Dopo i successi delle sue mostre precedenti a Rovigo come L’Ossessione Nordica e Il Demone della Modernità, (quest’ultima attestata dalla presenza di oltre 26mila visitatori), il Prof. Giandomenico Romanelli, storico dell’arte e curatore, su invito della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, annuncia un nuovo e suggestivo racconto artistico in programma nel rinnovato Palazzo Roverella a Rovigo, a partire dal 17 settembre e fino al 14 gennaio 2017. L’esposizione I Nabis, Gauguin e la pittura italiana d’avanguardia intende offrire l’idea di un percorso di colore e di emozioni, dalla Bretagna alla Laguna veneziana, ricco di storie che sono diventate leggende, anticipatore di tendenze e di mode.
I Profeti o Nabis, dall’antico ebraico. Chi erano?
Nabis è la definizione di un gruppo di giovani artisti che gravitavano per lo più su Pont-Aven fin dal 1889. Profeti di un’arte nuova, ingenua e semplificata, dal disegno sintetico e dai colori piatti, compatti e luminosi come lacche. Il movimento si sviluppa per una decina d’anni presentandosi come una corrente serrata e omogenea, nonostante le differenze e le articolazioni al suo interno, spesso sulla scia e l’insegnamento di Paul Gauguin. La stagione dei Nabis segnò davvero la nascita dell’arte moderna. Coniugandosi e confluendo in molte delle correnti artistiche in voga nell’Europa di fine Ottocento, il Sintetismo Nabis contribuì alla nascita di altre fondamentali esperienze artistiche, dai Fauves all’Espressionismo fino ad alcuni qualificanti caratteri dell’Art Nouveau.
Ha scelto per questa rassegna che documenta la nascita della pittura moderna, un allestimento suddiviso in cinque sezioni con un centinaio di opere, molte conosciute e altre da scoprire. Può spiegare più in dettaglio il contenuto delle diverse sezioni?
Si parte dalla Bretagna di fine Ottocento, un crogiolo di esperienze estetiche per un buon numero di artisti provenienti da varie parti d’Europa e dall’America. Alcuni degli artisti di questa prima stagione si distinguono per un’attenzione particolare agli usi e alle tradizioni religiose della regione: processioni e feste popolari. Charles Cottet, francese, acquista grande fama con serie pittoriche dove spiccano costumi folcloristici, le cuffie bianche delle donne, i baldacchini e le statue in scene in genere cupe e drammatiche. Altri, come lo scozzese Robert Brough sono più attenti alle atmosfere argentate, notturne, sentimentali. Paul Gauguin è presente con un capolavoro degli esordi, Vacche all’abbeveratoio.
La seconda sezione esplora le origini del Sintetismo con Emile Bernard e Paul Gauguin?
Sì, i protagonisti di questo rinnovamento artistico sono il giovanissimo Bernard e il già maturo Gauguin. Seguirono le loro tracce Paul Serùsier, Maurice Denis, Paul Ranson e altri.
Ha intitolato il terzo capitolo Profeti e Pellegrini. La poetica dei Nabis?
Incarnano i profeti di un’arte nuova alla ricerca di un primitivismo che si mescola al gusto dell’esotico. Per alcuni del movimento, le scienze occulte in voga all’epoca furono motivo di grande attrazione. In questa sezione sono presentate tra i tanti dipinti, le opere di Charles Filiger, Jan Verkade o lo svizzero Cuno Amiet.
Burano-Bretagna e ritorno anticipa il contenuto della quarta sezione della mostra?
La lezione e l’esempio dei Nabis-Sintetisti ebbero larga accoglienza e fortuna addirittura europea. I giovani artisti italiani, in particolare, che fin dal medio Ottocento conoscevano la strada di Parigi, furono anch’essi stregati dal richiamo del primitivismo bretone. La frequentazione delle prime Biennali veneziane (dal 1895) li spinse ulteriormente a cercare di entrare in sintonia con le novità sintetiste e il veneziano Gino Rossi fu il capofila di questa nuova migrazione. Al suo fianco un gruppo di giovani che ne condividono in tutto o in parte le esperienze. Da Arturo Martini a Umberto Moggioli, a Tullio Garbari.
L’ultima parte della rassegna è dedicata agli eredi di questo universo artistico?
L’estetica della semplicità allarga i suoi interessi a ulteriori soggetti e ingloba soprattutto le nuove idealità borghesi. Spicca la figura di Felix Vallotton, formatosi a Pont -Aven e un percorso analogo è quello vissuto dal poco noto artista livornese Oscar Ghiglia, amico di Amedeo Modigliani. Altri come Felice Casorati, Mario Cavaglieri e Cagnaccio di San Pietro sembrano confrontarsi con gli epigoni del mondo sintetista ricavandone risultati talvolta in linea e tal altra divergendone ma sempre su un livello qualitativo d’eccellenza.