Secondo Platone «l’uomo è fatto per essere un giocattolo, strumento di Dio, e ciò è veramente la migliore cosa in lui. Egli deve, dunque, seguendo quella natura e giocando i giochi più belli, vivere la sua vita, proprio all’inverso di come fa ora». Aristotele sosteneva che «la società è un grande gioco, nel quale ogni pezzo si muove secondo regole predeterminate». Eraclito scriveva, invece, che «Il tempo della vita è un bimbo che gioca con le tessere di una scacchiera: è il regno sovrano di un bimbo».
Ci sono grandi uomini della storia che sono riusciti a “giocare” con la vita degli uomini portando morte e distruzione, ci sono altri uomini che hanno cercato, invece, di strappare un sorriso all’uomo attraverso “un grande gioco”. Uno di questi talenti è Renzo Arbore, un GiocAttore che ha fatto la storia della televisione italiana riuscendo a far divertire gli italiani per 50 anni semplicemente con il suo gioco.
Non è facile riuscire a ribaltare la realtà e trasformarla in una grande caricatura, ci vuole una grande ironia, un sottile intuito e una raffinata intelligenza. Cerchiamo di comprendere dalla mostra Videos, radios, cianfrusaglies inaugurata il 19 dicembre scorso al Macro di Testaccio, quali oggetti testimonino la fortuna del percorso artistico di Renzo Arbore che lo tiene ancora in auge da oltre cinquant’anni.
Non dimentichiamo che Arbore è considerato uno dei personaggi più eclettici e carismatici del mondo dello spettacolo, della musica e dell’intrattenimento radiofonico e televisivo in Italia. Autore, conduttore e regista di programmi televisivi, showman, regista cinematografico, musicista interprete, autore e compositore di canzoni, giornalista e critico musicale, inventore di nuovi generi, nonché eccezionale scopritore di talenti (televisivi, musicali e cinematografici, uno per tutti: Roberto Benigni), ha avuto il merito di creare uno stile e un linguaggio “arboriano”. In realtà Arbore ha dato luogo a una radio/televisione “altra”, una radio/televisione “d’autore”, divertente e al tempo stessa intelligente, mirata a un pubblico che cogliesse anche il suo messaggio sottile.
Come ha dichiarato lui stesso nel corso della conferenza stampa la mostra può essere definita “rutilante”, di certo fiammeggiante per la fantasia dei colori, per la stravaganza dei gilet, delle magliette, dei cappelli esposti a bella posta per attrarre il collezionista, l’appassionato o semplicemente il curioso. Vetrine e vetrine di prodotti scaturiti dalla genialità di artisti che hanno mutato lo standard per rendere originale l’oggetto, a volte attraverso forme note modificate nel loro aspetto e senza un valore intrinseco, il più delle volte mediante piccoli capolavori creati da veri e propri artisti che inscenano delle varianti immaginifiche dell’oggetto per stupirci, a volte sono i materiali usati a essere preziosi, anche laddove si tratti di plastiche che – come sostiene Renzo da collezionista appassionato – esistono in una infinità di tipi e specie.
Tutto ciò che è “altro” attrae l’attenzione del nostro artista, per esempio una cornetta che si allunga per creare la curiosità dello spettatore. Nel percorso museale allestito si potrebbe passare un pomeriggio ad ammirare la varietà e l’inventiva delle cravatte esposte, le colorazioni e i disegni eccentrici delle magliette, i modelli bizzarri dei copricapo e la pregiata fattura dei gilet d’autore incorniciati come quadri, ma certo non si può prescindere dai pezzi importanti legati alla musica, come strumenti musicali, clarinetti in particolare, personaggi del mondo del jazz, stampe, immagini, fotografie e un’infinità di video.
È stato un lavoro certosino quello di montare i filmati, far scorrere immagini della vita artistica di Renzo, donne e uomini che hanno fatto la televisione, ai tempi in cui ancora aveva qualcosa da dire, per lo meno in quella dimensione “altra” che riguarda sempre il nostro artista. La Direttrice del Macro, Federica Pirani, ha presentato l’evento espositivo indicandolo come un importante momento culturale: in realtà quel modo di fare televisione, spettacolo, intrattenimento, era comunque una maniera di trasmettere ironicamente allo spettatore delle idee anche sul mondo. Arbore ha criticato la società deridendola senza offenderla, come avrebbero voluto fare migliaia di cittadini arrabbiati ma senza il suo talento e anche questo è stato un modo di fare cultura.
