Il profumo chiede al fiore:
chi sa dirmi perché io esisto?
Non perderti d’animo, amico.
In un’aurora perfetta
mescolerai la tua vita
con tutta la vita e saprai
alla fine il tuo scopo
(R.Tagore)
Capita talora che i nostri occhi, avidi di cose da possedere, siano attratti dall’immagine casuale di qualcosa che cade sotto il loro sguardo e ne siano rapiti, come in un incantesimo, per la sola gioia di contemplare il bello: lo spettacolo dei fiori che ad ogni Primavera sbocciano e tornano a donarsi con la certezza di corrispondere al richiamo della vita, al desiderio pieno d’amore della Natura è uno di questi misteriosi, preziosissimi attimi in cui il mondo si svela in una sorta di ritrovata purezza, che è balsamo odoroso per curare il nostro stanco e frenetico andare, privati del tempo per vedere e per sentire, appesantiti dalla mente che calcola e controlla.
E l’anima, ancor prima dello sguardo, ne è toccata e si è indotti ad ascoltare ciò che la Terra Antenata, con il suo universo di infinitesime, cromatiche e cangianti presenze, ha ancora da dirci e da offrire ai nostri sensi.
E’ una meditazione sulle piccole cose, che hanno in sé la forza di cambiare il nostro modo di incontrare la vita, un elogio della visione silenziosa, quasi intima, un invito a lasciarsi andare alle sensazioni, un delicato ma intenso richiamo a ritrovare salutari armonie attraverso la bellezza che torna sempre a rinnovarsi nell’eterno moto di morte e rinascita. Un antidoto alla melanconia ed allo struggimento per lo scorrere inesorabile delle stagioni.
E’ uno sguardo poetico quello con cui vogliono essere osservate le creature florimorfe: amano sentirsi sfiorate da un occhio stupito, capace di scoprirne la meraviglia, di svelarne le segrete, impercettibili venature, di coglierne il miracolo con animo puro e innocente curiosità.
Ma al poeta non è dato di ammirare le cose, di rappresentarle senza infondere loro una nuova vita che vada oltre l’immagine somigliante al vero e allora bisogna lasciare che la parola segua il suo desiderio di condurci in giardini lontani, in arcani paesaggi, sui verdi prati del sogno e seguirla in quel viaggio al di là del tempo, oltre lo spazio, dove si possono udire le voci di queste figure deliziose, scoprire la vibrante sensualità dei loro corpi vestiti di fragranze inebrianti, ritrovarne il linguaggio antico che ama rime e assonanze:
Fiori che ancor sapete
dir l’amore,
fiori che al cuor date parola,
che l’anima consola
e di beltà l’accende,
fiori d’antico odor,
di luminoso incanto,
voi che trovate ascolto
e fate prezioso il sentimento …
Al cospetto di tanta meraviglia la parola si fa ‘scrittura di luce’ e, proprio come l’occhio nella fotografia, ferma le immagini di queste epifanie in forma di fiori e le ripone in un verbario, che, come gli erbari di un tempo, conserva e custodisce la parvenza della vita, ma rifugge dalla sua caducità.
Qui le parole si raccolgono, si giustappongono, anch’esse catalogate, distese sulla pagina come petali da custodire con arte e cura, per mostrarsi sub specie aeternitatis come nelle teche di una Wunderkammer, per raccontare emozioni e suscitare stupore, per ridare nuova vita a nomi e sentimenti altrimenti confinati nei paradisi perduti del “parlar d’amore”.
Non la fuggevolezza del fiore che vive nell’attimo del suo essere perfetto, ma una bellezza per sempre, la vita fermata nella sua pienezza, nell’istante che non ha passato né futuro, l’attimo presente, immutabile nell’immagine di eternità creata dalla parola che lo narra, che lo rende immortale nel disegnarne i tratti mirabili, con lo sguardo rivolto alla commovente essenzialità della pittura giapponese, ai tratti folgoranti degli ideogrammi scritti a pennello.
Così nasce il mio Azetario Floreale, un verbodramma scritto per essere detto, un’alfabetica teoria di parole e di fiori che si incontrano per creare una sinfonia di suoni e profumi. Come usciti per incantesimo dalle carte antiche sulle quali Jacopo Ligozzi colorava le loro effigi, i fiori del mio Azetario si parlano, si scambiano emozioni e saperi. Non soltanto i fiori più noti come la Rosa e il Giglio, la Tuberosa e il Tulipano che nelle Mille e una Notte gli amanti si scambiano come dichiarazione e pegno d’amore, ma anche quei preziosi e antichi fiori dimenticati come il Caprifoglio o la Gaggia, il Miosotide e la Monachella, l’Anagallide e l’Erba salamoia, la Giorgina e la Lobelia rossa, la Tremolina e l’Ossalide.
