Patrizia Milani, diplomata col primo premio all'Accademia dei Filodrammatici di Milano nel 1973, ha debuttato ne L'Avaro di Molière, regia di Orazio Costa. Per le sue interpretazioni ha ricevuto svariati riconoscimenti: il Premio Mediterraneo, il Veretium, il Fondi La Pastora, il Premio della Critica Italiana, l'Hystrio, il Flaiano. Ha preso parte a sceneggiati e commedie televisive e condotto un programma culturale per Rai 1.
Che cosa vuoi raccontare di te?
E’ difficile parlare di se stessi. Si rischia o di esagerare enfatizzando le proprie qualità o, al contrario, di sminuirsi per non diventare agiografici. Credo però che mi piacerebbe raccontare come e perché è nata la passione per il teatro e la decisione di diventare attrice di prosa. Sono stata una ragazza sensibile, determinata, solo apparentemente timida e l’insegnante di greco e latino aveva capito che la mia inquietudine aveva bisogno di trovare un linguaggio per esprimersi. E’ stata lei a far emergere la passione che è poi diventata il mio lavoro. L’Accademia milanese dei Filodrammatici e la facoltà di lettere a Pavia a cui mi ero iscritta per non deludere la famiglia che non capiva del tutto la scelta teatrale, sono state per anni una palestra. Poi, con grande facilità, ho avuto le prime scritture accanto a mostri sacri come Santuccio, Calindri, Villi, Brignone e ho capito davvero che quella sarebbe stata la mia strada. Non so come mi percepiscano gli altri, forse un po’ eccentrica o esibizionista. Questo è un lavoro difficile che richiede una grande concentrazione e che costringe a orari diversi da quelli della maggior parte delle persone, ma io mi sento assolutamente normale e sono riuscita a realizzarmi anche come donna e madre.
Ti senti di raccontare il tuo sogno?
Ho due sogni ricorrenti, nel primo nuoto placidamente in una risaia o in uno stagno con ciuffi d’erba che spuntano qua e là, nel secondo invece la sarta di palcoscenico non riesce ad allacciarmi il vestito che indosso e quindi non posso entrare in scena. Se invece con sogno si intende desiderio, quello di fermare il tempo e continuare a vivere con leggerezza e passione accanto alle persone che amo. Il resto sono solo ciliegine.
Per te piacere è…
Perdermi per le strade delle città in cui arrivo con lo spettacolo, scoprire luoghi e giardini nascosti inseguendo pensieri e progetti… sentirmi leggera e deresponsabilizzata prima di affrontare il pubblico.
La donna oggi : liberazione o integrazione?
L’una presuppone l’altra. L’integrazione nasce dalla libertà di scelta, dalla possibilità di decidere il proprio destino. La rivendicava già Mirandolina nella Locandiera di Carlo Goldoni nel 1751. Molto è stato fatto, qualcosa resta ancora da completare (retribuzioni pari a quelle maschili per parità di impegno e competenze, per esempio).
Donne e /è potere… Cosa ne pensi?
Credo che le donne, senza generalizzare, siano meno interessate al potere degli uomini. Forse perché da sempre, hanno assolto al compito dell’accoglienza, dell’accudimento, e non alludo solo a quello dei figli. Il mondo femminile ha un orizzonte più ampio e meno finalizzato su un unico traguardo. Il potere richiede una dedizione assoluta.
Stereotipo e realtà della donna milanese
Quando gli amici mi vogliono prendere in giro mi dicono che sembro proprio una "milanesina". In realtà non ho mai capito bene che cosa significhi. Forse alludono a un certo modo di vestire raffinato e poco appariscente o di parlare. In realtà le milanesi che conosco sono donne di grande energia, abili organizzatrici e molto generose, “cont el coeur in man”.
Il rapporto della donna con l’uomo contemporaneo: confronto o scontro?
Per fortuna donne e uomini sono diversi. Dunque: sì al confronto senza avere però paura dello scontro che non necessariamente è sempre negativo. Anzi, spesso, partendo da posizioni lontane, si raggiungono risultati migliori. Mio marito e io collaboriamo da anni, mi ha diretto (è regista e direttore di teatro) molte volte e non sono mancate tra noi divergenze di vedute su un personaggio o sul modo di interpretare una scena. L’importante è riuscire a trovare una nuova strada comune. Insieme abbiamo dato vita ad alcuni degli spettacoli più interessanti degli ultimi anni.
Sessualità, maternità, lavoro: tre fili che si intrecciano, confliggono o si elidono?
Riuscire a tenere in mano e gestire questi tre fili è, senza dubbio, la scommessa più difficile per una donna oggi. Non vogliamo o non possiamo rinunciare a niente: chi non si è sentita inadeguata o piena di sensi di colpa qualche volta? Io, lontana da casa, in tournée, ho vissuto anni al telefono. Credo, comunque, che il segreto sia imparare a delegare laddove sia possibile ma, soprattutto, avere un compagno comprensivo e complice.
Il volto e la maschera… ovvero come si trasforma l’identità della persona in personaggio, dell’uomo in attore?
Quando devo affrontare un personaggio penso subito a come camminerà, a come si muoverà. L’approccio è confuso ed emotivo. Procedo per illuminazioni… ma parto sempre dal testo, da quello che l’autore dice. Spesso lo associo a un animale per capire le reazioni istintive che lo fanno agire in un modo piuttosto che in un altro. Fare l’attore nasce da un’esigenza profonda, credo, dalla necessità di sentirsi amati, accettati. Gli attori sono spesso dei timidi.
