Ecco oggi l'intervista realizzata a Irene Jalenti, talento della musica italiana che risiede a Baltimora.
Quando è iniziata la tua passione per la musica?
Suppongo alla nascita perché non ricordo un momento preciso in cui ho realizzato di amare la musica. Crescere in una famiglia di musicisti mi ha sicuramente dato l'input giusto per coltivare una passione che per me è vicina a una fede vera e propria.
Tuo padre ha uno storico negozio di dischi a Terni, la tua città di origine: passavi molto tempo ad ascoltare musica da piccola? Quali erano i tuoi idoli?
Mio padre Rino aprì il negozio nel 1964, quindi molto prima che io nascessi. Da piccola passavo ore nel magazzino del negozio ad ascoltare vinili del passato invenduti. A volte prendevo in mano uno dei violini cercando di farne uscire un suono. Era una full immersion nella musica in tutti i sensi. I miei idoli sono sempre appartenuti alla cultura della musica black, Ella Fitzgerald e Nina Simone insieme a Nat King Cole erano già la mia passione. Mentre fra gli italiani Fabrizio De André, Luigi Tenco e Sergio Endrigo erano praticamente gli unici che volessi ascoltare.
Ricordi il primo concerto al quale sei andata e che emozioni ti ha trasmesso?
Fu al vecchio Teatro Politeama. Si trattava dei Chicago Gospel Mass Choir con Albertina Walker. Indimenticabile! Vedere un coro gospel dal vivo per la prima volta fu travolgente, tutta quell'energia e quell'emozione non l'avevo mai provata prima. Quando vai a un concerto gospel è impossibile non sentire il potere di Dio.
Quando hai capito di avere una bella voce?
Più che capire di avere una bella voce, che è comunque una questione di gusti personali, quindi è soggettivo, ho realizzato di avere un'istintivo e naturale modo di modulare lo strumento in giovane età. Cantavo in pubblico già a 13 anni, anche se all'interno di piccole manifestazioni. Prima dei dieci anni registravo a casa in multi tracce (ossia una voce sopra l'altra, a cappella), il che mi dava un'idea del mio timbro, del concetto di modulazione e dell'importanza dell'armonia.
Come hai scelto di dedicarti al jazz e che tipo di studi hai intrapreso?
In realtà il jazz è sempre stata una mia forte passione visto che già a 14 anni conoscevo un vasto repertorio di Ella Fitzgerald e Sarah Vaughan. Ma l'incontro con Lorenzo Fontana fu sicuramente fondamentale. Lorenzo è uno dei migliori sassofonisti del centro Italia, il suo gusto musicale ha sicuramente avuto un impatto importante su di me visto che le mie prima collaborazioni jazz sono state proprio con lui. Dopo aver frequentato le Clinics a Umbria Jazz nel 2006 con docenti del Berklee College of Music di Boston, ho frequentato un anno al Siena Jazz con Fabrizia Barresi e Alice Reynolds. Successivamente ho deciso di scendere in campo e dopo qualche viaggio a Parigi ho comprato un biglietto di sola andata per New York nel 2008.
Nel 2010 sei arrivata a Baltimora, come è stato trasferirsi in una città così lontana e diversa da Terni, e come sei stata accolta?
Nel 2010, dopo essere stata ammessa al Peabody Conservatory of Music di Baltimora, ho fatto il grande salto e mi sono trasferita. La città è sicuramente diversa da Terni, ma allo stesso tempo permette di stabilire relazioni interpersonali con molta semplicità. Gli italiani, e le italiane in particolare, sono visti molto bene qui. Di conseguenza sono stata accolta molto calorosamente. Direi che Baltimora ormai è la mia seconda casa.
Il tuo nuovo progetto si chiama WiP (Work in Progress), come è articolato? La tua vita privata e professionale sono in continuo divenire?
Questo progetto, che appunto si chiama "lavori in corso", rappresenta per me il continuo cammino verso la ricerca del mio unico suono musicale. Avendo molte influenze musicali ho deciso di dedicare il progetto alla fusione di questi stili per crearne uno che mi rappresenti totalmente. La musica è un continuo progredire, se ci si ferma per fare ciò che si sa già non si cresce mai. Sono una persona che guarda sempre al futuro, sento l'esigenza di imparare e di modificarmi continuamente, non solo nella musica, ma anche nella vita in generale.
A quali artisti ti ispiri?
A tutti quelli che mi creano emozioni. Da Billie Holiday a John Coltrane, passando per Radiohead e Zero 7. Mio padre e mio cugino, il grande Francesco Jalenti, hanno entrambi una forte influenza musicale e spirituale nella mia crescita artistica.
La tua migliore esibizione?
In genere sempre la più recente, proprio per il concetto di continuo divenire e crescita. Il concerto dello scorso ottobre ad An Die Musik a Baltimora è la mia esibizione preferita, probabilmente perché ho presentato il progetto WiP con i musicisti migliori dell'area del Maryland e DC.
Sei vittima dell'emozione prima di salire su un palco?
Sempre, e non credo smetterò mai. Anche se mi esibisco da una vita non c'è volta che non sia nervosa. Dopo i primi due brani, quando ho stabilito un feeling con il pubblico, allora mi rilasso totalmente.
