Un film sul ventimillesimo giorno passato sulla terra. Questa è l’idea che gira intorno al film Nick Cave: 20.000 days on earth, che è passato molto rapidamente nelle sale cinematografiche italiane a fine 2014 e che a breve sarà disponibile in home video nella versione italiana con libro allegato (è prenotabile da qualche giorno su alcuni dei più popolari siti di e-commerce). L’occasione, per chi se lo fosse perso, è da prendere al volo: non solo per i fan del cantautore australiano trapiantato in Inghilterra, ma anche per chiunque sia interessato a indagare, al di là della scusa di questa giornata-tipo, una serie di temi che riguardano gli artisti in generale e le rockstar in particolare. Cominciando naturalmente dalla magia della creatività che si sprigiona quando Cave compone le sue canzoni, dal sistema di valori che ha costruito all’interno di esse, continuando fino al suo rapporto con il pubblico durante i concerti che, come sa chiunque abbia fatto parte di quella piccola folla, sprigiona un’energia carica di vibrazioni (spesso dirette alle più avvenenti spettatrici delle prime file).
L’operazione, naturalmente ideata dallo stesso Nick, è affidata sul campo a due artisti visuali britannici, Iain Forsyth e Jane Pollard, che riescono a confezionare un film apprezzabile in primis perché asciutto e pulito, senza concessioni al glamour, e questo era piuttosto ovvio vista la figura del protagonista, e alle celebrazioni a misura di fan, che invece sono sempre un rischio in prodotti di questo genere. Anche la regia e la fotografia sono curate con una certa classe, mentre dissertare sulla qualità della colonna sonora sembrerebbe perfino superfluo.
La parte più corposa del racconto che il protagonista offre di se stesso probabilmente è affidata a due artifici: una seduta dallo psicanalista e una visita al proprio archivio personale, con relativo dialogo con i responsabili che curano tutto il materiale storico che lo riguarda: filmati, fotografie, locandine, memorabilia. Nel primo caso mi hanno colpito soprattutto la già citata riflessione sul modo di interpretare le esibizioni live (e non aggiungo altro per non rovinare la visione) e il rapporto con Dio, che da sempre ha una posizione centrale nelle canzoni di Nick Cave e che è appunto Signore di quell’universo che nasce e muore all’interno dei suoi dischi. La scena dell’archivio contiene invece alcuni dei momenti più divertenti e offre l’occasione per volgere lo sguardo al passato. Passato che però viene evocato nel modo più eclatante e riuscito quando nella Jaguar del nostro compare all’improvviso Blixa Bargeld (e sarà solo una delle apparizioni su quel sedile), con il quale pare che lo stesso Cave non parlasse da undici anni, cioè da quando il chitarrista aveva abbandonato i Bad Seeds. E infatti Nick, che non aveva incontrato Blixa prima delle riprese, non resiste dal fargli una domanda diretta su questo, ottenendo una risposta che in qualche modo sembra riportare serenità tra i due.
L’ultimo episodio che voglio riportare è quello del pranzo a casa di Warren Ellis, che in un certo modo ha sostituito proprio Bargeld come colonna portante del gruppo, in cui sono i due musicisti a trasformarsi in fan mentre fanno l’apologia di Nina Simone, ricordata attraverso la partecipazione di entrambi a un suo leggendario concerto. Insomma, è possibile che chi si aspetta fuochi d’artificio, sregolatezze o scatti d’ira divistici, resti deluso di fronte all’uomo elegante che guida con calma la sua berlina in mezzo alla campagna inglese, cammina per Brighton, attende diligente nella sala d’aspetto dello psicanalista o illustra le diapositive all’archivio con una bacchetta stile meteorologo. Personalmente proprio questo tono misurato, che mira senza svolazzamenti a chiarire alcuni aspetti della vita di un artista che possono essere di qualche giustificato interesse per i suoi estimatori, è ciò che mi ha conquistato. La musica naturalmente non manca, quasi interamente riferita alle canzoni di Push the sky away, l’ultimo album, e recentemente è stato pubblicato un vinile 45 giri con due brani contenuti proprio nella colonna sonora del film Give us a kiss/Jubilee Street, che è già al sicuro sul mio scaffale.
Immagini sottostanti tratte dal film Nick Cave: 20.000 days on earth