Un’immagine conservata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana mostra un sole nero e calante in coincidenza con la coda di un drago e vi si legge la scritta: sol in cauda draconis. L’immagine aiuta a capire i sensi spirituali del volto scuro di Gesù prossimo all’oscuro Giuda, e in controluce rispetto a un sole calante, come nell’eclisse narrata dai Vangeli nel momento della crocefissione. Nell’opera Sphera di Giovanni Sacrobosco, commentata da Cecco d’Ascoli, e letta da Leonardo, troviamo un passo che sembra aver ispirato, anche zodiacalmente, il Cenacolo nella prossimità fra la testa di Giuda, Giovanni e Pietro: “quando il capo del dragone (Giuda) si trova nel sagittario (Pietro) in congiunzione con Giove in medio cielo, e la luna (Giovanni) essendosi avvicinata a loro, si allontana verso il signore dell’ascendente, se questo va verso Giove, qualunque cosa si chiede a lui si ottiene”.
Se Giacomo è il sole, Giovanni è la luna. Il primo reagisce all’annuncio di Gesù, alla sua rivelazione del misterium iniquitatis in modo veemente, sanguigno, solare appunto, virile, mentre Giovanni si abbandona passivamente al languore mistico, spiritualmente femmineo, passivo, lunare. Non a caso questa complementarietà speculare sole/luna attorno a un Gesù sofferente, interiormente agonizzante, è presente in tutta l’arte sacra cristiana europea dai primi secoli del medioevo a tutto il rinascimento. Evangelari, reliquiari, bassorilievi, affreschi, dipinti mostrano la croce di Gesù, o Gesù crocefisso, attorniato alla sua destra dalla luna e alla sua sinistra dal sole, o viceversa. Un bellissimo esempio lo abbiamo nella Crocefissione del Bramantino a Brera. E’ l’affascinante tema della partecipazione universale al sacrificio del Figlio di Dio, dimensione che definirei della “Crocefissione cosmica”. La spiritualizzazione tipizzante di Giacomo e di Giovanni non solo quindi corrisponde ai caratteri degli apostoli quali si ricavano dai vangeli e dalle tradizioni devozionali ed ecclesiali, e dal loro precipitato nell’arte sacra, ma concorrono a potenziare la centralità della spiritualità della croce quale cuore del Cenacolo. Cuore e croce, croce e cuore: ecco il ritmo che lega in unità di perfetta armonia quell’arabesco e arazzo complesso e raffinatissimo che è il Cenacolo di Milano.
Dopo aver sviscerato le dinamiche narrative relative ai tre principali apostoli, secondo il Vangelo ma pure secondo la versione di Leonardo, facciamoci altre domande sulle relazionalità compositive che riguardano gli altri apostoli e scopriremo facilmente delle concordanze interessantissime che ci permettono di apprezzare ancor di più la genialità di questo capolavoro e del suo autore. La prima domanda quindi che siamo chiamati a porci, sempre elusa dai “professionisti del Cenacolo”, sempre respinta dalla Prima ed Eterna Repubblica dei grandi esperti, se vogliamo conoscere veramente il Cenacolo, è la seguente: che rapporto sussiste fra gli apostoli del Cenacolo e l’immaginario iconografico degli apostoli disponibile e conosciuto a fine Quattrocento? In che cosa gli apostoli di Leonardo si discostano da certi canoni iconografici tradizionali relativi alle figure apostoliche e quando invece vi corrispondono? Il codice del messaggio del Cenacolo deve corrispondere alla sua identità di arte sacra e si può apprezzare solo rispondendo a questa ragionevole domanda, dalla quale conseguono due corollari: che senso ha la sequenza degli apostoli quale la vediamo nell’opera? E ancora: i gesti, i colori delle vesti e i loro altri connotati caratterizzanti, se vi sono, che cosa vogliono dirci?
