Un’arte spontanea, senza troppe ostentazioni culturali, nata da impulsi creativi puri e autentici, dove le preoccupazioni della concorrenza, l’acclamazione e la promozione sociale non sembrano interferire. State pensando all’Art Brut di Jean Dubuffet?
In effetti la sua arte evoca una pulsione emotiva che confluisce in una comunicazione immediata e sintetica, e la sua personalità rispecchia molto quella di un artista outsider, data la sua formazione artistica da autodidatta. “L’arte la faccio di notte, come Picasso, - beato lui! -, di giorno, lavoro in banca, e come il signor Kafka che lavorava nelle assicurazioni, mi definisco un artista un po’ complesso. Credo che, dipingendo di notte, un predominio del pensiero divergente dal classico funzionamento mentale mi assalga! I mattinieri sono più portati all’organizzazione, - sarà mica un bene che al mattino faccio banca e la notte dipingo? -”.
Un po’ come Dr. Jekyll and Mr Hyde, di giorno, in perfetta tenuta per recarsi in banca e di notte, vestito solo della sua grande passione, l’arte, Antonio Mansueto, in arte Antoh, si diverte a dipingere su tele, ma anche su grafica e allumino sagomato, soggetti surreali, a metà tra l’arte pop, il fumetto, buffo e grottesco, e l’espressionismo. Un bel mix di correnti che ben riflette il caos contemporaneo della sua vita e del mondo che lo circonda, colorato come i personaggi dei suoi quadri, a metà tra puppet e cartoons. Anche quando gli si chiede di indicare i suoi maestri, il nostro artista non ha le idee molto chiare, dato che spazia da Jeff Koons a Takashi Murakami, passando per i fiamminghi Brueghel e Bosch, e ovviamente non dimentica di citare neanche il writer statunitense Keith Haring. Naturalmente, la sua passione è nata copiando i dipinti di altri due grandi artisti, l’irrequieto Van Gogh e l’orientalista Gauguin, però si è poi perfezionata con alcuni pittori napoletani: un bella miscela di nazionalità, oltre che di pennelli!
Tranquilli però, il faro che lo ha illuminato e guidato per tutta la sua attività artistica è solamente uno e corrisponde al nome di uno dei massimi protagonisti del design, dell’arte e della grafica del XX secolo: il poliedrico Bruno Munari. Antoh lo racconta così: “Una persona pura e meravigliosa, piena di ironia, non certo un turbinante come me! Mi ero appassionato al liceo a Munari, lo avevo conosciuto per delle letture antologiche e mi ero cercato i suoi libri, Arte come Mestiere, è il mio preferito. A Milano me lo sono ritrovato cliente in banca, faceva sempre gag, si presentava con un cellulare giocattolo, all'epoca erano all'inizio e di moda, diceva continuamente - Pronto? - facendo prima squillare quella sua suoneria giocattolo! Una volta, la cassa venne spostata allo sportello a fianco, lui chiese come mai e il collega gli rispose che era uno sportello elastico. Munari sgranò gli occhi e fece con le braccia il segno dello sportello che si allarga e si restringe, facendo sorridere tutti! Approfondiva sempre il significato delle parole, era una delle sue ricerche preferite. Mi sono presentato a lui come un suo ammiratore... Abitava vicino al mio ufficio, quindi ogni tanto lo andavo a trovare, era molto gentile e ormai quasi ottantenne, mentre io avevo, forse, 25 anni. Pur non essendo un suo studente, assorbivo tutto e soprattutto ammiravo la purezza dell'uomo, soave, ironico, eppure puro e severo. La sua purezza umana mi ha fatto amare ancor più l'arte. Pochi hanno, tuttavia, il suo rigore, per me resta un faro”.
I lavori di Antoh si identificano molto con l’idea che aveva Munari per l’arte: un’esperienza fatta di azioni, gesti, dove si deve agire per meglio ricordare, interpretando tutto come un gioco. Sicuramente, il pubblico giovanile ammira molto le opere di Antoh, poiché regalano un sorriso e una spensieratezza tipica del mondo giocoso della prima infanzia: un mondo vivace, allegro, un turbinio di colori ed emozioni, che evoca e suggerisce sempre nuove interpretazioni. Anche le tematiche dei suoi quadri rispecchiano questo suo disordine e questa sua continua trasformazione: Entropica per descrivere la τροπή interna, Multiverse per avvicinare la multidimensionalità dell’universo alla complessità della società occidentale contemporanea e Archetipo- Prototipo per rappresentare la ciclicità e i cambiamenti del tempo.
Anche la sua linea pittorica, da lui definita “geometrico-grafica” si evolve sempre in qualcos’altro, combinandosi a volte con una pennellata astratta o con le varie dissonanze cromatiche, a volte spezzandosi su quell’architettura frantumata che pervade le sue opere. Il suo linguaggio, infatti, apertamente figurativo e spesso narrativo, realizza composizioni quasi “decostruttive”, dove è il caos l’elemento ordinatore. Proprio come il movimento architettonico del decostruttivismo, i suoi lavori sono caratterizzati da una geometria instabile con forme pure, disarticolate e decomposte, costituite da frammenti, volumi deformati, tagli, asimmetrie e da un'assenza di canoni estetici tradizionali. I metodi del decostruttivismo sono indirizzati a "decostruire" ciò che è costruito, una destrutturazione delle linee dritte che si inclinano senza una precisa necessità. E infatti neanche le opere di Antoh hanno una necessità precisa: nascono di notte, in preda all’estro creativo che ha da sempre accomunato i grandi artisti del Novecento. Certo, le mostre e le fiere diventano determinanti per la sua produzione, ma non costituiscono l’elemento necessario della sua creazione: “per me non sono un’occasione commerciale, ma una mostra intensiva. Durano pochi giorni a cavallo del weekend e sono visitate da decine di migliaia di persone e appassionati!”.
A coloro che vorrebbero quindi curiosare e perdersi tra le opere del suo stand, consigliamo di trascorrere un weekend tra Bergamo e Padova, e per gli amanti delle fiere internazionali, sveliamo in anteprima che subito dopo le festività pasquali, la città di Lione si animerà delle divertenti creature realizzate da Antoh!