Nato a Verbania nel 1980, laureato in Fisioterapia nel 2004 e con al suo attivo diverse mostre in Italia e all’estero, Samuele Papiro porta avanti una ricerca improntata sui concetti di corpo fisico e relazione, utilizzando diversi media - disegno, pittura, fotografia, installazione – per sottolineare come il Noi prevalga sul concetto di Io, e come l’Io sia un’illusione paradigmatica e il vero agire sia solo nella Relazione. Scrivo segni. Dono sensi. Trasporto significati: è questo l’aforisma che Samuele utilizza per riassumere il suo essere al mondo.
Chi è Samuele Papiro?
Io sono la risultante dei miei Noi.
Cosa, del mondo che ti circonda, attrae la tua attenzione e cosa riesce ad avere un effetto tale da influenzare la tua ricerca artistica?
La natura in quanto ente organizzato e strutturato che crea individualità in grado di percepirsi ed essere consapevoli. La Natura in quanto Ente totale in continuo Divenire e della relazione che l’essere umano sente di avere con questo stormo di cui fa parte. Questo lo percepisco in ogni angolo di mondo.
Qual è il pensiero/progetto che sta dietro le tue opere: il tuo lavoro nasce dall’impulso che segue a un’idea o a una necessità? C’è un filo conduttore tra le tematiche affrontate nelle tue opere?
C’è una necessità di significato. Ogni azione umana è fatta per modificare un valore materiale o simbolico al fine di mantenere la nostra vita. La quale, come esseri umani, non è data solo dal mantenimento biologico ma anche dalla ricerca di significato del nostro agire stesso. Meta - comunichiamo a noi stessi. Ovvero cerchiamo una Verità. Attraverso una conoscenza, che è una risultante maggiore della sola informazione, non è il sapere una cosa. Il filo conduttore delle mie opere è il concetto di Relazione, di Noi, narro la narrazione. Le mie opere vere sono un’insieme di elementi che possono essere presi come separati ma che insieme assumono un significato altro. Mi ripeto: una risultante. Prima partivo da necessità più personali – espressive. Ora la mia necessità credo sia arte se la mia narrazione personale incontra la Narrazione Storica. Questo credo debba valere per tutti. O meglio è quello che fino ad ora abbiamo considerato Arte. In questo Noi come cornice superiore, la domanda è: cosa non conosco? Cosa non vedo? Cosa si nasconde? Cosa è stratificato e cosa è stato cancellato? Cosa ignoro di sapere? Quest’ultima domanda è una domanda filosoficamente fondamentale, perché siamo agiti dal linguaggio e l'arte cerca di non essere solo agita ma di diventare linguaggio a sua volta, non ha a che fare con i fatti ma con gli eventi, perché la cornice di significato con la quale arriviamo all'opera, al momento della relazione con essa, si rompe e se ne crea un'altra. Questa è la sensazione che sentiamo quando ci troviamo di fronte a una vera poiesis.
Che approccio hai con la “materia” per arrivare agli aspetti contenutistici e concettuali delle tue opere?
Io sono un fisioterapista. La mia materia è il corpo che percepisco come vivo. Praticamente una mente in atto. Da questa esperienza astraggo e incontro la materia che produce le opere partendo da elementi molto semplici: carta, grafite, inchiostro, spilli e vetro. E' materiale l'azione mia o quella che chiedo agli altri. È sempre gestuale il mio lavoro anche quando sembra concettuale.
Nella resa finale di un progetto artistico quanto peso hanno la pianificazione e la ricerca e quanto è imputabile, invece, all’imprevedibilità?
C’è una lucidità di pensiero quasi folle, e questo vale per l’Organizzazione e c’è una parte completamente casuale che è rivolta alla Struttura. Questa separazione tra Organizzazione e Struttura la prendo dal pensiero epistemologico di Maturana e Varela e il loro concetto di autopoiesi. Per spiegarmi ti faccio l’esempio dell’albero. L’organizzazione dell’albero è: radici, tronco, rami, foglie. La struttura è ciò che cambia: le foglie che cambiano, i rami che crescono, ecc. Praticamente la struttura si modifica perché l’organizzazione continui ad esistere. Posso tagliare un ramo, due, etc. ma se li taglio tutti e non permetto la fotosintesi, l’albero non è più un albero. Nella vita c’è sempre un incontro tra la nostra intenzione e il divenire. Tra necessità e libertà. Quando sono in pieno flusso necessità e libertà sono parallele e io viaggio. Creo. Esisto. Divengo.
