Un mese fa esatto, all’Hotel Principe di Savoia di Milano, la Barley Arts di Claudio Trotta ha organizzato una conferenza stampa con il leggendario chitarrista dei Queen Brian May e la sua personale “musa del canto” Kerry Ellis, impegnati fino al 28 febbraio in Italia col tour acustico One Voice (May tornerà poi in estate nel nostro paese per l’unica data nazionale dei Queen + Adam Lambert, in concerto il 25 giugno a Piazzola Sul Brenta, in provincia di Padova). Di fronte a May, fondatore, musicista e compositore di una delle band più importanti in assoluto (sia come lascito artistico che come successo di vendite), Dottore in Astrofisica, membro di un team di scienziati che collabora con la NASA, Commendatore dell’Impero Britannico, attivista politico per i diritti degli animali, uomo di enorme cultura e grande appassionato di discipline particolari quali la stereoscopia, è più che normale provare un’ammirazione tale da sconfinare nella soggezione, ma, per chi non lo sapesse, tante qualità fanno capo a un’umanità immensa, rara e preziosa, ed è questa a dettare legge in sala e a mettere subito tutti a proprio agio.
Infatti, appena dissipato il muro di flash da red carpet alzato dallo stuolo di fotografi accreditati, è lui stesso, con sguardo luminoso e sorriso fra i più gentili che si possano incontrare, a dire con un tono di voce sinceramente sorpreso: “È un’accoglienza straordinaria, grazie per essere venuti. Scusate se non parlo italiano, so solo dire ‘ciao’ e ‘volete cantare con me’”. E dopo ancora: “È davvero fantastico ricevere tutto questo interesse, ci fate sentire molto importanti”. Quando poi nota un po’ di timidezza nell’uditorio, commenta scherzosamente: “Siete così tranquilli, vi comportate tutti molto bene… questo non è molto rock and roll!” e a quel punto batte il pugno sul tavolo e permette ai presenti di sciogliersi con una risata. Le sue doti umane sono messe in rilievo anche da un noto giornalista che lo aveva conosciuto nel 1984, l’anno in cui i Queen sono stati ospiti a Sanremo, in febbraio, e hanno tenuto gli unici due concerti italiani nella formazione originale con Freddie Mercury e John Deacon, il 14 e 15 settembre al vecchio Palazzetto dello Sport di Milano.
Kerry Ellis prende così la parola e conferma: “Brian è una persona straordinaria che ha a cuore ciò che fa, la sua musica e le persone”. Insomma, c’è un clima disteso e speciale in cui si può parlare di tutto. A cominciare dal futuro del rock: “Credo che sia un futuro sicuro, il rock è qui per restare. È da quando sono ragazzo che sento dire che è finito, ma non è così: è pieno di validi giovani che cominciano e inoltre nel rock è possibile anche essere vecchi. La passione per la musica ci accompagna sempre ed esprime come ci sentiamo, è un’ottima forma di liberazione”. E precisa: “Anche il tour che stiamo facendo è rock: sul palco ci sono soltanto una cantante, un chitarrista e, in diverse canzoni, un tastierista (Jeff Leach, ndr), ed esprimiamo tutto quello che c’è da esprimere. Nel rock non devi per forza avere un sacco di arrangiamenti e di gente che suona, pronta a colmare ogni singolo spazio: basta mettere la propria passione di fronte al pubblico e comunicare. Io e Kerry possiamo suonare qualunque cosa. Insieme stiamo scoprendo le più belle canzoni del mondo e cerchiamo in un modo molto puro di andare al cuore di questi pezzi: in ogni genere le canzoni vengono scritte per una sola ragione, che viene dall’anima e a noi piace andare alla ricerca di quella ragione. Con i Queen non sono così libero: i Queen sono stati un viaggio fantastico, abbiamo esplorato tutta la musica ed è stato un enorme divertimento; ma adesso se suoniamo sotto quel nome tutti si aspettano qualcosa di preciso… alla fine per me si tratta di due mondi complementari”.
Forse troppo umilmente Brian May dà poi la sua visione del ruolo del chitarrista nel rock e nella popular music, contravvenendo a tutta una letteratura di aneddoti e a un’iconografia ormai consolidata nell’immaginario del pubblico: “Per me la musica rock non è lusingare con una chitarra ma, nell’ordine, le canzoni, i cantanti e infine la chitarra. Come chitarrista, se vuoi fare vera musica, devi lavorare con un/una cantante, perché è il/la cantante che ti ispira. Sono stato fortunato a poterlo fare con Freddie, con Paul Rodgers e adesso con Kerry, che con le canzoni crea sempre qualcosa di diverso da quello che ti puoi aspettare”. Arriva dunque il momento di parlare di Adam Lambert, la voce che da quasi cinque anni si è aggiunta al nome Queen (sigla che oggi identifica Brian May e Roger Taylor) per continuare a portare sui palchi del mondo la celebrazione degli anni immortali con Freddie Mercury: “È grande”, esclama May, “poter essere in un qualche modo ancora i Queen, grazie a questo incredibile uomo che non ha solo la voce, ma anche la personalità per fare le nostre canzoni: non sarebbe possibile infatti farle con un imitatore. Non lo abbiamo cercato, è capitato: siamo stati invitati a suonare nella finale del talent American Idol fra lui e l’altro concorrente. Adam inoltre non ha nemmeno vinto a causa delle lobby anti-gay americane che volevano bloccarlo. Si tratta di un frontman nato, pieno di sicurezza ma anche umile, che conosce tutto il nostro repertorio. Non c’è stato nessuno sforzo, è una persona molto piacevole e insieme ci divertiamo. È un’opportunità per chi vuole assistere a uno spettacolo in stile Queen”.
