotino,14 è arrivata come un dono, come spesso accade con le case.
Cosa può raccontare del primo anno di vita di NN? I vagiti, le prime paroline, i primi passi… il primo anno è fondamentale nella vita di qualsiasi creatura…
Il primo anno di vita di NN è stato un successo. Siamo stati accolti da tutti, librai, promotori e distributori, giornalisti e lettori, soprattutto loro, con attenzione e una grande gioia. La paura, così, si è trasformata in una grande voglia di fare, di sperimentare. Tutti gli aspetti del lavoro si sono integrati e sciolti in un progetto forte, condiviso ed emozionante. Nel primo nostro anno di vita, però, abbiamo anche vissuto una tragedia, perché è mancata Gaia Mazzolini, mia socia, amica e sorella di vita, nonché fondatrice e ispiratrice del progetto in tutte le sue parti: è stata lei, ad esempio, che ha trovato il nome della casa editrice. Ed è anche per lei, che credeva con tutte le sue forze in NN, che nonostante la tristezza e la perdita continuiamo a vivere questa avventura con molto amore.