È recente l’annuncio, da parte della comunità scientifica, dei risultati incoraggianti che alcuni ricercatori tedeschi hanno ottenuto con la messa a punto di un vaccino antitumorale.
La notizia non può lasciare indifferenti, sentiamo infatti il dovere, come medici e come uomini di scienza, di sottolineare con forza gli aspetti di straordinaria importanza dell’indirizzo che la ricerca sta progressivamente assumendo. Tale annuncio segue di pochi giorni la preoccupata considerazione che l’era degli antibiotici, così come l’abbiamo fino ad ora vissuta, si sta concludendo. Si sono infatti selezionate colonie batteriche resistenti ai farmaci che fino ad ora avevano avuto il sopravvento. I due annunci di fatto sanciscono la fine di un tempo e la nascita di uno nuovo.
Si sta concludendo il tempo, iniziato con Virchow il quale, avendo individuato i batteri come agenti esterni responsabili di malattie, orientò di fatto l’attenzione della ricerca e della clinica ad acquisire armi farmacologiche per distruggere gli agenti esterni causa di patologie. Con il tempo ci si rese conto che le cose non potevano funzionare così, poiché il soggetto sicuramente migliorava e la sensazione di disagio si attenuava, ma i batteri non potevano essere completamente eradicati, anzi nel tempo andavano via via selezionando modificazioni strutturali e non soltanto strutturali, che li rendevano resistenti ai farmaci precedentemente assunti. Si rese in tal modo necessaria la formulazione di farmaci sempre più potenti e spesso sempre meno tollerati, fattore che andrebbe anche analizzato dal punto di vista dell’impatto commerciale, visto che tale scelleratezza contribuì di fatto a gettare le basi per la cronicizzazione delle patologie.
Il cambiamento di rotta che sta caratterizzando la ricerca tedesca ci deve far riflettere. Prima di cercare di distruggere le cellule tumorali con la chemioterapia, con le pesanti ripercussioni sul sistema immunitario ed ematico del paziente, o con la radioterapia per ridurre le dimensioni del complesso neoplastico, terapie che hanno peraltro raggiunto alti livelli di efficacia, si propone ora un rafforzamento congruo e mirato delle difese immunitarie del soggetto, riducendo se non eliminando completamente l’uso di farmaci sicuramente meno maneggevoli.
Tale orientamento va molto al di là della sfera oncologica, di fatto investe un modo di concepire il rapporto medico-paziente di cui abbiamo parlato precedentemente. Dal punto di vista dottrinale, esso investe anche le patologie batteriche e virali. La monitorizzazione del sistema immunitario è alla base di qualsiasi terapia di contrasto ad agenti infettivi esterni, ma è soprattutto un piano di clivaggio ideale per una ricerca sempre più attenta all’elemento etiologico di base, pilastro fondamentale della dottrina olistica.
Possiamo concludere questa breve considerazione sottolineando che, nel nostro Istituto di Medicina Olistica e Ecologia Comportamentale, l’indirizzo terapeutico proposto ai pazienti con infezioni batteriche e virali non ha mai potuto prescindere da una ricerca spesso ostinata del vero agente etiologico responsabile dell’abbassamento delle difese, mentre parallelamente il paziente veniva sostenuto con la prescrizione di immunoregolatori mirata, correlata da indicazioni precise di ecologia comportamentale rivolte quindi alla persona; inoltre, il supporto alla chemioterapia prescritta dall’oncologo è sempre stato attuato con particolare attenzione al sistema immunitario del paziente attraverso le microdosi e la microimmunoterapia fin dal suo primo apparire, con risultati molto incoraggianti e spesso sorprendenti.