Chi si reca al Cairo pensa subito al museo egizio, alle piramidi di Giza, alla cittadella, alla vita caotica, al suk (mercato) di Khan al-Khalili o ai locali notturni in riva al Nilo come il suggestivo Sequoia. Pochi tra i turisti occidentali s’immaginano che nella città che conta 17 milioni di abitanti e uno tra i più bassi valori di superficie a verde per abitante, sorga un meraviglioso e grandissimo giardino pubblico. Si tratta dell’Al-Azhar Park realizzato tra il 1997 e il 2006 dall’Aga Kahn Trust For Culture. La realizzazione del grande parco, però, non è fine e se stessa ma rientra in un programma d’interventi che ha, allo stesso tempo, funzioni sociali e culturali. Per capire perché è sorto al Cairo questo grande parco e quali valori aggiunti ha, è necessario illustrare brevemente che finalità ha “Aga Kahn Trust For Culture” e qual’è il contesto in cui opera.
Gli scopi del Trust, fondato nel 1988, come scrive Sua Altezza l’Aga Kahn nel breve saggio “Sul ruolo della cultura nello sviluppo”, sono quelli di fare leva “sul potere modificatorio della cultura per sviluppare le condizioni socio-economiche prevalenti in molte comunità islamiche che spesso hanno un ricco patrimonio culturale ma che vivono in povertà”. Nel 1992 fu dato avvio all’ “Aga Khan Historic Cities Programme” o AKHCP (Programma Aga Kahn per le Città Storiche) che ha come obiettivo “il restauro di strutture storiche, il miglioramento degli spazi pubblici, il ripristino di aree urbane per avviare lo sviluppo sociale, economico e culturale all’interno delle comunità nelle quali i musulmani hanno una significativa presenza”.
L’area in cui sorge il parco Al-Azhar, la zona di Darb al-Ahmar, era una delle più infelici del Cairo in quanto ospitava, da circa 500 anni, una discarica a cielo aperto che si è progressivamente incrementata sino all’intervento dell’Aga Kahn Trust For Culture. L’area veniva indicata come “fisicamente e socialmente depressa”. Il sito è una sorta di grande collina posta in una situazione strategica del Cairo: da essa si possono osservare diversi punti topici (“landmarks”) della città: i minareti della moschea del sultano Assan, la cittadella fatta edificare da Salah al-Din (noto in Italia come il “feroce Saladino”) e la mamelucca “Città della Morte” un inusitato cimitero abitato. Nelle giornate con aria limpida è pure possibile vedere il profilo della piramidi di Giza.
Durante i lavori di rimozione dei rifiuti, più di 1.300.000 mc, è ricomparsa la presenza di un tratto (1,5 km) del “muro Ayyubid”, facente parte delle fortificazioni difensive della città, costruito tra il XII e il XIII secolo. Sepolto sotto l’immondizia è stato perfettamente recuperato grazie all’intervento di scavo e restauro. Il parco Al-Azhar è stato realizzato dopo un serie di lunghi lavori preparatori, oltre alla bonifica della discarica si sono avuti interventi idraulici, per assicurare un adeguato approvvigionamento idrico non solo alla vegetazione ma anche alla città. Sono state infatti realizzate tre grandi cisterne destinate ad integrare l’approvvigionamento idrico del Cairo, e interventi agronomici per modificare il terreno le cui caratteristiche fisico-chimiche originarie erano abbastanza estreme. In particolare la scarsa presenza di elementi minerali e, soprattutto, alti valori di calcare e salinità, con valori di pH compresi tra 7,2 e 8,5 hanno portato ad effettuare interventi migliorativi al terreno consistenti in irrigazione per allontanare i sali, e apporto di sabbia, terreno agrario, gesso per abbassare il pH ed elementi nutritivi. In questo modo si è cercato di evitare di limitare la scelta vegetale alle specie tolleranti la siccità e l’alcalinità, al fine di ottenere, dal punto di vista paesaggistico, una maggiore varietà di piante presenti. Si sono poi effettuati diversi test di “acclimatazione” per verificare quali piante erano in grado di tollerare le condizioni pedoclimatiche del sito. A questo proposito un accordo con l’Università americana al Cairo ha consentito di individuare e testare numerose piante, in buona parte caratterizzanti la flora dell’Egitto.
