Intervista a Lorenzo Guadagnucci, giornalista, scrittore e attivista.

WSI: Cosa significa essere vegani e che differenza c'è con l'essere vegetariani nell'alimentazione e nell'approccio alla vita in generale?
LG: L’alimentazione vegetariana, per come è generalmente intesa, include sia prodotti vegetali sia prodotti di provenienza animale, ma che non comportano l’uccisione diretta di animali, cioè latte e uova. L’alimentazione vegana esclude invece tutti i prodotti ottenuti sfruttando o uccidendo animali (del resto la produzione di uova e latte comporta anche l’uccisione di mucche, vitelli, pulcini e galline nelle varie fasi della filiera). Ci sono molti modi d’essere vegetariani e vegani, è impossibile dare una definizione unica. Per quello che mi riguarda, le mie scelte hanno una connotazione nonviolenta e di rispetto totale della vita animale: perciò mi nutro solo di vegetali.

WSI: Quanti sono i vegani in Italia?
LG: Non esistono cifre sicure, solo stime, che sono però frutto di indagini sociali non focalizzate sul tema e perciò mostrano variazioni che le rendono poco attendibili. Secondo il rapporto annuale Eurispes del 2011, il 6,3% degli italiani è vegetariano e lo 0,4% (cioè 240.000 persone) è vegano. Ma lo stesso rapporto Eurispes, l’anno dopo, parla del 3% di vegetariani e dello 0,1% di vegani (cioè 60.000 persone). E’ difficile pensare che siano possibili oscillazioni così forti nell’arco di così poco tempo. Probabilmente si sono utilizzati campioni troppo piccoli e finalizzati a indagini troppo ampie per avere informazioni sicure sul numero dei vegani. Aspettiamo che si facciano ricerche mirate.

WSI: Come è nata l'idea del libro Restiamo animali. Vivere vegan è una questione di giustizia? Rappresenta una sfida, un'azione di sensibilizzazione o una protesta nei confronti di determinati atteggiamenti?
LG: Questo libro è il racconto della maturazione personale e politica che ho vissuto nell’ultimo biennio, da quando cioè ho cominciato a guardare con occhi nuovi, diciamo pure con maggiore attenzione e profondità alla mia scelta vegetariana, che risale ormai a 25 anni fa. Per anni e anni ho vissuto il mio vegetarianesmo come una scelta privata, trascurandone il valore culturale e politico: sono stato superficiale e mi sono fatto condizionare dall’idea corrente che relega l’animalismo ai margini della discussione culturale e politica e l’alimentazione “veg” al rango delle mere scelte personali.

WSI: Come si è evoluto nel tempo il concetto di violenza in Italia e che rapporto hanno le persone con questo? In che modo si può diventare nonviolenti?
LG: La violenza è uno degli assi portanti della moderna società capitalistica. La sistematica distruzione della natura, il continuo ricorso alle guerre, lo spirito competitivo, l’espansione delle diseguaglianze ne sono la riprova. Aldo Capitini traduceva il termine satyagraha, introdotto da Gandhi, con la parola "nonviolenza", senza trattino, per far capire che non proponeva una semplice condizione di assenza di violenza. La nonviolenza è al tempo stesso un metodo, una filosofia e una visione politica. Le vie per avvicinarsi a questa concezione sono molteplici. Penso che un buon punto di partenza sia riflettere su quanto il capitalismo e la società dei consumi ci abituino a tollerare livelli sempre più elevati di violenza.

WSI:_ Restiamo animali _è un invito a rimanere ciò che si è realmente, dunque cosa siamo nella nostra essenza? Cosa vuol dire "scoprirsi animali"?
LG: _Restiamo animali _è anche un allargamento a tutti i viventi di ciò che intendeva Vittorio Arrigoni quando concludeva i suoi reportage da Gaza sotto assedio, durante l’operazione Piombo fuso, con l’espressione "restiamo umani". Arrigoni intendeva dire che dobbiamo sempre conservare, anche di fronte alla violenza più ingiusta ed estrema, ciò che abbiamo di più prezioso. "Scoprirsi animali" per me è riconoscere in tutti i viventi dei compagni di avventura su questo pianeta, del quale siamo ospiti. Le società umane più industrializzate stanno distruggendo la natura e mettendo a repentaglio il futuro stesso della Terra. Credo che dobbiamo invece lavorare perché si arrivi a una nuova, più aperta e più solidale concezione dell’umanità rispetto alla natura e agli altri animali. L’antropocentrismo, del quale è intrisa la nostra cultura, è all’origine di enormi violenze. Capire e accettare la nostra natura animale può essere un modo per avviare un cambiamento che dev’essere profondo.

