Luca Campigotto vive tra Milano e New York. Crea immagini capaci sempre di stupire grazie a un uso particolare, inventivo e quasi magico della luce. Ama i paesaggi, sia quelli naturali che quelli urbani, e segue due filoni diversi che porta avanti parallelamente. Uno è ispirato alle memorie storiche, all’archeologia, alle avventure, alle esplorazioni, alla letteratura di viaggio e uno più contemporaneo, largamente ispirato al cinema, la sua vera fonte d’ispirazione che riguarda la città, l’architettura e gli spazi intesi in maniera scenografica. Ha dichiarato: “Cerco di costruire una struttura di linee e di profondità di corpi che abbiano una tensione” e per la potenza e l’evocazione dei suoi scenari naturali e dei suoi spazi imponenti, in occasione del quattordicesimo compleanno del suo calendario, Epson, che sceglie ogni anno un grande fotografo italiano, ha attinto ai suoi lavori per dimostrare concretamente la qualità delle sue soluzioni di stampa.
Il Calendario Epson è un pezzo da collezione destinato ai grandi appassionati di fine photography e prodotto in 999 copie numerate. Un raffinato prodotto artigianale di grande valore artistico perché tutte le foto del calendario Epson sono da sempre prodotte con stampanti Epson, su carte Epson e con inchiostri Epson, per essere poi incollate manualmente a una a una. E Luca Campigotto ha lavorato con gli esperti di Epson in modo maniacale per realizzare un calendario straordinario intitolato Scenari.
“Scenari nasce su proposta di Epson, e abbiamo pensato di realizzarlo con immagini di vedute metropolitane notturne e di paesaggi selvaggi naturali, in modo da rispecchiare le due anime del mio lavoro, due percorsi che porto avanti in maniera parallela e che sento complementari. Alla Epson si son rivelati dei partner straordinari, seri e professionali. La grafica è molto semplice ed essenziale e tutto il progetto è stato curato in modo preciso in ogni sua fase (proprio come piace a me che sia), ed è stata una bellissima esperienza. Io, poi, uso da sempre i plotter Epson per stampare personalmente le mie immagini e mi sono sempre trovato benissimo” spiega Campigotto.
Per circa vent’anni il suo percorso è tracciato sul bianco e nero, un lavoro assiduo e continuo in camera oscura. “Negli ultimi anni, mi sono allontanato dall'universo senza tempo del bianco e nero per esplorare la dimensione 'mortale' delle fotografie a colori – che invecchiano così presto e che facilmente posso essere datate. Nella mia immaginazione, sono caduto dal cielo nero del Dio della chimica per incamminarmi su una strada terrestre” precisa.
Ma dove attinge la sua vasta creatività? “Adoro tutta la fotografia dell’Ottocento legata al tema della frontiera: dal West selvaggio di Timothy O’Sullivan, al Medio Oriente dei fratelli Beato e, della fotografia contemporanea, è stato fondamentale per me il filone della fotografia americana tra gli anni Settanta e Ottanta: Robert Adams e Stephen Shore in testa. E poi il cinema mi influenza da sempre soprattutto quello americano di Ridley Scott e Michael Mann e poi Scorsese, Coppola… E il computer mi permette di raggiungere quei toni che ho in mente e che, nella mia testa, sono l’impasto di suggestioni molto diverse tra loro: da Bernardo Bellotto a Blade Runner”.