In Israele il 40% della produzione agricola avviene in terreni aridi e semi-aridi. Un paese con un clima caratterizzato da scarse precipitazioni e alte temperature ha sviluppato una delle tecnologie più all’avanguardia esistenti sul pianeta per permettere ai pochi agricoltori rimasti di produrre con successo, senza preoccuparsi delle condizioni climatiche particolarmente precarie.
In passato lo stato di Israele ha attraversato, e sta tuttora attraversando, anni di conflitti culturali e politici. La popolazione, per cercare di contrastare il disequilibrio sociale, si è sempre di più frazionata in gruppi distinti, in questa maniera ha formato piccole comunità dove queste avevano la possibilità di portare avanti non solo le proprie tradizioni e credenze, ma anche la loro precaria identità. È per questo che l’agricoltura israeliana si basa sull’attività di cooperative: gruppi di contadini che lavorano terreni pubblici dati in concessione dallo stato, condividendo la maggior parte dei beni. Paradossalmente, le comunità hanno un’organizzazione tradizionale e antica, ma proprio queste caratteristiche ne hanno permesso il formidabile successo. La condivisione di macchinari agricoli altamente tecnologici per un numero elevato di persone ha permesso ai contadini di dividere i costi per poterle utilizzare.
Anche se l’agricoltura del paese pesa solo per il 2% del PIL e solo il 2% della popolazione lavora nel settore agricolo, grazie alla tecnologia impiegata, come i diversi sistemi di riciclaggio dell’acqua piovana e dell’acqua salata, ogni singolo contadino produce un quantitativo di cibo pari a poter sfamare 113 persone (The Israel Export & International Cooperation Institute). Inoltre, Israele ha sviluppato un progetto di acquacoltura (allevamento di pesci in cattività dalla nascita) che può essere messo in pratica direttamente nel deserto, così da sfruttare terreni aridi altrimenti inutilizzati, grazie alla tecnologia conosciuta come Grow Fish Anywhere.
Benché il Governo utilizzi queste tecnologie per esportare anche all’estero queste innovazioni e poterle sfruttare come una ricca risorsa economica, è bene ricordarsi che, a quanto dicono i cittadini, la situazione economica non è così rosea. La povertà è molto presente, soprattutto nelle aree rurali, dove la maggior parte degli abitanti sono donne con bambini, senza un impiego specifico e non godono di un pasto adeguato rispetto ai loro bisogni. Pare che in Israele 1,9 milioni di persone siano povere e la metà siano bambini; nonostante il Governo abbia attivato politiche sociali per cercare di contrastare l’alto tasso di povertà, molti sono gli scandali che denunciano dati truccati sulle statistiche nazionali, che invece dovrebbero tracciare un ritratto delle condizioni odierne. Un grande numero di giornalisti israeliani sostiene che la maggior parte della popolazione ha difficoltà a mantenere una casa, il cibo ha costi proibitivi, quasi il 25 % in più rispetto ai prezzi europei e 800 mila bambini vivono in situazioni precarie.
Un altro problema particolarmente grave riguarda la striscia di Gaza e il West Bank di cui il governo non si cura. I territori palestinesi sono spesso lasciati a se stessi, il tasso di povertà e disoccupazione è a livelli altissimi. Gli abitanti delle zone conquistate non hanno la possibilità di uscire ed entrare dal confine, i beni di prima necessità faticano ad arrivare, gli scambi di cibo tra la striscia di Gaza e il West Bank sono rallentati, se non inesistenti, e la popolazione è costretta a vivere all’interno dei confini, senza poter neanche credere a una possibilità futura di fuga. Lo stato israeliano non garantisce il livello minimo di benessere e le organizzazioni non governative hanno forse chiuso entrambi gli occhi.
Se da un lato questo paese si è evoluto tecnologicamente e ha cercato di risolvere problemi politico-sociali tramite l’investimento di fondi in progetti sostenibili di sviluppo e mantenimento del territorio, dall’altro le tensioni religiose continuano a investire lo stato d’Israele, che preferisce nascondere l’evidenza piuttosto che rendere noto al resto del mondo delle sue condizioni.