I recenti fatti di Parigi, dove due terroristi si sono introdotti nella redazione di un noto giornale satirico uccidendo a colpi di mitra il direttore e i principali vignettisti perché avrebbero deriso la figura di Maometto, dopo l'orrore e la costernazione iniziale hanno innescato in tutto il mondo accesi dibattiti sull'opportunità o meno di porre limiti alla libertà di stampa e in particolare alla satira, considerata universalmente massima espressione di essa.
Il problema dell'esercizio della libertà di espressione spinto fino alle estreme conseguenze è infatti un tema appassionante e drammaticamente tornato di moda poiché, complici i media che ne diffondono i proclami ovunque, per ampi strati della popolazione del pianeta animati da profonda fede religiosa, tale esercizio può sconfinare nella blasfemia. Vale allora forse la pena di fermarsi a riflettere sul principio di libertà e sui correlati che da quasi tre secoli procedono da esso: uguaglianza e fraternità, non a caso simboli unanimemente riconosciuti proprio di quel paese ferito che di tali valori, intesi laicamente, si è fatto portabandiera nel mondo. Quante volte, da allora, i vasti campi della storia sono stati spazzati dal vento impetuoso sollevato dall'anelito alla libertà e all’uguaglianza di milioni di uomini?
Con le migliori intenzioni, nel tentativo di affrancare le masse da tirannia e oppressione, venivano compiute stragi e massacri inenarrabili per poi permettere a nuovi despoti di insediarsi sui troni vacanti per infliggere oppressioni e vessazioni ancora peggiori. Questo avviene inesorabilmente quando si pongono questi concetti su di un piano politico e laico ma se considerati da un punto di vista tradizionale i principi di libertà, uguaglianza e fraternità sono i pilastri su cui dovrebbe fondarsi tutta la vicenda umana ed è proprio nella pienezza della loro espressione che si forma il perfetto uomo morale, etico e politico.
Qui per libertà non si intende ovviamente la magmatica eruzione di una personalità che cerca di imporre la sua volontà nel disprezzo dei propri simili. La libertà di cui si parla è pensiero e azione affrancati da vincoli e condizionamenti ma scrupolosamente rispettosi del limite imposto dall'altrui libertà. Questo magnifico ossimoro allude a una delle più misteriose contraddizioni della condizione umana: libera ma limitata, infinita nella finitezza; e la cifra di questo enigma è tutta nel concetto di "limite" così caro alle grandi tradizioni e così inviso alla modernità giacché questo " limes" , questo confine, non può' essere accettato se non ritenendolo tracciato da una mano non umana e come tale esigente assoluto rispetto.
Dal principio di libertà così considerato deriva l'idea di uguaglianza che non deve essere intesa come opaco livellamento dell'umanità ma come consapevolezza dell'individuo di essere uguale ai suoi simili solo nei diritti e nei doveri che il suo status di perfetto uomo morale, etico e politico gli impone. E' solo in questo ambito ristretto ma basilare che si pone il principio di uguaglianza poiché in assoluto gli uomini non sono certamente tutti uguali. I talenti che ciascuno possiede ne definiscono il criterio di distinzione e il senso del bello, il gusto e la cultura ne favoriscono l'espressione in diversa misura poiché, come dice Elemire Zolla, eminente storico e filosofo del secolo appena trascorso, l'idea dell' Essere nella sua massima perfezione è espressa dalla Tradizione e ne scaturisce "una gerarchia tra gli esseri relativi e storici fondata sul loro grado di distanza da quel punto. Essa (la Tradizione) si concreta in una serie di mezzi, sacramenti, simboli, riti, definizioni discorsive il cui fine è di sviluppare nell'uomo quella parte o facoltà o potenza o vocazione che si voglia dire, la quale lo pone in contatto con il massimo di Essere che gli sia consentito, ponendo in cima alle sua costituzione corporea o psichica lo spirito o intuizione intellettuale".
Infine la fratellanza, che costituisce il presupposto della solidarietà tra gli uomini. L'amore fraterno è infatti all'origine del sentimento che accomuna individui mossi dagli stessi ideali e in lotta per lo stesso fine e conduce alla tolleranza, alla comprensione, alla mutualità e al perdono. Ma il senso profondo e mistico della condizione di fratello non può prescindere dall'essere figli di un Padre e in un'ottica trascendente le parole divengono simboli " ...con la parola figlio è espresso l'immergersi nel sentimento di una trasfigurazione totale di ogni cosa nella beatitudine, con la parola padre questo sentimento stesso, il senso dell'eternità e della perfezione", scriveva Friedrich Nietsche alle soglie del Novecento, quel secolo breve che nato nella "morte di Dio" avrebbe visto esplodere le contraddizioni che i principi di libertà, uguaglianza e fraternità inesorabilmente recano con sé.