Infatti che cosa può apparire a ciascuno di noi sufficientemente sicuro, se il mondo stesso è scosso e le sue parti più solide barcollano? Se l'unica cosa che vi è di immobile e di fisso in lui, tanto che regge tutte le cose che verso di essa si dirigono, traballa; se la terra ha perso la sua caratteristica peculiare, la stabilità: dove si placheranno infine le nostre paure?
(Seneca, Naturales Quaestiones)
Lucio Anneo Seneca (Cordova, intorno al 4 a.C.) rappresenta una personalità singolare nella storia della letteratura latina ma non solo, in quanto è una figura che segna il trapasso nella spiritualità occidentale e che porta alla luce quell'insieme di passioni, inquietudini e dilemmi esistenziali che fino a poco tempo prima erano stati repressi dal classicismo e dalla sua idea di 'decoru'.
Seneca è un uomo diviso tra virtus e furor. Esiliato in Corsica dall'imperatore Claudio, fu poi richiamato a Roma (dove aveva studiato) e, durante gli anni in cui è consigliere di Nerone, le cui nefandezze tollererà ben poco, questo ''scrittore-filosofo'' sognerà costantemente la realizzazione di una società utopica, illuminata dalla filosofia, secondo quella che era la vecchia idea platonica di un governo retto da filosofi. Uomo dalle tante contraddizioni, barocco sia nella forma che nei contenuti, fu coinvolto nella Congiura di Pisone e sappiamo che fu costretto a darsi la morte da Nerone, perché accusato di aver cospirato contro di lui. Certo è che non smise mai di denunciare gli eccessi della tirannide e di difendere la sua classe d'appartenenza, quella senatoria, ormai in crisi.
Seneca lascia ai noi lettori un'immensità di capolavori che meriterebbero uno studio intenso e continuo. La sua visione del mondo, le sue idee politiche, la sua abilità di oratore e di saggio, la sua grande umanità e capacità di introspezione psicologica, non possono non coinvolgere l'uomo con le sue ansie e le sue continue domande.
Le Naturales Quaestiones rientrano nell'insieme delle sue opere filosofiche. Si tratta di sette libri dedicati a Lucilio, che vanno a costituire l'opera cosiddetta ''scientifica'', poiché vi affronta temi che riguardano i fenomeni del cosmo e le conseguenze di questi sulla psiche umana. Attraverso una robusta analisi, si prefissa come scopo quello di liberare l'uomo dalla paura. Infatti, con il linguaggio dell'interiorità e con la calma del saggio, ci fornisce gli strumenti per comprendere ciò che apparentemente ci sembra incomprensibile. In questo sesto libro, Seneca racconta a Lucilio ciò che è accaduto a Pompei, città distrutta in seguito a un terremoto, che ha sconvolto la mente e l'anima degli abitanti di tutte le città vicine, città che ora rischiano di essere cancellate a causa di un destino che colpisce catastroficamente, senza risparmiare nessuno e nessun luogo, come insegna il passato.
Le premesse di Seneca spingono, fin da subito, il lettore alla riflessione, a prendere coscienza della sua impotenza, della forza incontrollabile della natura, che il solo pensare di poter tenere a bada ci rimanda alla nostra condizione di "miseri corpi". Noi, ai quali basta molto meno di un terremoto per sprofondare nel timore, ora vorremmo comprendere il linguaggio della natura? Seneca non crede vi sia un disegno divino in queste scosse che capovolgono la terra e che questa, piuttosto, è come il nostro corpo: subisce delle alterazioni. Il suo è un invito alla ricerca delle cause di un fenomeno capace di inabissare addirittura fiumi e montagne e a questo ci possiamo arrivare solo con la conoscenza. Perché la natura si comporta in un determinato modo? Perché infuria? Ha una risposta? Dobbiamo noi cercarla?
A questo punto, Seneca comincia a elencare le varie teorie del tempo che, seppur imprecise e divergenti, con uguale veemenza, spiegherebbero questi tragici avvenimenti. Alcuni, come Talete di Mileto, ritengono che la causa risieda nell'acqua e paragonano la terra a un'imbarcazione. L'acqua sarebbe anche uno dei motivi in grado di spiegare la piena estiva del Nilo, ad esempio. E così proseguendo, Seneca cita Anassagora che invece ritiene che sia l'aria che la terra sono mosse non dall'acqua ma dal fuoco. Eloquente l'immagine dell'acqua che bolle se messa in un recipiente sul fuoco, come la terra che è soggetta a scosse quand'esso fa evaporare enormi quantità di acqua. Per Anassimene, le cause sono da ricercare in seno della terra stessa che può essere agitata dalla combinazione di più elementi. Non manca chi, come Archelao, crede nella potenza annientatrice dell'aria che, cercando una via di fuga, fa tremare la terra paragonata da alcuni al corpo umano: le acque sarebbero il nostro sangue e i venti la nostra aria vitale. Si ritorna poi ad approfondire il sisma campano e Seneca descrive il sentimento di paura e le sue manifestazioni sul volto degli uomini.
Credo che queste siano le pagine più belle e attuali dell'opera. L'uomo che ha perso il suo equilibrio, fugge, è forsennato: il terrore l'ha trasformato in un pazzo. L'unica salvezza è nell'attenta osservazione della natura, perché per reagire con forza bisogna tenere salda la conoscenza. E, siccome la morte sopraggiunge inevitabilmente, che sia per un motivo più o meno grave, per una malattia o per il devastante terremoto, il nostro compito è accoglierla con animo predisposto, senza respingere la sua volontà. La natura ci ha generati e, alla stessa maniera, ci priva dell'esistenza che resta precaria e ha breve durata. Temerla, dunque, significherebbe soltanto invocarla.
In questo modo conclude il sesto libro delle Naturales Quaestiones, quello dedicato al grande terremoto, esortando nuovamente Lucilio a non avere paura della morte, perché solo pensandoci costantemente, sapendo di dover ''perire'', saremo pronti ad accettarla senza essere condannati alla disperazione.