David Crosby è un mito del rock. E’ sulla scena da mezzo secolo, ne ha passate di tutti i colori, è sopravvissuto, come ha raccontato a Mojo qualche mese fa, a tre malattie potenzialmente mortali, e tra pochi giorni sarà in Italia per tre date di un tour solista, che passerà da Roma, Lucca e Como, rispettivamente il 6, 9 e 10 dicembre. Naturalmente a Lucca ci sarò anch’io, e il bellissimo teatro del Giglio, lo stesso in cui ho visto e sentito Marianne Faithfull a ottobre, è andato esaurito molti mesi fa, poche ore dopo l’apertura delle prevendite. Probabilmente nessuno, a cominciare dagli organizzatori, se lo aspettava, anche perché l’ultimo passaggio di Crosby in città, insieme a Nash e Stills, risale a quattro anni fa, non propriamente un secolo.
Per spiegare questo exploit, alla storia personale del fondatore dei Byrds, che oltre alla carriera solista è stato ovviamente vertice del triangolo con Stephen Stills e Graham Nash prima e colonna del quartetto con Neil Young dopo, va aggiunto l’ottimo risultato dell’album uscito all’inizio del 2014, Croz, che lo ha riportato, oltre che nei negozi con una novità dopo undici anni, sulla bocca e nella mente di tanti appassionati. Che hanno ascoltato il disco, lo hanno comprato (per quel poco che si compra nel 2014), ne hanno parlato, e sono corsi a prenotare i biglietti per questi live. Per la serata di Como c’è ancora, mentre scrivo, qualche posto libero, quindi fate in tempo a conquistare una poltroncina, e ve lo consiglio sulla fiducia.
Croz è un disco maturo (e non potrebbe essere altrimenti visto che l’autore è nato nel 1941), che alterna momenti di cantautorato folk-rock di ottima fattura ad altri (Holding On To Nothing con la tromba di Wynton Marsalis) in cui le influenze jazz si fanno spazio e danno un surplus di libertà espressiva. La voce di David è segnata dagli anni in modo naturale, ma è ancora valida. Quello che sognano i fans, naturalmente, è una reunion che comprenda anche Neil Young, che, stuzzicato più volte sull’argomento, non sembra avere in programma questa mossa in tempi brevi, continuando ad alternare produzioni solitarie a dischi e tour con i Crazy Horse. Nel 2014 però è uscito lo splendido cofanetto-testimonianza del tour del 1974 marcato CSN&Y, costellato di perle, tra cui spicca la celebre composizione di Crosby, “Almost Cut My Hair”, uno dei pezzi più amati in assoluto del quartetto, premiata da una performance strepitosa dell’autore.
Tra i capolavori della carriera ci sono naturalmente i dischi dei Byrds usciti tra il 1965 e il 1967, anno in cui Crosby lasciò la band: Mr Tambourine Man, Turn, Turn Turn!, Fifth Dimension e Younger Than Yesterday. Il 1971 invece è l’anno dell’esordio solista, If I Could Only Remember My Name, all’epoca bocciato da una critica cieca, che vedeva la partecipazione di una lista infinita di stelle, cominciando dagli stessi Stills, Nash e Young, passando Joni Mitchell, per Jack Casady, Paul Kantner, Jorma Kaukonen e Grace Slick dei Jefferson Airplane e arrivando fino a Jerry Garcia, Mickey Hart e Phil Lesh dei Grateful Dead, tanto per citare qualche nome.
Da quel primo Lp a nome suo, che non può mancare in nessuna collezione rispettabile, sono passati quarantatré anni, gli stessi che ho io, e per dargli un seguito il nostro ci mise quasi un ventennio. La discografia in studio vede soltanto altri tre titoli: Oh Yes I Can del 1989, Thounsand Roads del 1993 e appunto Croz del 2014, pubblicato a ventun anni di distanza dal predecessore. Insomma, la dimensione solista non è mai stata quella in cui Crosby si è sentito più a suo agio, e anche per questo i concerti di fine autunno sono particolarmente attesi. Del resto David nella stessa intervista in cui si definiva una specie di sopravvissuto, aveva spiegato: “Ho intenzione di sfruttare i pochi anni che mi rimangono per suonare e cantare meglio che posso”. Che dire? Buon lavoro, e prenditela comoda, Croz.