C come consapevolezza, M come memoria, P come persona... che significato hanno queste parole nella tua ricerca artistica?
La consapevolezza è ciò che cerco ed è ciò che una volta acquisita ti richiede di cercarne ancora. Consapevolezza vuol dire agire secondo una conoscenza. Se tu fumi e sai che ti fa male non sei consapevole che ti fa male. L’arte è un processo di ricerca di consapevolezza personale e collettiva. Memoria insieme con Immaginazione, creano la realtà e parafrasando Perniola sono il motore per una Conoscenza vera. Siamo in un’epoca dove sembra importante comunicare. Invece è importante conoscere e come dice Perniola, queste due cose sono opposte. Infatti la comunicazione è il limite del pensiero occidentale, la dialettica. La comunicazione cerca di esaurirsi. Il vero e il falso, il bene e il male. Crediamo che tutto si possa ridurre a due categorie. La Narrazione reale permette di oltrepassare questa dualità, perché non finisce ma opera. Informa il mondo e lo trasforma. Si inserisce nel tempo. Fino a poco tempo fa Persona era un termine che associavo a maschera, pensando fosse un termine greco e lo trovavo inquietante, poi ho scoperto che la radice etrusca per-sonar, per suonare e questo mi ha aperto un mondo, perché la voce è un mezzo che trovo straordinario per potenza e capacità di esaurirsi. La musica dopotutto e l'arte dove forma e contenuto coincidono. E i primi greci filosofeggiavano e narravano i miti cantando. Comunque è importante per me il concetto di individuo che si associa a respons-abilità. Questo dovremmo poterlo essere tutti.
Se ti chiedo di rivolgere la tua attenzione dal cosa ricordi (il contenuto di una determinata esperienza) al come la ricordi:
• ricordi soprattutto le sensazioni?
• oppure è più forte il ricordo dei colori?
• ricordi soprattutto le voci o i suoni o il silenzio?
• oppure il volto delle persone?
• il profumo o l'odore di qualcosa in particolare?
• altro?
L’odore è anche biologicamente parlando il senso più legato alla memoria. Ricordo molto anche le immagini e le sensazioni viscerali. Quale dei cinque sensi utilizzi più frequentemente, più volentieri e con più familiarità quando lavori? Il tatto è l’unico senso bidirezionale, non puoi toccare senza essere toccato e poi è il senso che permette la spiegazione dei restanti. Il vero senso è l’azione che permette la Risultante dei diversi sensi. Artisticamente credo che la parte visiva si imponga per quanto riguarda le mie opere, anche se non tutte si possono vedere nell’insieme. Faccio notare che i sensi biologici sono molti di più, i 5 sensi sono per l’esattezza i sensi maggiori. Aristotelici.
Quali delle tue opere ci proporresti come punti di snodo fondamentali nel tuo percorso?
Are you here? – un work in progress, di spilli che sono infilzati, in diversi luoghi, tra cui in modo non legale, in alcuni musei anche famosi come il Centre Pompidou e il Louvre. È un’opera formata di diversi spilli con sotto una scritta: are you here? Solitamente sulle mappe c’è scritto. You are here. Ma è una mappa. Io cerco di chiedermi dove è il territorio, il reale al quale non ho accesso. E forse ho un accesso con una domanda e l’azione fisica del muovermi e creare. Stormo – 1832 – disegni – uno per ogni settimana della mia vita, da quando sono stato concepito all’ultima esposizione. Cresce. Muta. Cambia forma. Analisi e sintesi.
Quali sono le “sfide” che proponi a te stesso come artista? Come continui a sperimentare?
