Tecnica e maestria hanno un'alleata nella tecnologia. Questa è sorellanza serrata nei ranghi dal tempo contratto del XX secolo, tra la storia dell'applicazione umana alle arti funzionali alla logica dell'esperienza quotidiana e la velocità di diffusione di un'idea ed il suo multiplo.
Riflettere sul tempo del progettare, costruire e diffondere una forma, contenitore corporeo della quotidianità, è l'opzione che il Metropoilitan Museum of Art di New York, nella sezione del Costume Institute, affronta dal 2 maggio (serata inaugurale della mostra annuale per la raccolta di fondi del museo medesimo che si svolgerà dal 5 maggio al 14 agosto 2016), curata da Andrew Bolton, con l'eccezionale intervento di Apple ed il supporto di Anna Wintour.
La tecnica permette di dare dimensione e sostanza alle creature del pensiero e renderle ancorate all'identità di chi le crea e di chi le esprime portandole e facendole proprie: gli abiti sono questo.
Oggi la tecnica sartoriale e la materia della sua applicazione si affacciano ad un dialogo con l'attività motoria delle membra dell'abito e trascendono il mestiere sartoriale per aggiungere la copertura tecnologica.
L'esperienza della moda conduce all'incorruttibilità del mutamento.
Incorruttibilità che si appoggia al suo istinto di mutevolezza per esserne avverbio, verbo, e predicato della medesima.
La moda si è sposata alla trasformazione dei costumi e i costumi l'hanno trasformata: nei costumi ha assunto la tecnologia e la sintesi che da essa deriva.
Questo contatto ha condotto alla possibilità che l'abito divenisse veicolo di tracce luminose, di motorietà indipendente dal corpo portatore. La plasticità e il volume vestimentario si sono assimilati alle cancellate che l'uomo ha interposto per contenere e strutturare la sua natura edificatrice. Abiti come soluzioni organizzative dello spazio e del suo valore nelle logiche dell'esperienza universale. Tutto questo ha prodotto il passaggio dalla tecnica all'arte e dall'arte all'architettura, sino alla tecnologia e ha realizzato le prime e più prossime strutture contenitore del corpo umano che sono gli abiti ed il loro universo di accessori correlati.
L'esperienza creativa, nella moda, di Hussein Chalayan interpone il suo operato nel dialogo con l'assoluto anelito dell'uomo a trasformare il suo corpo in una creatura sovrannaturale.
Chalayan si esprime attraverso la tecnologia dei microchip (P/E 2007) e dei led (A/I 2008-09) applicata al vestito che si connette al vinile e alla fosforescenza di plastica memoria, degli anni '60, di uno scultore della haute couture come Roberto Capucci. Tale esperienza progettuale attraversa i postulati metallescenti degli anni '70 di Paco Rabanne e la geometrizzazione modulare di Cardin e Courrèges sino alla piega tortile di Miyake ed il tubolare di maglia di Nanni Strada.
Nell'oggi si è arrivati alla neoplatonica produzione scultorea di Junya Watanabe e Comme des Garçons e negli anni 2000, la futuribile volumetria sintetica di Iris Van Herpen.
Attraverso l'utilizzo dello sviluppo materico e formale delle stampanti 3D, il taglio laser o il thermo shaping la moda ha fatto costume sociale di quanto era riferito ai luoghi della meccanica e dell'architettura.
L'universo avveniristico tecnologico è anche narrato dalle didascalie d'immagine che raccontano di un futuro presente, grafismi su supporti sintetici (Christopher Kane) che di sintetico hanno la sintesi dei processi produttivi nel loro DNA e il valore della sperimentazione del costume di scena per essere a loro volta protagonisti del reale: dall'arte pittorica, a quella fotografica, dal cinema alla vita “pubblicata” di ognuno di noi.
La maestria della sartoria, dagli albori sino ai giorni nostri, si condensa nelle fasi dispositive dei processi esecutivi e la forza dei soggetti prodotti passa di atteggiamento e muta di sentimento per la possibilità di esistere in velocità. Il vivere di un ritmo posto sopra all'umano è il principio di un abito in movimento che somiglia alla sua intuizione, ma non alla sua natura. L'intuizione è l'esigenza indotta e la fattura è conseguente all'esigenza. Il narcisismo elitario che muove dalla tecnica autoriale della Couture si integra al principio riproduttivo dei modelli interconnessi alla rete, ove la trama si sostituisce alla tela e la vita si integra di un suo nuovo multiplo.
La pagina che si compie, nell'agire tecnologico, attiva la storia narrata nella testa e l'allontana da un modo di modi che restano occlusi alla pratica corrente, ma vivi nella forma di un'esperienza toccata da chi ha contribuito a tracciarne le distanze.
Sembra che nulla comporti, per la vita odierna, dimenticare una distanza che solo con l'ammiccare degli occhi si può ancora trovare, ma che poco importa allo sguardo del lavoro sull'abito del XXI secolo.
Calda e ancora tesa la traccia di una mano che agisce da manuale e che per abilità di sangue, si connette alla più perfetta delle articolazioni che tesse di morbida natura la tenera natura dell'uomo.
Mano e passaggi di mano per lo spazio di uno sguardo di passaggio tra due mondi che si osservano mano nella mano: manus x machina.
Per maggiori informazioni:
http://www.metmuseum.org/exhibitions/listings/2016/manus-x-machina