WSI: Quali sono le "religioni perdute e quelle ritrovate"?
LG: Ho intitolato così un capitolo nel quale ho tentato di mettere a fuoco quel che si muove, in chiave animalista e antispecista, all’interno delle grandi religioni monoteiste, che sono tutte, nella loro espressione attuale, complici dell’enorme violenza che viene inflitta agli animali non umani. Sia nel cristianesimo, che nell’ebraismo e nel mondo musulmano, esistono pensatori, teologi, minoranze di credenti che rispettano la vita animale e mostrano come i rispettivi precetti religiosi, a cominciare dai testi sacri, possono essere interpretati in chiave animalista. Pensiamo, nel caso della Chiesa cattolica, al precetto "non uccidere". Per molti cattolici e alcuni teologi è un precetto che riguarda tutti i viventi e non solo gli umani.

WSI: Cos'è per lei la giustizia? Esiste ancora come valore e può essere attuata concretamente?
LG: La giustizia è una grande aspirazione alla quale io credo dobbiamo ispirarci in ogni dimensione della vita personale e collettiva. Io estendo il concetto di giustizia oltre i confini della nostra specie.

WSI: Restiamo animali è anche il titolo di una trasmissione, in onda su un canale radio, di cui lei è autore: come è strutturata e da quale target di persone è seguita?
LG: E’ una trasmissione di informazione sui temi dell’animalismo, o meglio dell’antispecismo (cioè il quadro etico, filosofico e politico che è nato nell’animalismo, ma che lo trascende), che si rivolge a un pubblico generico, non militante. Ci occupiamo di notizie che nell’informazione generalista hanno poco spazio, raccontiamo la possibile transizione verso una società "cruelty free" attraverso le esperienze di chi già la vive. Abbiamo rubriche di notizie, di approfondimento culturale, di cucina e una di incontro con singoli animali. Le puntate si possono ascoltare grazie al podcast disponibile sul nostro blog.

WSI: Un altro suo testo si intitola L'eclisse della democrazia: la democrazia dunque non può più esistere o c'è un sistema per tornarci?
LG: L’eclisse della democrazia è un libro che ho scritto con Vittorio Agnoletto, e che è uscito nel 2011: vi si fa un bilancio culturale, giudiziario e politico di ciò che è scaturito dalle contestazioni al G8 del 2001 a Genova. In quelle giornate la Costituzione fu di fatto sospesa e cominciò, appunto, un’eclisse della democrazia, che a mio avviso è tuttora in corso. Una democrazia vera, autentica, potremo averla solo lottando contro le oligarchie, contro i grandi poteri finanziari che dominano il mondo e impegnandoci nella direzione dell’eguaglianza, della giustizia sociale e della nonviolenza.

WSI: Noi della Diaz _è un suo ulteriore libro, che raccoglie la sua testimonianza come una delle 93 persone che erano presenti nella scuola Diaz durante l'irruzione della polizia di stato. Come hanno parlato il cinema e i media di questa vicenda? Ha visto il docufilm _Diaz del giovane regista Daniele Vicari, che ho avuto modo d'intervistare quest'estate?
LG: I maggiori media hanno raccontato questa vicenda con grande reticenza e senza mai andare a fondo, nonostante un esito processuale clamoroso: non si era mai vista, né in Italia né in altri paesi europei, la condanna in via definitiva di altissimi dirigenti di polizia, com’è avvenuto nel luglio scorso. Ma queste condanne e le incredibili vicende giudiziarie che ne sono state la premessa, non hanno prodotto un dibattito serio e approfondito sulla relazione - a mio avviso tutt’altro che sana e trasparente - fra forze dell’ordine e istituzioni democratiche. Sul film di Vicari ho avuto modo di esprimere alcune critiche e osservazioni subito dopo averlo visto al cinema.

WSI: Lei è membro del gruppo Giornalisti contro il razzismo: il razzismo è un qualcosa di insito nell'uomo o ci viene insegnato, e come lo esterniamo nell'ambiente circostante, anche se in modo non eclatante? Una società non razzista è solo un'utopia?
LG: Il razzismo è una costruzione sociale e quasi sempre uno strumento di potere. Una società non razzista è una società democratica e giusta: oggi forse è un’utopia, ma è ciò per cui vale la pena battersi.

WSI: Lei sostiene di non essere più un semplice giornalista, dunque chi è?
LG: Sono anche un attivista. Una persona che si impegna per cambiare lo stato delle cose perché reputa che il mondo così com’è sia profondamente ingiusto.

Il volume Restiamo animali. Vivere vegan è una questione di giustizia, è edito da Terre di Mezzo libri.terre.it

Per maggiori informazioni:
Controradio-Popolare Network
restiamoanimali.wordpress.com
www.youtube.com/watch?v=P1G2vqILsFU