Io penso che posso essere un artista se la mia ricerca influenza la consapevolezza altrui. È una sfida perché necessito di fare ma non conosco la conseguenza. Mi si chiede una responsabilità di azione. Il divenire avviene nonostante la mia scelta, eppure la mia scelta è richiesta. E’ libertà, quindi amore. Perché amore si manifesta solo in una condizione di libertà.
Cosa vuoi che le tue opere dicano a te stesso e a chi le osserva?
Quando io vedo un’opera di qualcun altro, mi commuovo e quel commuovermi deriva dal fatto che riconosco che un altro essere umano ha ricercato se stesso e nella sua ricerca personale ha dato un elemento a me per continuare a ricercare io. Mi fa sentire umano. L’arte è un processo, nulla è stato concluso. Cambiano i tempi e oggi, alla fine del post-moderno, qualcuno deve pur dire che non si può dir tutto. C’è bisogno di spostarsi e creare un paradigma nuovo. L’arte ha svolto una funzione perché serve per attribuire significato. Ora la sta avendo? Per quanto mi riguarda posso solo meta-comunicare e quindi parlo dell’arte. Non sono citazioni. Sono archeologia di un pensiero, per renderlo operativo in me, devo riconoscerlo. Anche se è morto. Tento un percorso speculare a quello di Duchamp. Perché è con lui che intellettualmente un qualsiasi artista contemporaneo deve farci i conti.
Quali sono le motivazioni, le spinte, i condizionamenti, i limiti e le conseguenze di essere un artista oggi?
Io vedo tanti ego che vogliono dire qualcosa e mi ci metto pure io. Ma credo che la motivazione profonda debba essere la relazione con gli altri che non vuol dire il riconoscimento che la tua espressione è valida o che la vendita della tua opera ti permetta uno statuto sociale. Io parto da un concetto chiaro, Istanza di qualità. Infatti espongo pochissimo perché percepisco da me che spesso ho creato qualcosa che non aggiungeva qualità al mondo. Siamo esseri umani in relazione, quando quello che agiamo nel mondo ha un valore di qualità per l’Altro, allora ha senso. Se no siamo tanti Io a dire m-io mio mio. Pulcini.
A che cosa può aprirsi il mondo attraverso l’arte?
A una consapevolezza maggiore.
Quanto può essere utile oggi a un artista esporre in un determinato contesto? E quanto può essere utile il loro passaggio al contesto che li accoglie?
Il contesto è significativo sempre, per ogni espressione. Ogni contesto ha dei codici da rispettare, però siamo al punto di rottura, dove le categorie con le quali vediamo il mondo sono bloccate, è ora di crearne di nuove, non buttando le vecchie ma collegando tra di loro ambiti che sembrano separati. Questo permette a delle Classi di diventare elementi di una Classe maggiore. Il livello di informazione che passa attraverso diventa di un grado maggiore di rilevanza. Ecco che qui entra Duchamp e i limiti di ogni espressione artistica contemporanea. Il postmoderno è morto. Noi siamo altro. Solo che non è ancora visibile tramite un’opera d’arte.
Che progetti hai in cantiere?
S(p)eculum attraverso la Storia dell’arte come un archivio della storia, frammenti di un passato che raccolgo.
[Pharmakos] pharmakeia-pharmakon-pharmakeus è la dichiarazione di come l’uomo si ammala e guarisce secondo le proprie credenze e scelte e della sua incapacità di vedere ciò che lo rende cieco. Possibilità attuabile solo attraverso la relazione.
Dai la risposta alla domanda che volevi io ti facessi e che non ti ho fatto...
Per me io e te siamo una possibilità per te e per me. Ed è il cuore e il riconoscimento come esseri doloranti e senzienti che mi unisce a te per essere me. Questo vale per chi scelgo accanto, in Flavia riconosco una persona che può comprendermi perché si è posta la domanda ... chi è Samuele? Senza formularla e io di questo ti sono grato. Questa è la risposta alla domanda che tu non mi hai fatto: chi sono io per te? Domanda che ritengo che sia sempre da fare. Chi siamo noi?
Per maggiori informazioni:
http://samuelepapiro.tumblr.com/
Immagini sottostanti:
Frammenti di opere, 2014, tecnica mista