Ricostruendo rime e ritmi di un tempo perduto la voce dà corpo e anima a queste creature fragranti di misteriose essenze, ne scopre i magici poteri, le segrete proprietà, le piccole civetterie, le contempla con mistico rispetto, ne coglie le movenze seducenti, la sospirosa nostalgia di Terre lontane e gli ascoltatori, come per magia, possono sentire le loro voci e, forse, provare la gioia di riconoscerli e ricordarli così:
Amabile, intrigante e voluttuoso l’Anthurium parla di passione e fuoco,
ma sa restare altero ed impettito quando si staglia in elegante soliloquio
come fosse Signor d’un regno antico
Oh! L’eleganza dell’Acacia rosa e l’arte e il genio dell’Acanto
Non spaventarti dell’irata Acetosella con le sue quattro foglie armate di livore
Guarisce l’Achillea anche il mal d’amore
Capricciosa Bocca di leone
Borragine impetuosa
Botton di rosa bianca donato alla fanciulla
dall’ignaro virginale cuore
Quanta vanità nella Campanula, che vuol essere adulata,
frivola come la canna indiana
Dafne gentile,
Dalia, bianca di algido candore, di gialla leggerezza,
volubile Delfinio leggi nel mio cuore
Io t’amo, son ebbro d’amor racconta l’Elitropio
che dal Perù è partito
L’Erisimo è galante nel suo omaggio d’amore
L’Erica sola soletta
Nel tuo candore innocente e puro rinnovi la felicità,
di maestà risplendi : giallo bianco rosso selvatico o superbo
sei il Giglio delizioso su fenicia nave trasportato
Sul capo della sposa l’antico sacerdote t’ha posato
Presaga di effimera beltà è la Giorgina,
langue d’amore la Giunchiglia
e soffre di passione antica il rosso fiore della Granadiglia
Tu sei bella nelle corolle dell’Ibisco,
oblio d’ogni tormento della vita l’Iperico ti dona
Oh gioventù ritrosa, bianco Lillà del primo amore!
Del Loto d’Egitto ci vuole l’eloquenza
per cancellare della Limoncina la mestizia
Melo, Melograno, Menta piperita,
Mercorella, Mirto e Mimosa pudica
tutti hanno a che far con l’altalena della vita
La Ninfea ama la riservatezza, il Nontiscordardime
è tutta una dolce tenerezza
Selvaggia e pura, Orchidea fascinosa,
come femmina, madre o sposa,
creatura ambigua, di dolce amarezza odorosa,
seducente, armoniosa e avvolta di magia
Dedizione totale, perfetta simmetria
Raffinata come tazza giapponese, Elisir d’amore, d’eterna giovinezza,
donna nel tempo perduto ricercata
Brava a contar menzogne la Polmonaria
e tu, vereconda Pratolina, colma di grazie e d’innocenza
Il Pruno è la promessa, la Primula la prima giovinezza
Fiorisce la Quercia ospitale,
sotto i suoi rami si intrecciano storie di streghe e di maghe
Bella Sultana dal fascino orientale
Rosa del Bengala, rosa canina, rosa borracina, rosa muschiata,
rosa caduca e vergognosa,
bella nel pianto e nel sorriso come ritratto in posa
Come oracolo il Tarassaco si esprime
Frivola e leggiadra Tremolina,
tutta voluttà è la Tuberosa
T’amo più di me stesso, m’inebrio di Vaniglia
Verbena soffusa di malia ed incantamento
Non cader nell’inganno dello Zafferano,
animo eccelso della ritrosa Zinnia
Un bouquet di parole per accarezzare il cuore. Un viaggio nella memoria delle percezioni, un ammirato tributo all’infinita fantasia del Bello.
Un verbodramma odoroso composto per farne dono alla Contessa Consolata Pralormo che, come ogni anno, apre il suo Castello, nel cuore del Piemonte, al mirabile incanto della fioritura di 75.000 tulipani e narcisi, che schiudono l’uno dopo l’altro le loro variopinte, multiformi corolle per deliziare, nell’arco di un mese, dal 4 di Aprile al 3 di Maggio, una folla di visitatori, oltre 50.000, che possono godersi l’intero parco progettato nel XIX secolo dall’architetto di Corte Xavier Kurten, artefice dei più importanti giardini delle residenze sabaude e rendere omaggio a Messer Tulipano.
Tra gli eventi speciali che si snodano lungo l’intero arco dell’esposizione avrò il piacere e l’onore di recitare il mio Azetario Floreale e sarà nel giorno di Sabato, il 25 del mese di Aprile. Vedrà la luce la parola verbario e allungherò la vita della parola contemplazione.
A cura di SAVE THE WORDS™