Bomarzo, un borgo del Lazio nel viterbese alle falde del Monte Cimino, possiede un'opera sicuramente particolare se non unica al mondo, la Villa delle Meraviglie, chiamata anche Sacro Bosco, spesso definito Parco dei Mostri di Bomarzo.
Fu realizzato nel 1552 su idea dell’architetto Pirro Ligorio (stesso progettista di Villa d’Este a Tivoli) per volere del principe Pier Francesco (detto ‘Vicino’) Orsini, che fu motivato oltre che da una filosofia personale anche per onorare la memoria della sua consorte che tanto aveva amato e per manifestare sentimenti contrastanti della sfera privata e vicende di vita che si concretizzavano via via lungo il percorso creativo. Egli si voleva principalmente liberare del timore della morte negandola e contrapponendo ad essa la ‘Meraviglia’, che teneva occupati i sensi, liberandolo appunto da ogni altro pensiero, in primis da quelli più funesti.
In quel periodo e soprattutto in quella zona, le molte casate romane per ostentare la loro potenza e la loro raffinatezza artistica fecero costruire tante ville e tanti parchi con eleganti giardini all'italiana che venivano realizzati su criteri di razionalità geometrica e prospettica con i vari ornamenti tra cui ampie terrazze, fontane con giochi d'acqua e sculture. Al contrario e possiamo dire all’opposto, il colto principe di Bomarzo si dedicò alla realizzazione di un eccentrico "boschetto" facendo scolpire nei massi di peperino, affioranti dal terreno, enigmatiche figure di mostri, draghi, soggetti mitologici e animali esotici, che alternò a una strana casetta pendente, un inusuale tempietto funerario, fontane, sedili e obelischi su cui fece incidere motti e iscrizioni.
Il Sacro Bosco, non rispettando le consuetudini e le regole cinquecentesche, si presenta come una soluzione irregolare; i diversi elementi sono tra loro svincolati da qualsiasi rapporto prospettico e non sono accomunati da nessuna coerenza proporzionale. Tutto è inventato con criteri iconologici che sfuggono anche ai più appassionati studiosi, autentico labirinto di simboli che avvolge chi si addentra fisicamente o intellettualmente. Questi i motivi hanno ispirato molti artisti del tempo, poi in seguito alla morte di Vicino Orsini, nessuno si curò più di questo luogo che dopo secoli di abbandono è stato rivalutato da intellettuali e artisti come Goethe e Dalì e oggi è finalmente aperto al pubblico.
All’ingresso del parco sono poste due sfingi e sotto le sfingi vi sono delle iscrizioni, quasi a monito, avvertimento e subito a suscitare meraviglia, come desiderato, al visitatore : “chi con ciglia inarcate et labbra strette non va per questo loco manco ammira le famose del mondo moli sette” ovvero – chi non è in grado di ammirare le meraviglie del parco di Bomarzo non è in grado di ammirare nemmeno le sette meraviglie del mondo – e ancora sulla seconda sfinge : “tu ch’entri qua pon mente parte a parte et dimmi poi se tante meraviglie sien fatte per inganno o pur per arte” cioè – tu che entri qui fai attenzione a tutto ciò che vedi e poi dimmi se tante meraviglie sono state fatte per inganno o per arte. E infatti entrando e seguendo il percorso si incontrano tantissime sculture e opere maestose paragonabili appunto a delle meraviglie di cui però il significato sembra celato dal bosco stesso, tra cui:
- La tartaruga, colossale e allo stesso tempo eccentrica, porta sopra di sé la Fama Alata e fronteggia un’orca con le fauci spalancate, il tutto parrebbe simboleggiare una situazione di pericolo da cui ci possiamo salvare solo grazie a una condotta prudente, forte di una sua propria mole e di una sua velocità moderata, la tartaruga appunto, anche se puntualmente tempestiva ed efficace, la Fama Alata.
- La casetta pendente, dove il pavimento non è parallelo al suolo ma è inclinato come le pareti, perciò chi entra perde automaticamente l’equilibrio e tutto sembra instabile e non coerente pur osservando dalla finestra un esterno stabile e coerente. L’effetto che si vuole dare è quello di un capogiro quando sembra che tutto il mondo ti crolli addosso, e ha un collegamento con un momento della vita della casata in cui appunto il principe Vicino ebbe un momento di sventura e trovò la libertà dopo un momento di prigionia grazie all’intervento di un alto prelato del tempo, a cui è dedicata l’incisione presente che dice “Animus Quiescendo Fit Prudentior” ovvero - prova ad acquietarti in questa dimora sbilenca, entra e vedi se ci trovi pace.
- L’elefante fortificato, con cui Annibale sbaragliò le legioni romane, viene qui rappresentato con la proboscide che trasporta il corpo esanime di un legionario, e vuole rappresentare nell’intenzione l’Africa, nemico e mostro da sopprimere per coloro che difendevano la religione cristiana, ma è anche un ricordo e un omaggio al figlio di Vicino morto in battaglia contro i Turchi.
- L’orco, una faccia e una bocca che in realtà è una porta d’entrata in una stanza che è dotata di un tavolo e di due sedili di pietra. Attorno alle sue fauci aperte sono presenti queste scritte “Ogni pensiero vola” un chiaro riferimento alla più celebre frase dantesca sulla porta dell’Inferno forse inizialmente usata e poi cambiata in quella che è rimasta.
- La panca etrusca per il riposo del visitatore è adagiata sotto un arco dove è inciso un monito che la sovrasta, non solo fisicamente, ma anche energeticamente recitando “Voi che pel mondo gite errando, vaghi di veder meraviglie alte e stupende, venite qua dove son facce horrende, elefanti, leoni, orsi, orchi e draghi” e racchiude la volontà dell’artefice del parco di sorprendere e di rievocare come sempre.
- Echidna che era un mostro con la parte superiore del corpo di donna e la parte inferiore serpentiforme. Era moglie di Tifeo, con il quale aveva generato degli esseri terribili, tra cui Cerbero, la Chimera, le Arpie.
- Il tempietto, fatto costruire per onorare la memoria della moglie morta anni prima, si apre su uno spazio aperto ed è uno dei ‘pezzi’ più importanti, una costruzione piena di simbolismo: il numero otto è sempre presente, infatti ottagonali sono i battisteri perché il numero otto equivale alla Resurrezione; l'ottava sfera corona le sette orbite dei pianeti; dopo il settimo giorno si riemerge dalla febbre; dopo il settimo mese il feto è pronto alla nuova vita e in ambito astrologico l'ottava casa è quella della morte e della rinascita. La cupola poi accentua la verticalità dell’intera opera e ascende legando opera dell’uomo e opera della natura considerandola come un promontorio artificiale che amplifica un promontorio naturale e lega le due componenti Architettura e Natura in un unico punto, in un unico posto, in un unico luogo, che forse è un messaggio importante che in una visione più generale include tutta l’opera del parco stesso sia come costruzione opera di mano d’uomo, cosi come il suo mescolarsi con la naturalezza di alberi, piante e forme del terreno opera di Madre Terra.
E altro, altro ancora da visitare anche in un'assolata giornata estiva, sfuggendo dalla calura romana, dentro questo particolare boschetto del viterbese, per una gitarella fuori porta, tra il fresco degli alberi, con a disposizione un ampio spazio per picnic e una mensa comunale di buon gusto, tutto a misura di turista spensierato con o senza famiglia e prole al seguito. Buona gita a tutti.