Il progetto generale dell’area è stato affidato allo studio Sasaki Associated di Boston che ha preso come punto di riferimento le varie declinazioni del giardino islamico sulle quali ha sovrapposto elementi del giardino paesaggistico occidentale. Il parco si struttura su un grande asse formale che dall’altura posta a nord, ove è collocato un lussuoso ristorante (“hilltop restaurant”) in stile fatimida (dal 969 al1171) e un Bazaar, si indirizza verso sud per concludersi in un grande lago dal quale si traguarda otticamente la cittadella medievale. Una sapiente modellazione del terreno ha creato una serie di visuali prospettiche che consentono di osservare i principali siti della città antica; al tempo stesso, ha determinato una notevole articolazione degli spazi interni del parco, che si scoprono a mano a mano si procede nella visita. Agli occhi di un occidentale la parte che maggiormente cattura l’attenzione è quella in cui il giardino islamico viene modernamente reinterpretato.
L’acqua, elemento essenziale, è presente sotto forma di un canale d’acqua che segna il percorso costellato di di vasche e fontane che a mano a mano, discendono verso il grande lago, di forma irregolare. Sulla grande spianata posta sotto il ristorante si ha un giardino formale il cui disegno riproduce gli articolati disegni geometrici ispirati ai disegni degli arredi delle moschee: un salto di quota crea una serie di cadute d’acqua il cui suono accompagna il visitatore. Sulla destra un’altura terrazzata costituisce uno dei punti “bel-vedere” da cui si osserva la parte meridionale del Cairo. Proseguendo per il percorso (asse) principale, si giunge poi, sempre accompagnati da un rivolo d’acqua incanalata, ad una zona, sempre ad assetto regolare caratterizzata da piccoli giardini a stanze che ospitano alcuni esemplari di palme, e che si aprono, rispettivamente, a destra e a sinistra del viale (“Sunken gardens”).
Il percorso, infine raggiunge il Palm Court Cafè e il Ristorante del lago che si affaccia sul grande bacino d’acqua artificiale. Dal grande lago si osserva il complesso della cittadella medievale voluta dal Salah el-Din, una vista di grande suggestione che mette in relazione il parco con le moschee della cittadella stessa, chiaro rimando al Corano e ai giardini islamici quali anticipazioni terrene della piacevolezza del paradiso. Sono presenti, inoltre, all’interno del parco, un’area per il gioco dei bambini, un vivaio che ha la funzione di reintegrare le piante che si seccano o le fioriture di stagione e un frutteto (“the park orchard”), nel quale gli alberi sono disposti con un sesto regolare.
Il parco, che si estende su una superficie di 30 ettari, è costato circa 30 milioni di dollari ed è servito non solo per riqualificare urbanisticamente un’importante zona del Cairo ma anche ha rappresentato una risorsa per la popolazione di Darb al-Ahmar. Infatti congiuntamente alla realizzazione del parco, che impiega prevalentemente manodopera locale,l’Aga Kahn Trust For Culture ha promosso l’artigianato (in particolare calzature, mobili e oggetti turistici) e la formazione professionale e la ristrutturazione di alcune delle abitazioni presenti poi restituite ai proprietari. Il parco, ad ingresso libero per gli orfani e per i vecchi, nel 2006, è stato visitato da 1.073.000 visitatori dei quali l’82% egiziani e 6% da altri paesi. Una meta assolutamente imperdibile per chi è appassionato di giardini, capace di suscitare forti suggestioni e straordinari colpi d’occhio.
Testo di Eraldo Antonini
In collaborazione con la rivista Giardini: www.giardini.biz