I tagli sulla spesa farmaceutica possono essere dannosi, in termini di salute, sui cittadini. Sembra un'affermazione eccessiva ma sintetizza una situazione complessa che andiamo ad analizzare.
L'Italia è la nazione europea con la spesa più elevata dei ticket sui medicinali. Per una spesa di 24 euro sostenuta con la presentazione la ricetta del medico del SSN, 9 euro sono di tasse e 15 euro sono di differenza tra la spesa del farmaco acquistato e quello del prezzo dell'equivalente. Questa compartecipazione alla spesa del medicinale da parte del cittadino deve essere calmierata non attraverso una prescrizione selvaggia del principio attivo di varia provenienza farmaceutica che porta al disorientamento del paziente, ma attraverso un sostenuto contributo dello Stato al settore.
Mi spiego meglio. Un medicinale è composto da uno o più principi attivi e da uno o più eccipienti, il principio attivo è quella molecola che ha attività terapeutica mentre l'eccipiente è un veicolante della prima. Gli eccipienti sono inerti, cioè non hanno alcuna attività curativa, ma sono importanti da conoscere poiché possono essere rappresentati dal lattosio o dai parabeni che provocano reazioni in soggetti intolleranti o sensibili e altri come il saccarosio da evitare in pazienti con il diabete.
Il medicinale equivalente è un prodotto farmaceutico che contiene lo o gli stessi principi attivi di quello “di marca” ma è prodotto da altre industrie farmaceutiche le quali hanno rilevato il brevetto scaduto dall'industria che lo ha prodotto in primis. L’Italia ha emanato il decreto legislativo del 24 aprile 2006, n. 219, in questo decreto, la definizione di equivalente (generico) è riportata nell’articolo 10, comma 5, lettera b. L’articolo definisce il medicinale generico come “un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità”.
Il farmaco equivalente deve rispondere in sostanza alle tre regole di base: la stessa composizione qualitativa; la stessa quantità di sostanza attiva; la stessa forma farmaceutica. L'unica differenza tra il farmaco originale e l'equivalente è il nome; il primo riporta il nome registrato che lo rende riconoscibile e l'altro ha il nome identificato dalla denominazione comune internazionale (DCI) del principio attivo, seguito dal nome dell’azienda. Un medicinale equivalente può avere prezzi molto competitivi rispetto all’azienda titolare del prodotto di marca, fino al 20% in meno, perché per la messa in commercio non si devono investire risorse nella ricerca, non si devono condurre studi preclinici e studi clinici. Pertanto il medicinale equivalente costituisce un vantaggio per il SSN, dal momento che le quote di denaro pubblico risparmiate per il rimborso dei farmaci generici possono essere spostate a favore della ricerca dei farmaci innovativi.
Però, esiste un però, ha anche aspetti negativi a volte dannosi sulla persona. Pensiamo agli anziani (rappresentano circa il 66% dei consumatori dei farmaci) che seguono cure croniche e che da anni acquistano lo stesso farmaco con lo stesso nome, con la stessa scatola, con lo stesso colore e si recano in farmacia dove si vedono vendere, a discrezione del farmacista, ogni volta un generico diverso, con nomi diversi, scatole diverse e colori diversi, cosa accade? Può succedere che questi, vedendo confezioni diverse in casa li reputino farmaci diversi e li assumano più di una volta al giorno, oppure può accadere che confondano il proprio farmaco con quello di un familiare e quindi non assumerlo non riconoscendo la scatola.
Pertanto ha senso ed è conveniente prescrivere il farmaco alternativo “low cost” in caso di interventi farmacologici acuti o di nuovo inizio e che rimanga però lo stesso in caso di continuità della cura, non a discrezione del farmacista che invece ogni volta rilascia equivalenti differenti. Come ha senso permettere agli anziani di non fare errori durante l'assunzione dei loro farmaci di uso cronico, con prescrizioni mediche riportanti il nome del principio attivo, della ditta produttrice, integrata dalla scritta “non sostituibile”. Pertanto ben venga il risparmio ma non sulla pelle del consumatore.