Sotto Natale Londra è ancora più magica del solito. Per celebrare l’atmosfera unica che la avvolge in questo periodo parliamo allora di un disco non particolarmente conosciuto dal grande pubblico che però è una delle più belle dichiarazioni di amore per la città e per tutta una cultura: London Town dei Wings.
Siamo nel 1978 e l’album, che purtroppo rappresenta anche il “canto del cigno” della formazione d’oro del gruppo, reagisce all’ondata punk guardando nella direzione del folk nordico e del calore delle atmosfere acustiche. Non mancano di certo le sferzate elettriche e il buon vecchio rock and roll: McCartney non è mai stato tipo da abbracciare completamente un filone senza poterlo inframezzare o contaminare con tutto quanto il suo estro e la sua creatività gli suggerivano di volta in volta. Sicuramente però la tradizione, intesa come sonorità e scrittura, è il messaggio principale e anche il modo in cui il sound dei Wings si stava mettendo alla prova in quel periodo, dopo lo strabordante successo di due album in studio e un triplo dal vivo, giunti tutti al vertice della classifica americana e nella top ten di quella inglese, e contraddistinti da un suono nel complesso più aggressivo: l’energia profusa sul palcoscenico adesso era in cerca di nuovi orizzonti da far esplorare al quintetto.
Un affiatamento arrivato purtroppo alle ultime battute, certamente incantevoli dal punto di vista musicale ma che suonano pure come una lenta riconsegna del timone al trio Paul, Linda e Denny Laine, con quest’ultimo che sigla insieme a McCartney 5 dei 14 brani del disco (senza contare Mull Of Kintyre, composizione estemporanea che vide la luce come singolo e non venne inclusa nell’album) e 2 brani (Children Children e Deliver Your Children, oltre alla già citata Mull Of Kintyre) senza English e McCulloch. Un po’ quello che è successo all’epoca di Band On The Run, dove in quattro e quattr’otto i Wings si erano ritrovati in tre.
La lezione appresa dal gruppo in studio e sui palchi di tutto il mondo è comunque ancora chiara e potente a livello sonoro, sia nei pezzi più tirati che in quelli acustici, dove delicatezza, precisione e pulizia sono elementi di forza altrettanto indiscutibili: è fuori dubbio che in London Town l’apporto esecutivo di Joe English e Jimmy McCulloch sia impeccabile e che faccia tesoro di tutti gli anni passati insieme a suonare. Peccato solo che la storia del quintetto, con cui McCartney si era tolto tante soddisfazioni, finisca qui. Fra l’altro non sono molte le dichiarazioni a riguardo e sembra che tutto sia avvenuto in modo molto naturale e senza particolari malumori, con English che aveva nostalgia di casa e McCulloch che, dopo una notte di baldoria in compagnia del cantante Steve Marriott, decide di partecipare alla re-union degli Small Faces (purtroppo un anno dopo verrà trovato morto in casa, probabilmente per overdose).
Ma torniamo a London Town che fin dal titolo dichiara la propria appartenenza di spirito. Troppo facile però sarebbe stato registrarlo nella piovosa Londra, come commenta Macca nel documentario Wingspan del 2001: dopo alcune sessioni ad Abbey Road il lavoro per il disco riprese infatti alle Isole Vergini, a bordo dello yacht Fair Carol che era stato attrezzato con uno studio mobile. Un luogo stimolante e inusuale che per alcuni mesi diverrà la casa del gruppo insieme alle altre imbarcazioni El Toro, Samala e infine Wanderlust (che ispirerà l’omonimo brano presente su Tug Of War del 1982), vere e proprie “ville galleggianti”. E l’atmosfera marinara-tropicale, per quanto non sia riscontrabile all’ascolto, è ben visibile sia nel collage di foto che compone il poster interno dell’album sia sul ritratto di retro-copertina che si contrappone alla tipica immagine climatica londinese stampata sulla cover. In tutti gli scatti compaiono i soli coniugi McCartney insieme a Laine, nonostante i crediti contemplino anche gli altri due membri: scelta che forse voleva abituare il pubblico a considerare i Wings come trio e pure prepararlo all’entrata in scena di due nuovi musicisti per i futuri lavori (il solo Back To The Egg, 1979).
Gli episodi più pop del disco sono rappresentati sicuramente dalla title track, che celebra Londra e gli usi e costumi degli inglesi, divenendo allo stesso tempo un ritratto della loro personale vita da artisti col dono della normalità, e dal singolo di lancio With A Little Luck, un messaggio ottimistico che sembra in parte figlio dell’epoca hippy, molto fresco e godibile sia nelle liriche che nella musica, come si conviene al miglior McCartney della fase solista. In Children Children, incantevole affresco di un mondo visto con gli occhi dei bambini, Famous Groupies, spassosissimo pezzo sulle ragazze che seguivano le rock band (“And nobody knows what the famous groupies know/ Nobody goes where the famous groupies go”), Don’t Let It Bring You Down e in parte anche la sperimentale Morse Moose And The Grey Goose (nella seconda metà che sarebbe proprio il pezzo The Grey Goose, poi unito all’altro, Morse Moose, sorta di I’m The Walrus à la Wings) sono evidenti i richiami al mondo del folk britannico e irlandese e sono anche i pezzi che danno una direzione precisa all’album.
Anche se è rimasta fuori dal disco non si può non menzionare qui Mull Of Kintyre, registrata al rientro dalle session alle Isole Vergini nella tranquilla Scozia in attesa della nascita del terzo figlio della coppia, James (che è anche il motivo per cui London Town non ha avuto un tour): un favoloso scottish waltz, con tanto di banda di cornamuse autoctona, che omaggia quella terra (dove i McCartney vivevano) e che, con più di 2 milioni di copie nel solo Regno Unito, detiene il record di 45 giri più venduto della “storia del grammofono”. Tornando all’LP, imparentata con esse, più che altro per il tono delicato e acustico, è I’m Carrying: splendida ballad per chitarra e voce, altro esempio di scrittura su cui McCartney è fortissimo (si pensi anche alla beatlesiana Blackbird) , un modo espressivo che non abbandonerà mai e che ritroviamo ancora oggi in capolavori quali, per esempio, Calico Skies (da Flaming Pie, 1997) e Jenny Wren (da Chaos And Creation In The Backyard, 2005).
Girlfriend, composta per Michael Jackson, il quale la pubblicherà su Off The Wall (1979), è un ponte fra il soul e il clima acustico dell’album con un falsetto da brividi. A tenere alto il nome di rock band dei Wings ci pensano invece I’ve Had Enough, Backwards Traveler, con uno splendido testo in cui il cantante, quasi fosse un programma, dichiara di guardare indietro e non ai tempi correnti (tr. “Sono il viaggiatore a ritroso/ L’antico dipanatore di lana che veleggia sulle canzoni”), lo strumentale Cuff Link, la magnifica dedica ad Elvis Presley di Name And Address, Cafe On The Left Bank e la sopracitata Morse Moose… * (e per dovere di completezza, appartenendo alle stesse session, anche *Girl’s School, il retro di *Mull… *). Uno dei migliori dischi dei Wings. Ora si riparte da tre.