Alcuni nomi dei musicisti che ti hanno accompagnato?
Tra i più recenti Allyn Johnson, Mike Pope, Eric Kennedy, David Kikoski, Steve Wilson, Victor Dvoskin, Paul Pieper... e non vedo l'ora di ampliare la lista!
La tua è una bellezza mediterranea che resta in mente, sei attenta alla cura del corpo e del look?
Innanzitutto grazie! Sì, sono molto attenta e credo che sia un'attenzione che a noi donne italiane risulta molto naturale e spontanea. Sono attenta a cosa mangio perché tutto ciò che assimiliamo si riflette poi all'esterno. Essendo una cantante, il mio strumento è parte del mio corpo e quindi devo avere ancora maggiore attenzione alla sua cura. Ho molta attenzione anche per il mio look, anche se è un’attenzione sempre naturale che proviene dalla cultura del vestire italiana.
È vero che la musica è una chiave per il paradiso, frase di Francesco Jalenti che riporti sul tuo sito?
Assolutamente! Francesco non era solo un grande musicista, ma anche e soprattutto una persona di spiritualità fortissima. Anche io come lui sono convinta che la musica sia la chiave per il paradiso. Ci sono dei momenti in cui un musicista, con una fede o meno, sente un'energia innaturale e quasi inesplicabile mentre suona. Ci sono delle emozioni che solo la musica riesce a dare e che secondo me hanno poco a che fare col mondo terreno.
Quale delle tue abitudini italiane hai mantenuto vivendo a Baltimora?
Cucinare. La mia unica abitudine è cucinare ogni giorno come facevo quando vivevo in Italia. Non riesco a entrare nella mentalità del fast food o del nutrirsi quotidianamente fuori casa. Anche quando i miei ritmi sono molto compressi preparo qualcosa da mangiare e lo porto con me.
Torni spesso in Umbria a esibirti?
Cerco di tornare ogni sei mesi, dipende anche dal tipo e dalla quantità di offerte che ricevo nell'arco dell'anno.
Suoni anche la chitarra: che emozione ti dà?
Suonare uno strumento ti rende indipendente e più cosciente dell'importanza dell'armonia. Quando sei padrone di uno strumento hai la libertà di cambiare struttura dei brani a tuo piacere, modificare passaggi armonici, groove, seguendo l'istinto del momento. A ogni modo il mio strumento predominante è sempre stato il pianoforte, che ho studiato sin da piccola e ora sto coltivando ancora di più.
Cosa ti piace fare oltre a cantare?
Le mie passioni sono legate tutte all'arte e allo sport. Mi piace andare a vedere mostre o disegnare e dipingere, sono diplomata all'Istituto d'arte. E sono appassionata di sport, quindi cerco di ritagliare sempre del tempo, soprattutto per il nuoto, che per qualche strano motivo mi aiuta molto a riflettere.
Cosa consiglieresti a una giovane che voglia intraprendere il tuo stesso percorso?
Di non farsi mai scoraggiare dal passare del tempo, perché non è mai tardi per iniziare tutto da capo. Non prendere le critiche in modo negativo, ma nemmeno in modo troppo severo; imparare a filtrare chi critica a fin di bene e chi vuole demotivare. E sempre con modestia. Vedo tanti giovani musicisti che fanno un passo e si sentono già realizzati, quando non è così. È importante che ci si renda conto che quando si è imparata una cosa non significa che si sanno tutte le altre, più si studia e più ci si rende conto che ci sono centinaia di altre cose che non si sanno. Ultimo consiglio per le ragazze: attente a chi vi fa troppi complimenti. Purtroppo nel mondo nella musica non ci si può fidare troppo degli uomini e delle loro intenzioni, pertanto è importante non farsi imbambolare al primo complimento.
Quanto conta l'amore per il canto nella tua vita e l'amore in generale?
L'amore per il canto è fondamentale. Senza di esso non avrebbe senso cantare. Devi amare quello che fai totalmente, per questo non sono mai scesa a compromessi musicali, non riesco a cantare cose che non amo, anche se mi farebbero guadagnare molto di più. Come ho detto sopra la musica per me è fede e la fede è solo puro, incondizionato amore. L'amore stesso in generale è molto importante, anche perché è il sentimento che ha sempre ispirato le migliori composizioni di ogni genere musicale. Come fai a parlare di amore in un brano se non sai cosa sia amare?
Sulla tua pagina facebook, c'è una citazione di John Coltrane sul rapporto tra musica e natura, puoi riportarcela e commentarla?
La frase dice “Tutto quello che un musicista può fare è avvicinarsi alla sorgente della natura, e quindi sentirsi in armonia con le leggi naturali”. Per me questa frase ha una profondità intensa. Credo che la musica sia uno degli istinti di comunicazione primitiva dell’uomo. Molte tribù comunicavano attraverso i ritmi e tramandavano storie attraverso canzoni. Quando un musicista riesce a entrare in comunicazione con l’armonia della natura e a rispettarne le leggi, allora riesce a scoprire un lato della musica che prima gli era sconosciuto e a suonare note completamente nuove.