La terza domenica di Settembre per gli astigiani non è una domenica qualunque. Basta annusare l’aria per capirlo. È la fine dell’attesa, è il giorno iniziato tanto tempo prima. È il giorno in cui si fa sul serio e domani per qualcuno sarà felicità mentre per tutti gli altri solo disperazione. Soprattutto, è una giornata molto lunga.
Inizia alle 10 di mattina quando nelle varie parrocchie della città, i contradaioli si riuniscono per partecipare alla Santa Messa. La cerimonia termina con la benedizione impartita al fantino e al cavallo che da quell'istante resteranno sempre in primo piano. Il momento è molto emozionante e rappresenta un’espressione autentica di cultura popolare che, come sovente accade, unisce sacro e profano, fede e superstizione, in questo caso, nell’invocazione della vittoria.
A seguire, in Piazza San Secondo si svolge l’attesa esibizione degli sbandieratori che animeranno anche altri momenti della lunga e frenetica giornata. Al termine delle coreografie si procede all’iscrizione dei fantini e dei relativi cavalli che, da quel momento, rappresenteranno ufficialmente i colori della contrada abbinata. I contratti sono ormai fissati ma, in un’altalena d’ipotesi e strategie, le alleanze e le buone intenzioni continuano a vacillare.
Nel primo pomeriggio, ha inizio il Corteo Storico che si snoda dalla Cattedrale per le vie del centro cittadino e si conclude in Piazza Vittorio Alfieri. Interminabile e affascinante, la parata è aperta dalle insegne comunali e da quelle della contrada uscita vincitrice dall’ultima edizione della manifestazione. Seguono tutte le altre, secondo l’ordine di arrivo della finale dell’anno precedente e in base al sorteggio. La rinnovata maestria degli sbandieratori mette in risalto una variopinta e sfarzosa scenografia di costumi, insegne, stendardi e bardature argentee. Incantano le fattezze, l'impressionante capacità interpretativa e la straordinaria ricercatezza dei costumi dei milleduecento figuranti che raccontano riflessi di storia medievale in base al tema dell’anno.
Per un giorno, nobili e popolani, armigeri e prelati, trovatori e menestrelli, dame e cavalieri tornano ad abitare la città. Tutti i dettagli sono accuratamente studiati. Gli allestimenti, gli arnesi, il vasellame, gli strumenti musicali, le armi, gli attrezzi riprodotti aprono così una curiosa finestra di osservazione sui costumi e sulle condizioni di vita medievali. Le decorazioni sono realizzate con scure foglie di lauro profumate di mare, rami di rosmarino vestiti di fiori azzurri, frutti di melograno che simboleggiano abbondanza, fertilità e buona sorte mentre da piccole ampolle si sprigionano profumi di spezie, erbe, fiori e fronde. Compaiono chimere, draghi, creature fantastiche e altri manufatti di grande impatto scenografico, perfetti anche nei minimi dettagli.
Prende parte alla rassegna anche l’agile e veloce falco, contrassegnato da un piccolo campanello segnaletico e ben saldo sul pugno protetto da robuste strisce di cuoio del falconiere, erede di un’arte antichissima disciplina riservata all’aristocrazia e diffusa presso tutte le nobili corti. Il corteo si chiude con il Carroccio, antico simbolo dei Liberi Comuni. Il variopinto carro è trainato da tre coppie di candidi buoi ed è preceduto dal Capitano del Palio e dai suoi Magistrati. Una schiera di armigeri scorta le insegne della città, il gallo di ferro battuto e il Palio mentre gli ultimi alfieri esibiscono gli altri premi cioè la borsa di monete d’argento, gli speroni, il gallo vivo. L’ora della sfida arriva alla fine del pomeriggio quando un intero anno di preparativi finisce e l’attesa ha ormai sfibrato anche l’animo più resistente.