Renzo racconta di essere stato fatto Consigliere della Discoteca di Stato, ora Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi, istituita nel 1928 per raccogliere le testimonianze orali dei protagonisti della Grande Guerra. Dal 1975 la Discoteca, passata alle dipendenze del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, ora Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha il compito di acquisire, documentare, conservare e divulgare il patrimonio sonoro nazionale e le fonti orali della storia italiana, nonché i documenti sonori di produzione internazionale di particolare interesse, oltre 300.000 supporti tra rulli di cera, dischi, nastri, CD e video, e poi grammofoni e fonografi, materiale fotografico, locandine e documentazione sull'industria fonografica degli anni Trenta, fonografi, grammofoni e strumenti di lavorazione del suono tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento. Lo spirito della raccolta curata nell’ambito della Discoteca, ha ispirato l’originalità di questa mostra.
Arbore racconta che “Il gatto e la volpe”, Giovanni Licheri e Alida Cappellini, gli allestitori della mostra, sono entrati nella sua abitazione di notte e hanno sottratto tutti gli oggetti esposti costringendolo a privarsene per il tempo necessario… , con la complicità della sorella Sabrina che li ha guidati nella scelta. Questa mostra è l’Altra Mostra, perché Arbore è quello dell’Altro, dell’Altra Domenica, dell’Altra Radio, dell’Altra Televisione, dell’Altro Cinema, dell’Altra Musica, dell’Altra Canzone Napoletana, sempre orientato verso un Altrove che lo conduce alla scoperta di cose nuove.
Del resto il suo destino doveva essere tutt’Altro. Renzo, infatti, si era laureato in Giurisprudenza a Napoli nel 1963, ma non aveva mai pensato “sul serio” di fare l’avvocato. Nemmeno voleva fare il dentista, professione di suo padre, tant’è che quando gli hanno fatto indossare il camice bianco è svenuto alla vista del sangue. Quello non era un mestiere che lo appassionava, lui desiderava, invece, essere un musicista. Così, mentre studiava le note stonate della Giurisprudenza, portava avanti il suo sogno insieme a un gruppetto di amici, come Gino Paoli, Mina, Peppino di Capri, Gigi Proietti, ecc., che come lui sarebbero diventati famosi. Suo padre lo pregò di prendersi una laurea e poi gli concesse un anno sabbatico per cercare di diventare musicista. Arbore partecipò, quindi, a un Concorso della Rai e fortunatamente fu preso. E così iniziò alla radio insieme a Giandomenico Boncompagni con Bandiera Gialla nel 1965, per proseguire con Per Voi Giovani tra il 1967 e il 1968 e approdare in Alto Gradimento tra il 1970 e il 1981.
In realtà poi gli studi di Legge non gli sono stati del tutto inutili perché architettare un programma televisivo è come un articolo del codice. Inoltre, in un programma televisivo di intrattenimento, andato in onda dal 27 gennaio al 24 febbraio 1990 per cinque sabati in prima serata su Rai Uno, intitolato Processo a Sanremo, Arbore interpretava il personaggio del Giudice, mentre Banfi impersonava l’Avvocato della Difesa e Michele Mirabella l’Avvocato dell’Accusa. Il programma, proposto in vista del Festival di Sanremo 1990, aveva come sigla d'apertura Che ne parliamo a fa', e fu impostato come un processo grazie alla sua conoscenza della Giurisprudenza che in qualche modo lo aveva ispirato. «Le leggi dovrebbero dire quello che si deve fare o quello che non si deve fare, si potrebbe dire che anche in questo campo, tra le due cose, io ho fatto Altro, anche se spesso i Magistrati mi considerano un collega... », ironizza il nostro showman.
Nel ’68, epoca di contestazione e cambiamento, Arbore passa dalla radio alla televisione.
Nel 1976 crea il programma L’Altra domenica su Rai2, alternativo al canonico Domenica In trasmesso su Rai1.
Nel 1984, in occasione del 60° anniversario di Radio Rai, cerca di mettere insieme Radio e Televisione.
Il 1985 è l’anno di Quelli della notte, la trasmissione che lo porta al successo con il grande pubblico.
Secondo Arbore il ruolo della Rai dovrebbe essere quello di far conoscere il fondamento dell’arte, della musica, – del jazz, per esempio –, di scoprire il nuovo che c’è in ogni campo artistico. Il nostro paese è il più prezioso al mondo e bisogna esportare la musica, il cinema, il design; gli piacerebbe esportare all’estero la canzone italiana senza tempo: Modugno, Battisti, De Andrè.
Il 1991, infatti, lo vede creare l’Orchestra Italiana con lo scopo di diffondere nel mondo la canzone napoletana.
Lui è rimasto fedele a Radio Rai, affezionato alla famiglia, si ritiene figlio della Rai che ha fatto la vecchia televisione.
Nel 2002 celebra da Maurizio Costanzo la sua carriera di musicista e di showman.
Sembrava si dovesse ritirare, invece continua ancora oggi la sua attività e prosegue la sua raccolta di Videos, radios, cianfrusaglies, ritirarsi significherebbe, infatti, “smettere di giocare” e lui non è ancora pronto…