Silenzio davanti al Signore perché vicino è il Giorno del Signore
Il Signore ha preparato un sacrificio, ha purificato i suoi invitati
(Sofonia, 1,7)
Un possibile significato del “silenzio divino e celeste” che rappresenta il cuore del settimo sigillo dell’Apocalisse di Giovanni potrebbe essere quello indicato da Gioacchino da Fiore: la Chiesa viene tacitata dall’anticristo e non più predicare il Cristo, per questo l’immagine simbolica del silenzio. Oppure al contrario potrebbe ricavarsi un senso altro facendo leva sul numero sette e sul rapporto sette/silenzio in modo da considerare questo segno un’allusione spirituale al Sabato quale tempo sacro e apocalittico. A sua volta questa versione interpretativa si può sdoppiare: un sabato di tregua per una Chiesa perseguitata (e allora va accostato al “silenzio” dei quattro venti e alla segnatura dei 144.000 eletti) o un sabato di desolazione per una Chiesa quasi distrutta dalle forze del male e che sembra morta, in quanto deve rivivere anch’essa la Morte di Cristo per poi risorgere a nuova terra e nuovi cieli. O ancora: è silenzio di adorazione di tutte le creature di fronte alla maestà di Dio che, ora, può aprire il Libro della vita dell’Agnello sgozzato fin dalla costituzione del mondo (e si accinge a farlo), in quanto tutti i sigilli sono stati sciolti?
Uno dei tanti aspetti significativi è dato dall’intrecciarsi, nei pressi del settimo sigillo, di due movimenti opposti: uno di arrotolamento (i cieli nel sesto sigillo, i 144.000 eletti sigillati e poi la sigillazione dei sette tuoni durante il ciclo delle trombe, incluso all’interno del silenzio del settimo sigillo) e il movimento opposto di “srotolamento” implicito nello scioglimento dei sigilli del Rotolo dell’Agnello. Il “silenzio” quale momento di incrocio fra il movimento dell’attuazione e quello del ritorno? Tornando al Rito di cui dicevamo contiene un’appendice anch’essa assai anomala: braci ardenti dall’incensiere celeste sono rovesciate sulla terra. Assistiamo a un’inversione straordinaria, che anticipa il rovesciamento del suono delle trombe e il rovesciamento delle sette coppe dell’ira di Dio. Perché il “portaincenso” angelico viene caricato di “fuoco dell’altare” e poi scagliato contro la terra?
Il fatto che venga “caricato” sembra alludere al fatto che, concluso il perfetto e universale Rito, fosse ormai vuoto (e quindi il Rito è olocausto e questo silenzio ricorda quello di Abramo mentre sta per sacrificare Isacco). Questo prezioso dettaglio potrebbe volerci dare questo insegnamento spirituale: chi non partecipa all’Opera di Cristo è destinato a subire il “fuoco dell’altare”, cioè la bruciante giustizia divina, anch’essa forma di amore, ultima, per chi rifiuta l’Amore di Dio. Il movimento dell’angelo infatti è uguale e contrario a quello del Rito di offerta a Dio e produce segni divini sulla terra, ennesimo richiamo della misericordia di Dio per richiamare chi vive nel male. Il passo di Sofonia citato ci parla di un Sacrificio a cui Dio invita tutti e purifica pure i suoi invitati affinché possano assistervi.
Quale migliore sintesi di tutta la Rivelazione? Cornelio A Lapide, gesuita e grande esegeta delle Sacra Scritture, autore di un analitico commentario riassuntivo sull’Apocalisse, ci ricorda come per Sant’Ambrogio questo divino silenzio fosse lo stesso Silenzio di cui parla il Libro della Sapienza, cioè quello della creazione, quello che si cita liturgicamente nel periodo di Avvento. Nel passo della Sapienza Dio discende dal suo trono come un guerriero implacabile. Nella sua Incarnazione il Figlio di Dio viene nella dolcezza e nell’umiltà. Nel suo secondo avvento torna a discendere dal Cielo verso la terra con una gloriosa onnipotenza che ricorda il Dio del Sinai. Se avesse ragione Ambrogio allora questo silenzio annuncerebbe il rinnovamento del creato, l’imminenza della rigenerazione del mondo di cui parla Cristo quando promette ai suoi apostoli che li farà sedere giudici delle dodici tribù di Israele.
Don Divo Barsotti lo ritiene simile al silenzio di Giobbe: prima ti conoscevo per aver sentito parlare di te ma ora sei qui, mi prostro nella polvere e taccio. Si tratterebbe cioè di un silenzio che manifesta la gloriosa e onnipotente prossimità della presenza di Dio per cui nulla resiste alla presenza di Dio e il mondo finisce quando Dio decide di manifestare fino in fondo e in modo risolutivo il suo geloso amore per noi. Giancarlo Biguzzi, raffinato studioso dell’Apocalisse, parla di “silenzio di tregua e di riflessione” e apre a un ragionamento sul Cristo-Agnello, l’immagine che più ricorre nel Libro della Rivelazione; un Agnello divino che non parla mai. Silentium Christi, come quello di Gesù davanti a Erode?
Più si approfondisce e più si moltiplicano le possibili letture e le associazioni di immagini spirituali, come quella di Israele che attraversa in silenzio il Mar Rosso prosciugato. O infine il silenzio divino è al contrario un farsi “tutto orecchio” da parte del Cielo come a concentrarsi ad accogliere, glorificandole ancor di più, le preghiere e i sacrifici dei giusti e gli aneliti degli innocenti, che, salendo verso il Cielo, diventano profumi graditi a Dio? Con questo suo silenzio in ogni caso Dio, il Dio della Parola e della Rivelazione, ci parla con grande potenza ed eloquenza, ma pure con una dolcezza rispettosa della libertà che ci ha donato e che ci appartiene, come a insegnarci a tacitare tante nostre parole sprecate, logorate, dannose, vuote, inutili.