Dal 1988, per cercare emozioni più intense e nuovi effetti scenografici, la centralissima Piazza Alfieri, attrezzata con un tracciato in terra battuta lungo 1.350 metri ed equipaggiata con adeguate strutture che garantiscono la massima sicurezza e la migliore fruizione dell’esibizione, è diventata la sede della corsa. Ma non è sempre stato così. Infatti, la Corsa, seppur con regole differenti e qualche interruzione, si svolge fin dall’inizio dell’anno Mille e la variante più significativa è rappresentata dalla differente modalità di svolgimento. Fino alla prima metà del Trecento, si effettuava “alla tonda”, su un percorso circolare pressappoco corrispondente all’attuale Piazza della Libertà nei pressi di Piazza Vittorio Alfieri. Poi, per un certo periodo, si è preso a correre “alla lunga” su un percorso lineare di circa due chilometri e mezzo lungo l’attuale Corso Alfieri, dal Pilone di Borgo San Lazzaro a Palazzo Ottolenghi, nel Rione Cattedrale con la Torre Comentina del rione San Martino - San Rocco adibita a postazione di controllo. In seguito, nuovamente “alla tonda” in un circuito coincidente all’attuale Piazza Campo del Palio nel Rione San Paolo e poi ancora “alla lunga" ma questa volta lungo Corso Dante che divide il Rione San Silvestro da Borgo Santa Maria Nuova.
Dal 1930, riprese a svolgersi nuovamente in Piazza Campo del Palio e così, dal 1967, dopo una nuova interruzione di circa tre decenni quando, in occasione del 1000esimo anniversario della Fondazione del Marchesato del Monferrato, la manifestazione fu definitivamente spostata nel mese di Settembre. Alle 16, i gruppi che hanno da poco terminato la parata lasciano libera la pista e si radunano all’interno della piazza, dove può accedere anche il pubblico che preferisce la rusticità del parterre alla comodità delle tribune. Nell’entusiasmo generale, il Sindaco annuncia l’inizio della corsa mentre il Capitano del Palio e i suoi Magistrati compiono un giro completo di pista raccogliendo gli applausi del pubblico.
Compaiono finalmente i protagonisti del momento: i cavalli, splendidi e superbi purosangue con il galoppo nel dna, alcuni più irruenti e nervosi, altri più mansueti e tranquilli, alcuni più robusti e possenti altri più scattanti e flessuosi. I fantini si presentano in groppa ai destrieri con indosso la gavardina, leggera giacchetta decorata con i colori e i simboli della contrada per cui gareggiano che li rende perfettamente riconoscibili anche nei momenti più concitati della gara. Tra loro prevarrà il più bravo, il più determinato, il più scaltro, il più fortunato. A ognuno dei tre turni eliminatori partecipano sette contrade, sorteggiate tra le ventuno concorrenti.
La partenza si dà al canapo, una grossa corda lunga circa 15 metri, pesante quasi un quintale e governata da un sistema ad argano elettromeccanico che attraversa la pista in tutta la sua larghezza. Si delimita così l'area della mossa, cioè la zona dove, nella concitazione e nel fragore di migliaia di contradaioli che incitano e credono, tutti, amici e nemici, nella stessa vittoria, la terra battuta si fonde con il sudore, le lacrime, il sangue e prendono il via i cavalli. Il mossiere dovrà imporre ai partecipanti l’allineamento previsto. Quando lo giudicherà regolare, farà cadere il canapo. Lo scoppio di un petardo dichiarerà nulla la partenza, altrimenti da quel momento, per tre giri di pista, sarà tutto in mano all’abilità dei fantini e allo sprint dei cavalli.
Dopo l’esibizione del Gruppo degli Sbandieratori che concede un momento di tregua, alle 18, nell’esultanza generale, si corre la finale cui partecipano i primi tre classificati di ogni turno di qualificazione. È il momento in cui il presente di salda con il passato. Il fragore è assordante, l’agonismo al massimo, si corre per vincere e non si escludono sgarbi, provocazioni e ripicche. L’intenso confronto dura due, tre minuti al massimo, un tempo molto breve, che brucia in fretta come la passione vera. Il Palio sarà assegnato al cavallo che arriva primo al bandierino del traguardo anche se scosso cioè senza fantino in groppa.
Sarà lo spazio destinato alla fine dell’avventura e alla nostalgia, dove tutte le cose viste e vissute fino a quel momento sembreranno solo sognate ma che una sensazione vaporosa, un’idea leggera, qualcosa d’impalpabile ci testimonierà di aver vissuto.