Premesso che nell’arte sacra nulla avviene a caso dobbiamo fare un previo bagno di umiltà non pensando che tutto possa essere facilmente dimostrabile con il ragionamento né pensando che, sebbene un significato debba esserci stato nelle intenzioni dei committenti, esso sia oggi reperibile. Molto è andato perso dei codici linguistici del passato dopo la tempesta dissolutiva dell’"illuminismo" e la violenta accelerazione imposta della rivoluzione industriale. Se Leonardo ha dipinto i dodici apostoli ciascuno in una certa posizione e ciascuno con almeno due colori nelle vesti, questa scelta deve essere sorretta da una logica e da una logica propria dell’arte sacra, cioè comunicante sensi spirituali cristiani. Ai grandi esperti è sfuggito l’aspetto più evidente: il cristocentrismo del Cenacolo, con Gesù che divide in due parti uguali la schiera degli apostoli deriva dall’applicazione al tema dell’Ultima Cena di un modello iconico e teologico differente: quello di Cristo Giudice e del Cristo dell’Apocalisse, come nel Giudizio Universale di Hans Memling e in quello di Giotto alla Cappella degli Scrovegni. Non si possono comprendere queste scelte se non si studia la spiritualità cristiana di fine Quattrocento, animata da correnti mistiche e messianiche, con il carisma apocalittico di un Savonarola, che converte Marsilio Ficino e drammatizza la pittura di Botticelli influenzando anche Raffaello che lo include nella Disputa del Santissimo Sacramento, con i misterici cortei romani di Mercurio da Correggio e le paure derivanti da episodi come il massacro di Otranto, l’alluvione del Tevere e congiunzioni astrali considerate nefaste. Una spiritualità che spinge verso la teatralizzazione e nel contempo l’interiorizzazione di una tensione religiosa che si vuole vivere anche emozionalmente, e dove dominano le figure femminili, spesso figlie spirituali di Savonarola come Osanna Gonzaga e Colomba da Rieti, ma pure si tratta di tempi vitalizzati da grandi sante quali Caterina da Bologna, Caterina da Genova e dal rilancio della figura di Caterina da Siena (le tre Caterine!). Né si comprende il Cenacolo senza far derivare la sia ossessione trinitaria con la sua numerologia dagli effetti immensi che ebbe il Concilio di Firenze e il conseguente revival grecista e neobizantino in tutta Italia. Pure andrebbe approfondito l’effetto sui domenicani di Milano (già assai influenzati dal Savonarola) che poteva derivare dalle opere trecentesche del domenicano tedesco Enrico Suso il quale propugnava una nuova devozione al Sacro Cuore di Gesù e una mistica affettiva e sapienziale che valorizzava l’aspetto della rinascita dell’uomo da Dio quale effetto della perenne generazione del Figlio dal Padre. Un orientamento che non cessò di continuare e che portava aspettative di un arte più affettiva, recitata, emozionale. Ecco spiegato in sintesi lo stile espressivo degli apostoli del Cenacolo.
Riguardo poi alle altre relazioni narrative fra gli apostoli a cui avevamo prima accennato basti considerare alcune scelte leonardiane assai significative a livello di incorporazioni di tradizioni popolari ed ecclesiali: Taddeo posto dopo Simone, secondo non solo una coppia vangelica ma pure la tradizione che li vedeva insieme evangelizzatori in Armenia e Persia. Ancora oggi molte chiese in tutta Italia sono dedicate ad entrambi. E basti poi considerare le posizioni simmetriche di Bartolomeo e Simone, entrambi nati a Cana, come pure l’equilibrio fra Giacomo d’Alfeo e ancora Taddeo, entrambi considerati cugini di Gesù. Ma la grandezza di Leonardo si apprezza negli innumerevoli dettagli che ci permettono di capire come tutto il dipinto sia come una sofisticatissima macchina di contrappesi tesi a raggiungere un equilibrio compositivo perfetto e mai eguagliato. Accenniamone ad alcuni: Filippo e Matteo nel rapporto di coincidentia oppositorum fra la femminea dolcezza di Filippo e il colore maschile e caldo della sua tunica, mentre al contrario Matteo ha contegno aggressivo ma compensato dal colore freddo e femminile delle sue vesti; come pure possiamo notare la presenza di numerosi elementi di amalgamazione e congiunzione come nelle mani di Giacomo d’Alfeo, nel duplice e contrapposto rivolgersi di Matteo fra le mani e il volto, nella conversazione intima e sussurrata fra Simone e Taddeo, nell’opposta e complementare assialità di Pietro e Giacomo maggiore, in Andrea statico e freddo giustapposto allo slancio fulmineo di Pietro, nel dialogo fra mano di Giacomo e mano di Pietro, nel rapporto dialettico fra gesto di Filippo e gesto di Giacomo maggiore, e nell’alternata grandezza delle terne apostoliche triangolareggianti.