È bello ascoltare May nei suoi ricordi di ragazzo e vedere intatto il suo amore per la musica, scorgere la stessa curiosità e senso di stupore e mistero per quest’arte che lui stesso ha contribuito ad elevare fino alle stelle (in tutti i sensi): “Ho ancora i miei eroi, quando ero ragazzo ero fan di Buddy Holly, quello è stato il primo suono di chitarra che mi ha toccato l’anima… poi a seguire è comparso Jimi Hendrix, che è tuttora il mio idolo. Il bello dei chitarristi è che sono diversi uno dall’altro (Jeff Beck, Eric Clapton, Steve Vai, …) ed è sempre un’ispirazione ascoltare le diverse tecniche”. Si parlava di stelle e infatti non può mancare l’argomento astronomia, il quale prende una piega filosofica inaspettata e sorprendente, divenendo un momento clou di questo speciale incontro: “L’astronomo ha una parte spirituale, perché è consapevole del cosmo e di quanto piccoli siamo noi, e mi piace questa combinazione nella mia mente mentre scrivo canzoni, anche se non posso dire che l’astronomia influenzi più di tanto la mia musica: in un certo senso le due cose sono connesse, ma non so come. Gli esseri umani sono strani, perché sono piccoli ma anche molto grandi. Il nostro corpo è tutto quello che abbiamo, viviamo nella nostra testa ed è difficile e anche doloroso, noi non vediamo il cosmo ma l’interpretazione che abbiamo di ciò. Penso che sia una specie di paradosso, siamo molto piccoli ma anche la cosa più grande, perché solo noi possiamo sentire la gioia e il dolore”.
Di fronte a tanta intelligenza e sensibilità la sala scoppia in un applauso e May ringrazia sentitamente. Il tema verrà poi ampliato in seguito a una domanda sulle onde gravitazionali: “Isaac Newton disse che il suo più grande rammarico è stato non poter amare una donna per tutta la vita. Queste cose ti dicono come sia possibile scoprire il cosmo ma non le cose che accadono dentro di noi. Come si può quantificare l’amore?”. Altro scroscio di applausi. Per quanto riguarda le tematiche animaliste, il chitarrista vuole che sia la Ellis a spiegare il loro personale impegno nel campo: “Siamo entrambi grandi supporter delle organizzazioni benefiche animaliste”, afferma la cantante, “amiamo lavorare con Virginia McKenna, fondatrice di Born Free (il cui scopo è quello di restituire gli animali al loro ambiente naturale, ndr). Brian poi ha lanciato la campagna Save Me per proteggere gli animali di piccola taglia in UK e dare loro una voce. Amiamo molto gli animali e pensiamo che come noi debbano avere dei diritti, facciamo tutto ciò che ci è possibile con il nostro ruolo per parlare al posto loro. Quando abbiamo inciso il brano Born Free, qualche anno fa, lo abbiamo fatto per urlare che è sbagliato come trattiamo gli animali nel nostro mondo… per noi il mondo si divide in due categorie: chi aiuta gli animali e chi no”. E May sottolinea: “Questo è un altro dei motivi della nostra collaborazione. Nei Queen è diverso: io e Roger abbiamo una visione completamente opposta su tutto, come accade fra fratelli. Con Kerry è speciale perché abbiamo questa attitudine comune verso la vita, sia degli uomini che degli animali, e la portiamo nel nostro progetto”.
C’è anche lo spazio per un ricordo di David Bowie, amico e collaboratore dei Queen in più occasioni: “Roger ha continuato negli anni la sua relazione con David. Registrare insieme a Montreux Under Pressure è stata un’esperienza incredibile e davvero intensa. David era un artista molto inusuale, con una visione tutta sua e un suo modo di coordinare il tutto. Delle volte, quando suonavamo nelle sue vicinanze, gli mandavamo dei messaggi per invitarlo, ma non è mai potuto venire. Non avevo idea che fosse così malato, si tratta di una perdita incalcolabile per la musica”. Essendo stato avvistato a Padova alla Cappella degli Scrovegni (visita che si scoprirà essergli stata suggerita dal patron di Barley Arts Claudio Trotta), una domanda di arte e storia ci stava. Racconta May: “È incredibile come Giotto abbia dipinto questa storia che si sviluppa tutta attorno, stare lì nel mezzo è una sensazione unica. Mi ha colpito che ci fosse già un’idea di prospettiva, ed è prestissimo perché siamo solo nel XIII secolo. Io sono un appassionato di stereoscopia, che tratta la relazione esistente fra i due occhi e la loro diversa visione, e questa non è stata scoperta nemmeno nel Rinascimento, neanche Leonardo la scoprirà. Molto affascinante anche la storia che c’è dietro, di quest’uomo che ha fatto costruire la cappella per chiedere perdono a Dio delle colpe del padre. Potente. Ma l’Italia è tutta splendida: voi rispettate e amate il vostro passato, vorrei che anche da noi fosse così”.
All’immancabile domanda sulla sua canzone preferita, May spiazza tutti e dice: “È una canzone che proviene da un musical che fino a poco tempo fa non conoscevo: s’intitola If I Loved You ed è stata una rivelazione, le parole e la musica ti portano in un’altra dimensione. E un’altra è Losing My Mind, andate a casa e ascoltatela. Sono queste le mie canzoni preferite”. Chiude la conferenza un pensiero su Life Is Real, il pezzo dei Queen scritto da Mercury che May e la Ellis eseguono nei loro tour: “Non è stata una hit, ma una canzone proveniente dal cuore di Freddie. E si tratta di qualcosa di molto coraggioso, perché non c’entra col suo ruolo di rockstar, ma parla dei suoi rimorsi e delle sue paure: è una canzone sulla vulnerabilità. A noi piace molto ed è il nostro tributo a Freddie”. Applausi a non finire.