I Syndone nascono nel 1989 per volontà di Nik Comoglio, compositore e tastierista che con Paolo Sburlati (batteria) e Fulvio Serra (basso) dà vita a un trio di rock sinfonico senza chitarra elettrica, in stile ELP. “Volevamo un nome che evocasse insieme Sacralità, Torino, Spiritualità e Solchi Incisi (come un vecchio LP di vinile) così pensai a SYNDONE, con la “Y” per differenziarlo dalla reliquia e renderlo internazionale. Il nome infatti evoca subito Torino in qualunque parte del mondo ti trovi… e questo mi piaceva”… (Nik)
Intervista a i Syndone (Nik Comoglio e Riccardo Ruggeri)
Con incredibile puntualità, ogni due anni i Syndone pubblicano un nuovo album, e anche questa volta Eros & Thanatos segna un passo in avanti. Quali sono le principali differenze rispetto all’ottimo Odysseas?
La prima e più importante differenza rispetto a Odysséas è che ora finalmente si “sente la band”. Syndone ha cambiato molte formazioni negli anni quindi anche il sound ne risentiva. L’attuale line-up è stata confermata come la formazione ufficiale nel 2014 e dopo i concerti fatti per promuovere Odysséas si è consolidata al punto di dare un valore aggiunto di unità e stile al nuovo lavoro, che ne è risultato più coeso. In secondo luogo l’uso dell’orchestra d’archi che ha aperto a nuove sonorità più potenti e interessanti. Poi l’uso del cantato arabo ed ebraico in alcuni testi da parte di Riccardo, per sottolineare la genesi del disco che appunto prende spunto dal Cantico dei Cantici. Infine il bellissimo intervento chitarristico di Steve Hackett su Cielo di fuoco e di Ray Thomas al flauto su L’urlo nelle ossa hanno decisamente spostato in alto l’ago della bilancia della qualità di questo nostro nuovo lavoro.
Eros & Thanatos è figlio di questa nuova formazione, un’inedita line-up a sestetto. È stato difficile riorganizzare la band?
La nuova line-up funziona benissimo ed è funzionale alla musica. Certo non è stato facile trovare i musicisti giusti, preparati e in grado di suonare al meglio questi brani con il giusto groove e la giusta energia. Oltretutto, come i musicisti sanno molto bene, è fondamentale che vi sia interazione personale, stima e rispetto reciproco tra i singoli componenti per evitare scismi e rotture. Fortunatamente, oltre la grande professionalità che li contraddistingue, i ragazzi sono molto uniti fra loro e sono legati ormai da una bella amicizia che vive anche al di fuori del palco. La scelta del sestetto è derivata dalla necessità di poter ricreare dal vivo quanto più possibile di ciò che viene registrato in studio.
Un elemento decisivo è stata proprio la stagione di concerti che avete da poco terminato.
Sicuramente è stato fondamentale suonare e, in un certo senso, vivere insieme quest’anno e mezzo… Ci siamo conosciuti e abbiamo condiviso di tutto. Questo ci ha fatto maturare a livello di band e ha dato un’omogeneità di base che si può facilmente ascoltare in Eros. Il motivo, secondo me, per cui il nuovo album è superiore a Odysséas è proprio questo.
Dal viaggio di Ulisse all’Amore e al suo potere: Eros & Thanatos si ispira al Cantico dei Cantici. Una scelta tematica impegnativa…
Riccardo Ruggeri: Credo che qualsiasi scelta tematica possa essere impegnativa, dipende da quanto impegno ci si mette! Si, scrivo i testi e me li canto, scelgo con Nik Comoglio dei temi abbastanza altisonanti, mi piace snocciolare il contemporaneo anche attraverso le lenti del passato. A mio avviso ti garantisce dei punti di vista mozzafiato. Il viaggio dell'essere umano tra le tensioni, le passioni e le emozioni è qualcosa di profondamente affascinante. Quando questi elementi si fondono con la scienza, la ricerca, l'etnomusicologia, la storia di territori violentati da millenni da guerre di religione, il cocktail diventa letale, e ci sono rimasto. Per un anno e mezzo, da intellettuale quale non sono e non sarò mai, ho letto confusamente il Cantico e materiali collegati rintracciati tra la rete e le biblioteche. Ho incamerato immagini, il punto di vista di Ceronetti, esperienze di vita in parallelo, e verso novembre 2015 ho lasciato che questa borsa esplodesse sulla musica di Nik. È stato appassionante, e risentire ora mi appassiona altrettanto. Mi piace il caos, approdare di tanto in tanto su di un'isola a caso, vivermela il più possibile, e poi ripartire.
