Quante volte sentiamo dire: “Se questo bene artistico fosse all'estero, ci avrebbero costruito una fortuna!”. In effetti è così l'assurdo paradosso della nostra bella e povera Italia. La nostra nazione ha un tesoro artistico e paesaggistico immenso, basti pensare a ciò che è sopravvissuto nei secoli delle testimonianze dell'Impero romano e poi medievale fino a venire avanti nella linea del tempo, con il nostro splendido Rinascimento fino al più recente Liberty. Tesori che l'UNESCO ha numerato in 51, il titolo più alto al mondo per una nazione, poiché si pensi che in totale i beni culturali dichiarati patrimonio dell'umanità sono 802 spalmati su 163 paesi del mondo.
Purtroppo la crisi ha prodotto l'esigenza di fare tagli nella gestione degli “affari” di un paese, tagli che ad esempio in Germania non hanno toccato la cultura. La cancelliera Merkel ha affermato che i tagli saranno su tutto ma non su formazione e ricerca, in Italia l'esatto opposto, i tagli sono soprattutto su cultura e ricerca. Le nostre amministrazioni comunali devono gestire il patrimonio culturale, per non parlare delle emergenze su siti che richiedono manutenzione straordinaria, ogni anno con sempre meno soldi, e le nostre città assumono le sembianze di città degradate, laddove poi al degrado materiale si aggiunge inevitabilmente il degrado sociale, insomma un incancrenirsi delle aree ad emergenza urbana.
Alcuni esempi palesi di ciò che assistiamo senza poter intervenire: la Reggia di Caserta, la nostra Versailles, è composta da 122 ettari di giardino all’italiana e 25 ettari di giardino all’inglese, 1200 stanze più tutto il contenuto in opere d'arte, ma non ci sono i soldi per pagare la bolletta della luce e tagliare l'erba. Che dire della situazione di Pompei, dove per mantenere la città archeologica più famosa al mondo servono 275 milioni di euro all’anno, e la Soprintendenza invece ne riceve 20 e questi devono bastare anche per Ercolano. Ho scoperto l'esistenza di una città romana che si chiama Sepino, in Molise, e capisco perché nessuno ne parla né si reclamizza: questa è una città completa, con strade, piazze, anfiteatro, case, foro e basilica, e il custode che ne ha cura lo ha segnalato di sua iniziativa, scrivendo col pennarello “museo archeologico” su un cartone lungo la strada che porta alla città.
Queste sono le tragedie di una nazione che muore. La perdita del patrimonio storico è la perdita di identità di una nazione, è la perdita di una ricchezza anche economica, per chi non ci crede, come disse Tremonti il nostro ex ministro delle Finanze e altri, che con la cultura non si mangia, con la cultura si mangia eccome, si creano posti di lavoro, si genera un indotto turistico a ricaduta. L’Italia, che fino al 2009 spendeva in cultura lo 0,9 % del Pil, lo ha visto calare allo 0,6% nel 2011, finendo così all’ultimo posto fra i 28 Paesi dell’Unione Europea. L’Italia evidenzia la più alta perdita di investimenti negli ultimi dieci anni con il - 33,3%, più del doppio rispetto alla Grecia che registra -14,3%. Siamo all'ultimo posto in Europa nella spesa in cultura, una grande sconfitta se si pensa che abbiamo un grande patrimonio, e purtroppo per il triennio 2014- 2016 le previsioni sono di un ulteriore calo del budget. Anche in ambito turistico, in trent'anni siamo scesi dal primo posto al quinto. Il motivo sta nella mancanza di una strategia di sviluppo e nella necessità di riformare i sistemi di gestione in autonomia dallo Stato.
L’Art-bonus, decreto legge in vigore dal 2014, che incentiva il mecenatismo inteso nel senso più classico, vede sconti sulle tasse fino al 65% in tre anni dell'investimento effettuato su beni culturali, ed è sicuramente una svolta nel melmoso e stagnante affare della cultura italiano. Molte sono le imprese già impegnate nel rilancio del patrimonio culturale, tra le tante quelle coinvolte nel restauro del Museo Egizio di Torino, grazie all’apporto di due fondazioni di tipo bancario cittadine, o del caso del Gruppo Yoox, che ha finanziato il restauro delle opere di Leonardo da Vinci della Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Il ripristino della bellezza della Fontana di Trevi da parte della Maison Fendi e del primo lotto di lavori al Colosseo da parte di Della Valle, solo solo alcune. È comunque stato presentato nel 2014 l'art. 7, un piano d'emergenza strategico dei grandi progetti e delle misure urgenti per i beni culturali con decreto del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo.
“Il Piano individua beni o siti di eccezionale interesse culturale e di rilevanza nazionale per i quali sia necessario e urgente realizzare interventi organici di tutela, riqualificazione, valorizzazione e promozione culturale, anche a fini turistici. Per l'attuazione degli interventi del Piano strategico "Grandi Progetti Beni culturali" è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per il 2014, 30 milioni di euro per il 2015 e 50 milioni di euro per il 2016. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali". A decorrere dal 1° gennaio 2017, al Piano strategico "Grandi Progetti Beni culturali" è destinata una quota pari al 50 per cento delle risorse per le infrastrutture assegnata alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali ai sensi dell'articolo 60, comma 4, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. 2.”.
Questa ossigenazione forzosa del comparto cultura è veramente esigua rispetto a tutte le necessità sparse in Italia ma è comunque il segno di un risveglio di coscienza nei confronti della tutela del nostro patrimonio. Stato a parte e mecenati aiutati dallo stesso, pure, la grande potenzialità è data dalle associazioni che operano in campo culturale. È lo stesso Codice dei Beni culturali a stabilire che soggetti privati possono concorrere, cooperare o partecipare a attività di gestione. L’Italia, infatti, è ricca di associazioni no profit e persone qualificate nell'ambito della cultura, e queste andrebbero coinvolte in progetti di valorizzazione, allo scopo di tutelare e rendere fruibili quei luoghi altrimenti destinati all'abbandono.
È da intendersi in questo modo il nuovo mecenatismo, nello sviluppo di nuove forme di coinvolgimento di soggetti privati, una sorta di mecenatismo adozionale, diffuso sul territorio. I musei e gli istituti di antichità dotati di gruppi di sostenitori in Italia sono 1.206, il 28% del totale, le potenzialità di un tale sistema di collaborazioni è sottoutilizzato. In Francia un esempio importante: l’associazione Les Amis du Louvre, è una associazione fondata nel 1897, che conta oggi più di 60.000 iscritti ed è il principale finanziatore privato del museo. Tra quote associative e donazioni da parte dei propri associati, la Société mette a disposizione del Louvre una media di circa 3 milioni di euro l’anno. Le amministrazioni locali dovrebbero redigere delle liste di beni in attesa di interventi di ordinaria o straordinaria manutenzione e sottoporli alla possibile adozione da parte di associazioni. Una tutela condivisa pubblico-privata che consentirebbe la risoluzione di molte situazioni insanabili su siti di alto rilievo storico.