Nella tua carriera teatrale hai interpretato più di sessanta personaggi, dal classico al contemporaneo, dal comico, al drammatico, al tragico: in quali ruoli ti sei maggiormente identificata?
Sono un’attrice versatile, mi piace passare dai ruoli drammatici a quelli comici o brillanti. Considero questa possibilità il privilegio più grande che offra il nostro mestiere. Certo ci sono dei personaggi che ho amato in modo particolare: La Locandiera di Carlo Goldoni, prima vera donna moderna cinica e disincantata e Geesche di * Libertà a Brema* di Rainer Werner Fassbinder, pronta a tutto, anche a uccidere, pur di ottenere, appunto, la propria libertà.
Quale premio o riconoscimento, dei tanti che hai ottenuto, ti ha dato maggiore soddisfazione?
Forse il premio Hystrio che mi è stato assegnato nel 2006 per Gassosa * di Roberto Cavosi e *Musica a richiesta di Franz Xaver Kroetz. Monologhi sulla condizione di sofferenza e solitudine di due donne, storie estreme in cui logorrea e afasia si contrappongono.
Sei attrice di teatro, cinema e televisione: che differenze ci sono?
Ho frequentato molto il palcoscenico e solo occasionalmente il cinema e la televisione. In Italia è difficile passare da un mondo all’altro, soprattutto negli ultimi anni, mentre all’estero gli attori di teatro vengono spesso utilizzati dai registi cinematografici. In realtà si tratta solo di tecniche diverse, il grumo emotivo e l’onestà con cui si comunica sono gli stessi.
Un autore o un’opera da riscoprire…
Direi Arthur Schnitzler, La contessina Mizzi. Amo molto la letteratura viennese tra Ottocento e Novecento, quando nasce la psicoanalisi con Freud e si comincia a scandagliare l’animo umano per dare delle risposte alle nostre pulsioni.
Esiste un teatro al femminile?
Da tempo sostengo che il teatro ha assolutamente bisogno della sensibilità femminile. Se è vero che sono più numerosi gli autori delle autrici è vero anche che registe e attrici hanno contribuito non poco all’innovazione del linguaggio scenico.
Ibsen, Pirandello, O’Neal: cosa ci possono dire ancora?
I grandi autori affrontano temi universali e parlano a tutti noi, per questo sopravvivono al loro tempo. Ogni epoca fa emergere in loro quello che necessita in quel momento.
C’è una tradizione teatrale ambrosiana?
Carlo Maria Maggi, Francesco Da Lemene, Carlo Porta, Cletto Arrighi, Marco Praga, Carlo Bertolazzi , Carlo Terron, Giovanni Testori sono solo le punte di diamante di una tradizione teatrale molto ricca. La produzione dialettale dopo le grandi prove de El nost Milan viene tenuta viva dalle tante compagnie amatoriali. Devo confessare che io, per esempio, quando affronto un testo nuovo traduco le battute in dialetto per trovare la spontaneità e l’immediatezza che solo il dialetto sa restituire. E’ una lingua viva, molto espressiva. Per uscire dai confini milanesi, come non ricordare il dialetto di Carlo Goldoni o di Eduardo De Filippo?
Immagina di poter ambientare una pièce teatrale nel mezzo della città : quali angoli , vie, piazze, monumenti, ambienti sceglieresti?
Certamente sceglierei il quartiere di Brera, dove vivo, con il suo dedalo di viuzze che va dall’Accademia all’ Orto Botanico fino a via Madonnina, per poi proseguire verso via Solferino e Garibaldi e arrivare ai nuovi grattacieli di Piazza Gae Aulenti. Questa è la Milano che amo, una città discreta e misteriosa in cui passato e presente si contaminano.
I tuoi progetti…
Intanto un po’ di “otium” dopo la fine della tournée della Vita che ti diedi di Pirandello conclusasi a Napoli. Ne ho bisogno per ricaricare le batterie ed essere pronta a nuove sfide. E poi si vedrà… Forse un testo di Karen Blixen.
Patrizia Milani
Ha debuttato ne L'Avaro di Molière, regia di Orazio Costa. Nel 1974 è Annabella in Peccato che sia una sgualdrina di Ford, regia di Roberto Guicciardini e Ofelia nell’Amleto diretto da Maurizio Scaparro. Sarà poi la figliastra dei Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello e Lisa ne Il Pigmalione di Shaw con Giulio Bosetti. Dal 1982 all'85 ha lavorato con il Teatro Stabile di Palermo interpretando, tra l'altro, La signorina Giulia di Strindberg e Il mercante di Venezia con Gianni Santuccio. Nel 1988 il fortunato incontro con Marco Bernardi, regista e direttore del Teatro Stabile di Bolzano, con cui inizia una lunga collaborazione. Insieme hanno dato vita ad alcuni degli spettacoli più interessanti della scena italiana degli ultimi 25 anni. Ricordiamo qualche titolo: La Locandiera e La vedova scaltra di Goldoni, Libertà a Brema di Fassbinder e Anni di piombo della von Trotta, Medea e Troiane di Euripide, Coppia aperta, quasi spalancata di Fo e Rame, L'Arialda di Testori, Il giardino dei ciliegi e Il gabbiano di Cechov , La vita che ti diedi e Ma non è una cosa seria di Pirandello, quasi sempre con Carlo Simoni. Con Paolo Bonacelli, regie sempre di Bernardi: La brigata dei cacciatori di Thomas Bernhard e Il malato immaginario di Molière. Sempre a Bolzano ma diretta da Cristina Pezzoli: Spettri di Ibsen con Fausto Paravidino, Precarie età di Maurizio Donadoni con Maria Paiato e Gassosa di Roberto Cavosi.