Ho avuto recentemente la possibilità di sfogliare un prezioso volume datato 1691 e scritto da un conte piacentino, Alessandro Roncoveri, sulla figura e l'opera del re di Francia Luigi XIII, detto il Giusto. Il libro è dedicato alla sfortunata Maria d'Este, l'ex regina inglese esiliata con il marito Giacomo Stuart in Francia dopo essere stati cacciati dalla rivolta dei protestanti anglicani nel 1689.
Nella dedica leggiamo: "Consagro alla maestà vostra, Augusta Regina, sublime idea di generosa pietà, l'Istoria di Luigi XIII, esemplare di magnanima giustitia..." . Il libro racconta in 492 pagine la vita di questo sovrano che lascia non poco stupefatti rispetto all'idea che si ha notoriamente di lui, ridicolizzato dal celebre libro I Tre Moschettieri scritto dal grande Alexander Dumas con la collaborazione, che forse pochi ricordano, di Auguste Maquet nel 1844, e pubblicato inizialmente a puntate sul giornale Le Siécle. Crediamo a questo punto, pur nel nostro piccolo, giusto ridare la meritata rilevanza che merita questo re nella storia di Francia e non solo.
I romanzi
Nel celebre romanzo I tre Moschettieri il re appare come un re grottesco, soggiogato dal famigerato cardinale Richelieu dal quale, ma solo nel racconto, tenta goffamente di liberarsi; inoltre è totalmente ignaro dei numerosi tradimenti della moglie, la regina Anna d'Austria, tra i tanti quello consumato con il duca inglese di Buckingham, una relazione pericolosa salvata in extremis proprio dai tre eroi di Dumas, in opposizione sempre a Richelieu, ma, come tutte le storie riportate anche nei romanzi successivi, tutto è rigorosamente inventato. Purtroppo, nella fantasia popolare queste storie avranno però, come vedremo, la credenza di una verità storica anche grazie ai numerosi film o riduzioni televisive susseguitesi negli anni.
Nei romanzi che seguiranno, Vent'anni dopo e Il visconte di Bragelonne, Dumas racconta che dei tre figli che il re ebbe dalla sua consorte, due non erano suoi, ma nientemeno che figli naturali del suo moschettiere di fiducia, d'Artagnan. Sempre rimanendo nell'ambito dei figli, abbiamo la felice invenzione della Maschera di Ferro nel romanzo de Il visconte di Bragelonner, dove uno dei figli della coppia reale, il futuro Luigi XIV, il Re Sole, aveva un gemello (dunque i figli del re diventano quattro) che senza tanti rimpianti della famiglia, viene sacrificato per "ragion di Stato" per salvare la corona di Francia, tenendolo in carcere tutta la vita con al volto saldata una maschera di ferro. Peccato che l'idea non fosse proprio originale. Una storia-leggenda fu già descritta da Voltaire quando fu imprigionato per alcuni mesi nella famosa Bastiglia e aveva sentito già di questa storia mettendoci, come spesso capitava, anch'egli del suo. Prima di procedere oltre però sarà utile definire meglio la figura dello scrittore.
Il vero cognome era La Pailleterie, lo pseudonimo Dumas lo ereditò dal padre Thomas, nato da un ufficiale francese e da una giovane haitiana che lavorava presso una masseria che in francese si traduce appunto con Du mas. Fiero delle sue origini, libertario e rivoluzionario per vocazione, anche se molto attento ai soldi e alla bella vita, aveva ereditato uno spirito giacobino dal nonno paterno, un reduce rivoluzionario dei moti del 1789 e, dunque, contro il "Trono e l'Altare", come si diceva un tempo. Spirito che troveremo anche in altri libri della sua vasta produzione, da cui lo stereotipo della nobiltà debosciata, gli intrighi della Chiesa e l'imbecillità del re soggiogato un po' da tutti a corte. Solo che leggendo la storia ufficiale Luigi XIII risulta che fosse tutt'altro che un fantoccio nelle mani di avidi cortigiani.