Leonardo nel Cenacolo massimizza la sua cifra: coniugare moti spirituali e moti fisici, trovare l’unità fra fisicità, carnalità e dinamismo spirituale, morale, anagogico. La sua è iconologia che assorbe l’iconografia, senza negarla ma trasfigurandola, tanto che sembra evaporare, ma persiste, nel vortice della fluidificazione leonardiana. Ogni dettaglio svolge anche una funzione spaziale, architettonica, contribuendo a costruire un tessuto connettivo che è il kosmos autosufficiente della scena narrativa dipinta, come i due nodi della tovaglia (pulita ma piegata come una sindone) e i due coltelli, sotto Bartolomeo e Simone, a compensazione e controversione della fuga centrifuga prospettiva e come l’antiprospettiva delle grandezze delle quattro terne apostoliche, a compensazione della potenza dell’irradiamento centrale. La tavola richiama il mondo. Ne abbiamo ampi e celebrati esempi nei testi medioevali, anche italiani e toscani, del ciclo bretone e arturiano (la Cerca del Graal e la versione in toscano, e la storia di San Galgano). E infatti la tovaglia, con le sue sedici piegature verticali che incrociano con le tre piegature orizzontali, si apre a ventaglio irradiandosi in armonia con l’allargamento della sala e dei gruppi degli apostoli a partire dal centro della situazione: Gesù. Studiosi di cartografia antica come Claudio Piani hanno in più riprese evidenziato la visione sacrale sottesa alle mappe quattrocentesche e cinquecentesche. Sussistono analogie ad esempio fra la mappa rinascimentale di Palazzo Besta di Teglio e il dipinto del Perugino e del Ghirlandaio dedicato alla Madonna della misericordia, assai venerata in Toscana in rapporto ai mondi delle confraternite.
Si comprende come la mappa del mondo sia misticamente assimilabile al Cuore di Gesù e al Manto della Vergine. L’associazione fra corpo terrestre e corpo umano e cristico trova tracce anche negli scritti di Leonardo (lo ricorda Marani nell’opera di Fasoli, cit.) come nell’arte rinascimentale, sia “minore” che di massimo prestigio. Due luminosi esempi: l’affresco della Mappa del mondo nella saletta della creazione di Palazzo Besta in Teglio e la celeberrima Scuola di Atene di Raffaello nelle logge vaticane, nel particolare del mappamondo posto in basso a destra, dato quest’ultimo rammentatomi da Riccardo Magnani. In entrambe le opere nella raffigurazione della terra viene evidenziato in porpora il Mar rosso, come fosse una ferita in un corpo, ad esplicita citazione simbolica della ferita al costato di Gesù crocefisso. La medesima spiritualità del cuore e dell’affetto sorregge il Cenacolo. Leonardo assimila spesso il corpo umano al corpo terrestre. Leonardo era appassionato lettore di mappe stellari e di quella “astronomia simbolica” allora in voga: non solo leggeva Cecco d’Ascoli ma pure saggi più specifici quali Il Quadrante di Israele di Jacob Ben Machir ben Tibbon, La Sfera di Giovanni Sacrobosco e La Sfera di Leonardo Dati, poemetto sui simboli zodiacali e stellari. Il Cenacolo può essere visto corrisponde a una mappa stellare sia astronomica che astrologica. Il senso della lettura zodiacale e astronomica è data dal senso antiorario della mano di Giuda Taddeo, in quanto l’angolo giro dell’eclittica zodiacale si legge appunto in senso antiorario.
Ma le letture sono molteplici. Ad esempio Bartolomeo sta in piedi mentre Simone è seduto. Questo indica il levarsi delle stelle e il loro tramonto, in quanto la linea della tavola è la linea dell’orizzonte fatta coincidere con la linea dell’aurora o del crepuscolo secondo l’astrolabio, e, in altri termini, la linea mediana del circolo equatoriale o equinoziale. Tutta la struttura del Cenacolo corrisponde alla struttura dell’astrolabio. I riscontri sono numerosi. La posizione anomala di Giacomo e di Pietro corrisponde alla postura delle lancette dell’alidada e del regolo, inclinati nella loro tipica posizione a 45°. Il festone sopra Gesù reca sette fascette bianche e non otto come gli altri due festoni e questo indica le sette stelle dell’aracnea dell’astrolabio. La geometria essenziale del Cenacolo come astrolabio è indicata anche dalla lunetta a perpendicolo fra Gesù e il grande festone. Gesù divide la scena in due e così anche la tavola, inquartando lo spazio della rappresentazione come l’astrolabio che divide in quattro il proprio spazio. Non solo: la tovaglia della tavola disegna un parallelepipedo sotto la linea della tavola identico a quello presente nell’astrolabio, chiamato “squadro ad ombra”, e pure identica è la ripartizione in dodici parti, corrispondente alle dodici ore, cioè ai dodici apostoli.
