La Bellezza del mondo ha in sé qualcosa di compiuto. Per questo oggi ogni intervento sulla natura finisce, inesorabilmente, con lo stravolgerne i delicati equilibri. Conservare, per certi aspetti oggi significa “non fare” o “agire senza intervenire”, come indicano le leggi del tao.
Per calarci in questo periodo d’estate. Se osserviamo i prati in queste notti non possiamo non notare come delle perle lucenti tra l’erba. Sono lucciole! Che con la messa al bando dei veleni petrolchimici, che le avevano quasi sterminate, ora sono riapparse. Compaiono dapprima in pianura, lungo le siepi, poi in collina inseguendo la primavera, perché l'arsura dell’estate spegne la loro piccola luce.
Chi si sofferma ad osservarle rimane ipnotizzato dal loro bagliore che risponde a ritmi misteriosi e a volte pare pulsare, a lente ondate, di luce fredda. Nelle notti senza vento poi, quando cessano i suoni del bosco, sembra che emettano come un impercettibile brusio ad accompagnare il loro bagliore. In realtà, nella trance indotta in chi osserva il pulsare delle lucciole, si insinua sempre un qualche sottile brivido di inquietudine forse per la tenebra in cui si accende la loro minuscola luce spettrale e per le ancestrali paure che fa emergere dal nostro subconscio. Questo fenomeno che caratterizza la loro luminosità è la bioluminescenza che per naturale somiglianza fa pensare alle fantasmagorie luccicanti del mare in amore, quando ogni piccolo movimento accende i fotofori di creature planctoniche marine, così come può ricordare la danza luminosa di alcune meduse che nuotano cullate dalle correnti marine.
Insomma luci tremolanti in alto nel buio del cielo così come luci tremolanti in basso nell’oscurità delle foreste della notte. Forse aveva in mente questo spettacolo Ermes Trismegisto quando, come narra la leggenda, incise le parole: ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso: per compiere i miracoli della cosa una, ponendo così le basi dell'Alchimia. Chi non ci dice allora che ciò che cerchiamo, l’equivalente della pietra filosofale, non sia nascosto proprio nel mistero di una notte d'estate, dove chi sa vedere, e non solo guardare, può raggiungere la luce sfavillante delle galassie restandosene sdraiato nell’oscurità, sotto i rami di un albero.
Eppure come è lontano da noi questo apparente non fare. Questo osservare senza dover essere sempre e in ogni momento qualcosa o qualcuno. E perché non provarci ora anche noi in questo periodo estivo? Perché non cercare, sia per chi va in vacanza sia per chi resta in città, di incorporare, ossia di prendere dentro di sé attraverso lo sguardo e il proprio respiro, qualche elemento o particella di qualcosa che ci colpisce più di tutte? Come ad esempio il pulviscolo di un vulcano- per chi si reca in un luogo dove sia presente- o la goccia di un’onda del mare oppure proprio l’immagine luciferina, nella notte, delle lucciole?
Se la luminescenza è un fenomeno che troviamo qua e là negli organismi viventi, nei batteri, ad esempio, nelle alghe, negli insetti che trasformano l’eccitazione in luminosità. Allora non sarebbe un curioso esercizio, mettiamola così, provare anche noi a cogliere attraverso i nostri occhi e il nostro respiro qualche particella delle cose che più ci colpiscono emotivamente e “sensibilmente”? Per aumentare così la nostra di luminosità? Non è infatti nella tradizione antica cinese che si parla di shen, e cioè di spiriti che circolano nel sangue e per il nostro corpo? Eppure la presenza e l’intensità degli shen in una persona la si può riconoscere solo dalla lucentezza dei suoi occhi. Perché gli shen brillano nello sguardo tanto più siamo in uno stato di sentire e di comprensione delle cose.
Con la collaborazione di Marco Cavara per la parte scientifica dell’articolo.