Chiunque sia mai stato in Scozia e abbia avuto modo di visitare sia Glasgow che Edimburgo, si sarà accorto della profonda differenza tra le due città, così vicine dal punto di vista geografico, eppure così lontane da quello culturale. Se nella prima è evidente lo stampo prettamente industriale da cui è caratterizzata, nella seconda si respira un'aria diversa, molto più artistica e intellettuale. E questa, in realtà, è solo una delle molteplici ragioni per cui le due città – e i loro abitanti – non solo non riescono a incontrarsi, ma si odiano a vicenda, senza la benché minima volontà di nasconderlo.
Edimburgo è nota come “la città dei festival”. Oltre al consueto Festival Fringe, il più famoso e importante, che si tiene ogni anno durante l'intero mese di agosto, la capitale scozzese è animata da molti altri eventi culturali, che toccano i temi più disparati: si va dal festival della magia a quello del libro, passando per il festival dell'horror (il Dead by Dawn), dell'arte, delle scienze e dello storytelling.
Uno dei festival che, edizione dopo edizione, ha guadagnato fama e popolarità a livello internazionale, è certamente l'Edinburgh International Film Festival, manifestazione completamente dedicata alla settima arte, che ogni anno si snoda attraverso i vari cinema della città per una decina di giorni.
L'edizione 2015 si è svolta dal 17 al 28 giugno e ha presentato in anteprima decine di produzioni – indipendenti e non – da tutto il mondo, anche se, come da consuetudine, la corsia preferenziale è stata riservata alle pellicole britanniche, in particolare scozzesi. L'opera che infatti ha aperto le danze è stata The Legend of Barney Thomson, che ha visto dietro la macchina da presa l'attore glasvegiano Robert Carlyle, mentre l'ospite di punta è stato senza dubbio Ewan McGregor, protagonista di Last Days in the Desert, ultimo film del regista colombiano Rodrigo Garcia.
Come dicevo, sono stati numerosi i film che hanno partecipato al festival, come numerosi sono stati i generi proposti. Documentari, cortometraggi, film drammatici e produzioni di matrice sudamericana hanno infatti occupato una fetta consistente della manifestazione, ma sarò onesta: rispetto religiosamente tutti questi generi, eppure nessuno fra loro mi fa impazzire.
Mi sono così seduta alla scrivania e, con la tabella delle proiezioni da un lato, e la guida alle trame dall'altro, sono riuscita a costruirmi un itinerario personale, che in qualche modo potesse farmi recuperare terreno in campo fanta-horror, soprattutto vista la mia assenza al Dead by Dawn.
La cosa più divertente è stata ritrovarmi in sala sempre con le stesse persone, tra le quali spiccavo per una sola ragione: ero l'unico spettatore di genere femminile.
È con una certa soddisfazione personale che, quindi, sottoporrò alla vostra attenzione alcune delle pellicole visionate, soprattutto perché in Italia non godono di grande visibilità, e parlarne potrebbe offrirvi spunti interessanti. Iniziamo!
Infini (regia di Shane Abbess)
Infini, titolo dalle mille perplessità, è una produzione australiana di genere sci-fi targata 2015, che annovera tra il cast Daniel MacPherson e Luke Hemsworth, fratello maggiore dei più noti Chris e Liam.
Siamo nel ventitreesimo secolo, epoca in cui i lavori più remunerati non si trovano sul nostro pianeta, ma su colonie minerarie situate nello spazio, colonie come la O.I. Infini. È qui che lavora il nostro protagonista, Whit Carmichael, il cui pensiero fisso non è però il lavoro, ma quello di tornare sano e salvo a casa dalla moglie incinta, costantemente preoccupata per le sue sorti. Il film inizia con quella che dovrebbe essere una normale giornata a bordo della Infini, che tuttavia si trasforma presto in un infernale caos, quando un'infezione, rapida e letale, colpisce l'equipaggio. Solo Carmichael riesce a sopravvivere all'attacco-calamità, ma in una situazione tanto disperata, l'uomo sa che non riuscirà mai a tornare a casa. Viene quindi mandata in suo soccorso una squadra speciale, i cui membri avranno il compito di trovarlo e riportarlo sulla Terra, non senza prima aver indagato sull'accaduto. Tuttavia, la missione si rivelerà più ardua del previsto e tornare indietro non sarà così semplice come immaginavano.
Devo ammetterlo, non mi aspettavo un film così ben fatto. Per tutta la durata della pellicola mi è sembrato di vivere in un videogioco survival horror, caratterizzato da atmosfere cupe e inquietanti, ma senza alieni mostruosi pronti a farmi saltare le coronarie. Sì, perché qua un nemico alla Alien non c'è, l'unico nemico è l'essere umano e la sua violenza, un tema a cui Carmichael dedica una particolare riflessione nel corso della storia, in modo forse un po' trito, ma sempre attuale.
