David Bowie non è stato solo musica ma suono antropologico, cantore del genere maschile e del genere femminile nelle sue diverse inclinazioni o appropriazioni indebite o debitamente accreditate alla sfera delle certezze ottuse.
David Bowie cantore della lirica relazionale che suscita interesse e genera stupore, la lirica dell'acuto che il corpo esprime con logica autoriale di sé.
David Bowie e il principesco valore che esce dal genere per assurgere all'identità: traduttore del volere imperiale adrianeo, esprimente l'ardore del cuore fine a se stesso.
Bowie nella volta celeste come stella nera (Blackstar, 2016) da cui attingere energia per esprimere tutte le cromie investite dal movimento circocentrico della sua volontà espressiva.
Vortice bianco dal nobile manto che appartiene a Bowie in quanto riccamente pigmentato dalla velocità e potenza delle sue intuizioni virali.
Bowie esteta delle galassie interstellari è colui che è messaggio nella bottiglia lanciata nella marea del tempo.
Bowie è pagina di ogni lettera che l'uomo contemporaneo ha inviato ai posteri per l'eroica impresa di correggere e riscrivere gli astri del cielo.
Quel cielo che da Cesare a Carlo Magno, da Luigi XIV a Elisabetta I, attraverso i papi e i gondolieri passando per risaie e risate, sangue e pietra ha attraversato la storia d'Ulisse per il dettaglio del tempo presente che aveva in sé il carico dell'avvenire.
Bowie è “avvenuto”, “avviene” e avverrà!
Bowie non ha raccolto testimonianze, ma è contenuto del testo di testimoni e traccia di accaduto per i posteri e per le ragioni del passato che di lui si sono fatte strumento d'espressione nell'oggi di domani.
Ha scelto la dimensione del teatro d'esperienza e l'ha portato dove l'esperienza era ignota.
Uomo del Kabuki (Aladdin Sane, 1973) ha interpretato tutti i ruoli senza un delta, ma con l'unicità del sentire nel sé il proprio senso profondo dell'umano.
Maschile e femminile, futuro e tradizione, creazione e creatura, Bowie è disegno astratto per le tangibili traiettorie della sua immaginazione, è la metrica per la giustapposizione degli accenti dello stile (es. la collaborazione con il designer giapponese Kansai Yamamoto).
Amante dell'opera di Lindsay Kemp ha esperito il principio della uscita dal cerchio per muoversi nello spazio dove quel cerchio si ostina ad ancorarsi e, mai pago, è entrato nell'oltre e ne ha fatto un suo ducato (The Thin White Duke-Station to Station, 1976) : un luogo spaziale per essere stella e tornare a noi in sembianze d'alieno come colui che unico nella storia, non di cronaca, ma di progetto con l'altro dal terrestre ha dialogato, creato e composto (The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, 1972).
La BBC lo ha eletto il britannico meglio vestito di tutti i tempi, più di chiunque altro nel tempo del diaframma dello stile, spirito stesso del movimento respiratorio dell'esibizione di sé.
Bowie e il contatto giocato col mondo dalle sue creature, con le quali il mondo ha flirtato, copulato e procreato.
Lui si è espresso con la più universale delle arti attraverso il tepore della sua voce e la sua sferica visione, divenendo pigmento e struttura del motore sociale.
L'identità di Bowie è legittimazione ad esserci per ciò che siamo: metro e misura di un altrove che oggi sembra averlo assorbito, ma che in verità gli è sempre appartenuto.