Storia di un re
Il 14 maggio del 1610 la Francia fu sconvolta dall'assassinio di re Enrico IV, mentre si recava all'arsenale della Bastiglia, per mano di un fanatico permeato dalla teoria del regicidio. La sua morte lasciava una vedova, "l'Italiana", così era definita con un certo disprezzo a corte, Maria de' Medici, nominata reggente del regno fino alla maggiore età del figlio, che allora aveva solo nove anni, il futuro Luigi XIII. Fuori da una retorica che lo voleva a dir poco ignorante se non addirittura analfabeta, il giovane dimostrò subito una inclinazione per la musica e il bel canto, per la danza, la pittura e il disegno senza dimenticare le armi, i cavalli e tutto quanto occorreva sapere sulle tecnica di guerra. Fin dai sette anni di età ebbe un precettore d’eccezione, il poeta Nicolas Vauquelin des Yveteaux, che apprezzò il grande interesse del Delfino di Francia per la storia, ma un po' meno per le materie letterarie in genere.
In famiglia le cose però non andavano bene. Con la madre il giovane Luigi ebbe sempre un rapporto conflittuale, mentre col padre ebbe un sincero rapporto filiale tanto da non chiamarlo come il cerimoniale di corte prevedeva anche per i figli, Monsieur, ma semplicemente papà. Dopo la tragica fine del padre, a soli nove anni, dunque, iniziava la storia politica del giovane re che ben presto si trovò a contrastare anche duramente sua madre, la reggente, la quale contro il parere dei suoi ministri, era coadiuvata nel governo della Francia da altri due italiani, il suo favorito, il fiorentino Concino Concini e sua moglie Eleonora Dori.
Queste sue debolezze furono oggetto di feroci critiche sia da parte dei suoi contemporanei sia da parte degli storici moderni e spesso con ragione, ma c'è anche da dire che non erano certo anni facili per Maria de' Medici, chiamata a risolvere problemi enormi, solo per citare qualche caso quello politico-religioso tra cattolici ed ugonotti, così gli intrighi delle rivolte dei Grandi del regno i quali, con la morte di Enrico IV e la mancanza di una autorità centrale, volevano soppiantare il potere istigando i parlamenti e la popolazione, non ultimo sistemare il bilancio dello Stato sempre più critico.
In questo quadro politico, non proprio idilliaco, cresceva il futuro Luigi XIII, e con l'età anche un sincero disprezzo per i due Italiani che di fatto gestivano le sorti della Francia e un rancore sempre più forte nei confronti della madre. I due coniugi erano detestati non solo a corte, ma anche tra il popolo, tanto da poter organizzare contro di loro una rivolta armata per cacciarli. A ispirare e sostenere questa azione violenta fu proprio il giovanissimo re, appena undicenne, che, senza alcuna esitazione, il 24 aprile del 1617 diede il suo avallo per assassinare l’avventuriero toscano e, poco dopo, la sua moglie. Con questo colpo di Stato poté finalmente liquidare il potere di sua madre, esiliandola a Blois, e prendere in mano le sorti della Francia. Non c'è male per un ragazzino di 11 anni che, anche se ispirato certamente da altri a corte, seppe tuttavia ritagliarsi un ruolo da leader non solo politico, ma anche famigliare che mantenne, a dispetto di Dumas, per tutta la vita.
La politica del regno
Fondamentale per il re fu la collaborazione alle sorti dello Stato del suo primo ministro, il celebre cardinale Richelieu. Il rapporto di stima e di fiducia fra il Re e il suo Primo Ministro durò tutta la vita, ma pur conoscendo le doti del porporato pretese per il suo ruolo di re che ogni decisione gli fosse sempre sottoposta e approvata. Solo così acconsentì al potente cardinale di amministrare il regno con pieni poteri per quasi venticinque anni. Cinque lustri che trasformarono il Francia in una grande potenza militare ed economica, ridimensionando la arroganza della nobiltà, frenando di fatto l'influenza protestante sulla corona e contrastando nei teatri di una Europa, costantemente in guerra, il potente Impero austriaco.
Visti i risultati così positivi, Luigi XIII affidò sempre più al suo ministro la gestione della cosa pubblica, abbandonando, questo è vero, ogni coinvolgimento nel governo, ma ricordiamo che già da qualche tempo la salute lo stava lasciando in uno stato di prostrazione. Alla morte del suo fedele cardinale, ebbe però ancora una felice intuizione: scegliere un altro cardinale alla guida del regno, e lo scelse nella figura del siciliano Giulio Mazarino. Fu l'ultima scelta di governo, la salute del Sovrano era ormai già compromessa da quella tubercolosi intestinale che lo avrebbe stroncato di lì a pochi mesi. Morendo, il 14 maggio 1643, lasciava una Francia potente, una nazione ben organizzata e con il concetto dell'assolutismo dello Stato nella figura del re, opera che verrà continuata e estesa dal figlio Luigi XIV, il re Sole.