Dal punto di vista tecnico, ottimi gli effetti speciali, buona la regia e le interpretazioni degli attori. Ad oggi non sono ancora sicura di aver afferrato perfettamente il finale, quindi propendo per una seconda visione in futuro. In ogni caso, sono uscita dalla sala piacevolmente sorpresa.
Parasyte: Part 1 (regia di Takashi Yamazaki)
Parasyte: Part 1 (2014) è il primo dei due lungometraggi che compongono l'omonima saga; il suo sequel, Parasyte: Part 2, è infatti uscito nell'aprile 2015. Entrambi i film sono la trasposizione cinematografica del manga Parasyte, e confesso che mi è oscuro il motivo per cui l'EIFF abbia scelto di proiettare solo la prima parte, dato che la seconda era già stata rilasciata da mesi e che gli anglofoni non scelgono di doppiare i film asiatici, ma di sottotitolarli. Ma procediamo con la trama...
Una tranquilla notte come tante, un manipolo di vermiciattoli alieni piove letteralmente sui cieli del Giappone. Questi esseri viscidi strisciano di soppiatto nelle case della gente con un unico obiettivo: prendere il loro posto dopo averne conquistato il cervello. Come? Insinuandosi in orecchie, narici, bocca e qualsiasi altra “apertura” che gli permetta di introdursi nell'ospite. Shinichi, adolescente dalla natura vagamente geek, si è però addormentato con gli auricolari, perciò il “suo” vermiciattolo si trova costretto a provare l'attacco dal naso. Questo fa subito svegliare il ragazzo, che ingaggia una piccola battaglia con l'alieno. Lo scontro si conclude con l'insediamento del verme – che si chiama Migi – nel braccio destro di Shinichi, e da allora nulla sarà più come prima: il giovane, infatti, si ritroverà una mano destra dotata di un occhio, di una bocca e di una bella parlantina. I due dovranno tuttavia collaborare per fermare la minacciosa invasione aliena il cui scopo ultimo è soggiogare l'intero genere umano.
Da ex otaku, posso dirvi che questo film è strano, e nemmeno poco. Sono abituata al cinema giapponese, soprattutto a quello di animazione, ma non mi ero ancora imbattuta in qualcosa di simile. Nel complesso è sicuramente un prodotto cinematografico godibile, ma non adatto a tutti, dal momento che mischia in maniera tipicamente nipponica elementi manga a elementi appartenenti allo sci-fi da grande schermo. Quello che lo rende difficile da inquadrare è il mood generale di cui è pervaso: gag esilaranti e battute si intrecciano senza troppi complimenti a momenti di tensione e scene gore, un mix che potrebbe lasciare disorientato lo spettatore più impreparato! Personalmente l'ho trovato gradevole, ma certo non ne consiglio la visione a chi si aspetta un film “serio”, ricco di colpi di scena e suspense. Se siete amanti di anime e manga buttateci un occhio, sono sicura che lo apprezzerete, diversamente... passate oltre!
Dead Rising: Watchtower (regia di Zach Lipovsky)
Basato sull'omonima serie di videogiochi, Dead Rising: Watchtower, anche lui rilasciato a inizio 2015, era il film che desideravo maggiormente guardare, perché trattasi di uno zombie movie.
Ci troviamo in Oregon e Chase Carter è un rampante fotoreporter pronto a tutto pur di firmare lo scoop che lo farà sfondare nel mondo del giornalismo. Per questo motivo si trova con la sua camerawoman Jordan all'interno di un'area in quarantena, al fine di ottenere preziose informazioni e testimonianze dalle persone ivi confinate in attesa di un'iniezione di Zombrex, il potente vaccino in grado di fermare il virus. Quando però lo Zombrex si rivela inefficace e i primi infetti cominciano ad attaccare i civili, la situazione degenera e il duo sarà costretto a separarsi. Chase si ritroverà allora in compagnia della scontrosa Crystal a combattere i morti, i vivi e un sistema farmaceutico non troppo trasparente...
Premetto che non ho mai giocato al videogioco e che quindi la mia visione era “a scatola chiusa”. Posto ciò, confesso di essere rimasta delusa da questa pellicola. Dopo anni spesi a guardare film sugli zombie, non mi aspettavo certo un miracolo, ma avrei comunque preferito più horror e meno azione. Tutto ruota attorno ai combattimenti coi vivi, mentre le scene con gli zombie sono sempre esasperate da una certa ilarità, scelta che non trovo granché vincente. Il film è poi costellato da diversi intermezzi comici, e questo fa definitivamente abbandonare a Dead Rising qualunque alone spaventoso.
Se siete in cerca di sangue e smembramenti, non è questo lo zombie movie su cui puntare; se invece prediligete scazzottate, risse e complotti alla Adam Kadmon... allora forse è il film che fa per voi!
Insomma, questo è stato il mio Edinburgh International Film Festival 2015.
Avrei potuto parlarvi di De Niro in Manglehorn, di Len and Company e di altri film impegnati. Invece vi ho raccontato di alieni, parassiti e zombie, e spero non vi abbia disturbati.