Il Cenacolo visualizza in piano e linea orizzontale la rappresentazione dello spazio quale circolo astrale tipico dell’astrolabio. Tutta la struttura della scena corrisponde alla struttura tipica di ogni mappa stellare e di ogni astrolabio la quale nella sua essenza presenta tre cerchi concentrici e due croci. Anche l’articolazione del corteo apostolico in quattro gruppi di tre apostoli corrisponde alla ripartizione dello spazio dell’astrolabio in tre cerchi attraversati da una croce greca, cioè in quattro quadranti tripartiti, ciascuno dei quali presenta nove gradi, come le nove direttrici che solcano lo spazio sopra Gesù date dalle linee della stanza, delle lesene del soffitto e degli arazzi. La mappa astrale ha sempre la stessa struttura, sia che si visualizzi come il triplice quadrato degli oroscopi, sia che si visualizzi in senso circolare e piano, in sezione aurea, come nel Cenacolo. La struttura spaziale del Cenacolo è visualizzabile simbolicamente anche tramite un insieme di dodici triangoli equilateri (quattro trapezi includenti tre triangoli ciascuno) inscritti in tre quadri concentrici di cui il mediano è rotato di 90 gradi. E’ la struttura tipica degli oroscopi medioevali e rinascimentali, compresi quelli di Cecco d’Ascoli, divisi in 13 spazi, come si evince dai disegni studiati nell’opera I Guicciardini e le scienze occulte a cura di Raffaella Castagnola, nell’oroscopo di Filippo il Buono e già in Cecco d’Ascoli. L’analisi di Sabrina Sforza Galitzia sul valore profetico dell’Ultima Cena (La profezia di Leonardo, La Domenica di Repubblica, 14 marzo 2010) penso vada integrata infatti con il valore simbolico delle particolari coincidenze proprie del 1494, anno di inizio della realizzazione del capolavoro. In quell’anno infatti il Giovedì Santo cristiano coincideva con la Pasqua ebraica (il 14° di Nisan), mentre il Venerdì santo coincideva con l’equinozio di primavera.
Ci sono tre cerchi nel Cenacolo: uno quello in cui è iscrivibile la figura triangolare di Gesù, un altro dato dal prolungamento della lunetta, il disco dell’aracnea, e il terzo inscrivibile nel quadrato della parete di fondo, e tutti e tre sono ribaditi dai tre festoni. Se conduciamo una linea dallo spigolo iniziale della tavola verso il capo di Cristo vediamo che corrisponde al polo zodiacale, a un gradiente di 23,30, rispetto al cerchio astrale completo che include il festone principale, corrispondente all’inclinazione dell’eclittica. Il corteo apostolico articola così una perfetta meridiana, che si legge infatti, in una visualizzazione piana da destra a sinistra. Gesù è posto al centro dell’irradiazione dell’astrolabio. Pietro si inclina secondo il regolo del dorso, indicando l’ora dell’alba, mentre Giacomo indica l’ora del tramonto. Se consideriamo la linea delle braccia di Giacomo e la loro intersecazione con la verticale del braccio e del dito di Tommaso abbiamo la tipica postura “a sestante” dell’astrolabio. La divisione in due della figura triangolare di Giovanni allude invece all’utilizzo dell’astrolabio quale strumento di misurazione.
Bibliografia per le opere non citate nel corpo del testo:
Leonardo. L’Ultima Cena. Indagini, ricerche, restauro, a cura di Giuseppe Basile, Magia e astrologia
Il Cenacolo di Leonardo in Vaticano, Sabrina Sforza Galitzia, Libreria Editrice Vaticana, 2009
Leonardo, L'ultima Cena, Pinin Brambilla, P.C. Marani, Electa, Milano, 1999
Il Cenacolo, Art Dossier n° 146, Hoepli, C.Perdetti, 1998
Storia Letteraria d’Italia, il Quattrocento, a cura di A.Balduino, Piccin Nuova Libraria, 1992
Le filosofie del Rinascimento, Cesare Fasoli, Bruno Mondadori, 2002
Storia della spiritualità italiana, a cura di Pietro Zovatto, AAVV, Città Nuova, 2002
Le donne del Savonarola, Tamar Herzig
L’astrolabio, Paolo Trento
Il Paradiso in terra, Alessandro Scafi
Actes du colloque du mai 2007 “Saint Diè Des Vosges baptise les Ameriques” (1507-2007)
Cartografie del tempo, Daniel Rosengerg e Anthony Grafton