A proposito di concept, i Syndone si esprimono perfettamente e si sentono a loro agio con il modulo tematico: qual è la forza di un disco concettuale rispetto a una “semplice” sequenza di brani?
Avendo a che fare con una musica molto espressiva e a tratti decisamente sinfonica come la nostra (che a volte mi viene da definire “movierock” per tentare di creare un neologismo che ci definisca in modo completo ed esaustivo) va da sé che un canovaccio o comunque una linea guida tematica o drammaturgica aiuti la musica a decollare. Forse la cifra cinematografica di alcuni passaggi orchestrali di Eros si appoggia sicuramente meglio su un’idea concept (che vive di refrain e di temi che si rincorrono) piuttosto che su un discorso più segmentato di canzoni slegate tra loro. Poi comunque, come sempre dico, il concept rappresenta la tradizione del progressive e quindi è giusto da parte nostra aderire qua e là agli stilemi classici per rispetto al genere.
Non mancano gli special guest anche in questo album. C’è un bel ritorno, quello di Ray Thomas, al flauto in L’urlo nelle ossa. Dai Moody Blues ai Syndone: come mai avete ripensato a lui?
Con Ray e sua moglie Lee non abbiamo mai interrotto i rapporti sin dai tempi della Bella è la Bestia: ci sentiamo regolarmente sui social e spesso ci scriviamo. Quando dissi a Lee del nuovo album chiesi se Ray avrebbe avuto piacere di suonare di nuovo il suo flauto su una traccia… dal canto suo Lee mi fece intendere che Ray avrebbe voluto di buon grado collaborare di nuovo con Syndone… così gli spedii i file audio lasciandolo libero di improvvisare sull’armonia. Come al solito il risultato ottenuto ha dato una spinta tale al brano che l’ha reso molto più originale di come io l’avevo scritto.
Lo “special special guest”, che avete inseguito per molto tempo, è Steve Hackett. L’ex Genesis, uno dei mostri sacri del rock internazionale, chiude l’album con Cielo di fuoco. È la prima apparizione di una chitarra in un vostro disco!
Vero, è la prima volta che in un disco Syndone c’è la chitarra elettrica! Quando fondai la band nel 1989 pensai che se mai avessi dovuto mettere un’elettrica quella sarebbe stata suonata solo da Steve Hackett, che io consideravo (e tuttora considero) uno dei migliori chitarristi al mondo per gusto melodico, suono e capacità di fondersi con il tessuto timbrico della situazione in cui è coinvolto. L’idea di una chitarra elettrica suonata da Steve su un disco Syndone è sempre stata la mia aspirazione massima in tutti questi anni… E quest’anno, magicamente, si è concretizzata. Inutile raccontare l’emozione che ho avuto nel momento in cui ho caricato con Fabrizio Argiolas (il nostro fonico) le tracce separate di Steve su Protools…. e sentire un mio pezzo con il solo del chitarrista dei Genesis sopra!
Confermata anche Fading Records, etichetta progressive dell’instancabile Altrock.
Siamo molto legati alla figura di Marcello Marinone, che consideriamo un grande amico e un ottimo discografico, l’etichetta Fading/Altrock è all’avanguardia nella produzione e nella promozione di album di alta qualità musicale.
Due parole sulla cover: non era semplice superare il maestro Alessandri e la sua tela per Odysseas…
Infatti… ci sono stati parecchi ritardi proprio dovuti al fatto che la forza espressiva di una cover basata su un quadro come quello di Alessandri sarebbe stata impossibile da eguagliare… se non da Alessandri stesso! Così, dopo mesi e mesi di bozze, tentativi, provini grafici e non, abbiamo optato (proprio all’ultimo) per una cover fotografica dell’ottimo Damiano Andreotti che già curò la copertina di La Bella è la Bestia. Forse i nostri fan più legati all’artwork classico storceranno un po’ il naso ma fa parte del tentativo di Syndone di andare sempre “oltre”… anche a livello grafico.
Syndone 2016:
Nik Comoglio: tastiere
Riccardo Ruggeri: voce
Maurino Dellacqua: basso
Marta Caldara: vibrafono
Gigi Rivetti: tastiere
Martino Malacrida: batteria