Anche se gli avevo detto di non farlo, quando la pendola del salotto ha suonato la mezzanotte mio marito lo ha fatto lo stesso: si è mangiato un Uovo di Pasqua la Notte di Natale. Mio marito, è un tale bontempone! Gli va sempre di scherzare, e di inventarsi qualche trovata stravagante... Così, due giorni prima della Notte di Natale è sceso alla pasticceria qui sotto all’angolo della strada e si è fatto preparare un gigantesco uovo di cioccolato fondente. Quando dico gigantesco voglio dire che l’Uovo di Pasqua era alto e largo quasi quanto il nostro Albero di Natale. Quando la pendola ha suonato mio marito in soggiorno ha cominciato a mangiarsi l’uovo davanti all’albero con sotto il presepe. Io ho assistito alla scena. In una decina di minuti s'è spazzolato l’uovo mentre mi chiedeva se volevo assaggiare, e io a dirgli no, tu guarda, questo sessantenne di un marito che mi ritrovo, e quando ha finito, gli ho detto che era il solito cretino, e a letto. Non fosse che mio marito è titolare di quattro industrie, cinque case di proprietà, tre automobili, e più o meno dal primo giorno di matrimonio mi stacca assegni per la borsetta da urlo che ho visto in quella vetrina, per la cintura da febbre che ho notato in quel negozio, e per ogni cosa che vedo e che desidero, e va bene, non è che mi stacca assegni, ho la carta di credito, ma è sua, ed è rifornita da lui, da mio marito, bene, se non fosse per questo, magari sarei più fredda riguardo certe sue stranezze, mi importerebbe meno. Invece, gli ho detto cretino, e a letto. Comunque, è stato così che mio marito è diventato Babbo Natale.
Adesso, col senno di poi, mi dico, magari è stato meglio così. Voglio dire, e se mio marito fosse diventato Gesù Bambino? Quando il giorno seguente si è svegliato aveva la pancia che era il doppio della sera precedente. Mio marito, non è stato mai un figurino – è troppo goloso per esserlo. Però adesso era proprio un trippone. Sembrava una mongolfiera – sembrava che la sera prima avesse inghiottito l’uovo gigantesco in un boccone senza masticarlo. Siamo subito usciti a far due passi, anche se erano soltanto le nove del mattino, faceva un freddo becco, e mio marito quasi non entrava più nel cappotto. Mentre passeggiavamo per smaltire, e io gli davo del cretino, ho notato che sulla faccia gli era spuntata una barbaccia grigio-bianca. Il giorno prima mio marito aveva le guance lisce e morbide come quelle di un neonato. Ma adesso… Da dove gli veniva quella barbaccia nodosa, cespugliosa? Cosa stava capitando a mio marito?! Allora siamo subito rientrati in casa, ho preso un forbicione, e non il rasoio, che non sarebbe bastato, e ho cominciato a tagliare. Dovevo usare tutte e due le mani: i peli sembravano fili metallici. Mio marito, colla sua barbona, se la rideva. Mi diceva di stare calma, che era solo qualche pelo. Che non stava succedendo niente di male. Che anzi lui si sentiva meglio. Il giorno successivo, però, mi sono resa conto che mio marito si era trasformato proprio sul serio in Babbo Natale.
Non solo la barba, che gli arrivava fino al petto, e la trippona, che gli arrivava fino alle ginocchia, ma il giorno successivo anche i capelli erano diventati bianchissimi, e insomma dopo trent'anni di matrimonio per la prima volta mi sembrava proprio di aver sposato Tolstoj o magari… Dio. Ma non è la trasformazione fisica. Non sono le braccione che adesso mio marito si ritrovava. O le cosce monumentali. Non è quello. Mi ha spaventato, invece, quando siamo usciti di casa. E' lì che ho capito di avere avuto al fianco Babbo Natale. Mio marito e io siamo entrati in un negozio di giocattoli e qui lui ha comprato praticamente tutto. Ha messo i giocattoli in un saccone che l’esterrefatto e contentissimo negoziante gli ha procurato, e sbadabum!, ci siamo arrovesciati per la strada, con mio marito a regalare doni a tutti – anche agl’altri Babbi Natale (erano cinque o sei) sparpagliati agl’angoli delle vie. Nei giorni successivi, poi, mio marito è anche peggiorato – se così si può dire. La sua generosità è arrivata a livelli vertiginosi. Così ha regalato le tre automobili, le cinque case di proprietà (anzi, per fortuna, solo quattro) e le quattro industrie, e la borsetta da urlo, e la cintura da febbre, capperi e scovolino, quello andava regalando proprio tutto a tutti, e io gli dicevo cretino, cretino, cretino! Ma lui, mica si preoccupava di quel che dicevo! No, macché! Lui era Babbo Natale, e Babbo Natale regala, Babbo Natale dona, Babbo Natale è generoso, Babbo Natale… manda sul lastrico i suoi famigliari e quelli che vivono con lui! Non sapete la fatica che ho fatto a non fargli regalare la sola casa che ci era rimasta, in gran parte svuotata dei mobili, che mio marito babbone aveva sregalato di qua e di là.
Risparmio altri dettagli (in pratica per sei mesi appena aveva in mano una cosa mio marito correva a regalarla a qualcuno e aveva così tanto il vizio che arrivava a rubarmi le cose per regalarle ad altri – anche perché sosteneva che di mio non avessi niente, e che le cose mie non fossero mie ma sue, e che lui non rubava niente – e lo stesso ha sostenuto con i nostri due figli e… tre cugini e due amici), fatto sta che consultandomi con diversi maghi, un’indovina, e una veggente della Val d’Aosta che a tre anni aveva visto lo spirito di San Nicola apparirle alla barriera dell’autostrada Torino Piacenza, ho provato con una soluzione piuttosto ovvia ma che in qualche modo ha funzionato. Sì, la soluzione era: così come un Uovo di Pasqua aveva fatto diventare mio marito Babbo Natale, un Panettone di Natale avrebbe fatto tornare mio marito mio marito. Allora La Vigilia di Pasqua ho fatto preparare dalla pasticceria all’angolo un Panettone di Natale delle stesse dimensioni dell’Uovo di Pasqua e allo scoccare della mezzanotte ho costretto mio marito a mangiarlo fino all’ultima briciola. Quando ha finito, gli ho dato del cretino, e a letto. Il giorno successivo mi sono ritrovato davanti un gigantesco uccellaccio bianco che sbatteva le ali, si spiumacciava e mi mandava benedizioni. Era mio marito: che da Babbo Natale anziché tornare come prima si era trasformato nella Colomba Di Pasqua. Col senno di poi, la cosa non mi è così dispiaciuta. Perlomeno da quando è successa questa nuova trasformazione mio marito non va più in giro a regalare agl’altri i suoi averi – e quelli di sua moglie, dei suoi figli, dei suoi cugini e degli amici. E poi ho fatto preparare una gabbia e ce l'ho ficcato dentro, e tenermi il marito in gabbia non mi dispiace, non mi dispiace per niente, e mi sa proprio che me lo terrò così. Anche col becco chiuso, magari. Per sempre.
Tratto dall’antologia La parola possibile. Voci della narrativa in provincia di Alessandria. Edizioni Puntoacapo.