Molto si può fare in Atene col danaro, e ancor più si potrebbe se se ne desse di più. Però so bene che la città non sarebbe ugualmente in grado di sbrigare gli affari di tutti i postulanti, qualunque somma di argento o di oro uno offrisse. E poi c’è da giudicare quest’altro genere di cause: se uno non ha riparato la nave, o costruisce su suolo pubblico; e poi occorre dirimere le liti per l’assegnazione dell’allestimento dei cori per le varie feste: Dionisie, Targelie, Panatenee, Prometie, Efestie – il tutto ogni anno. Ogni anno vengono eletti quattrocento trierarchi, e anche tra costoro si debbono regolare ogni anno le eventuali controversie.
(La democrazia come violenza, Anonimo ateniese)
Non ti accorgi che il principale intento della neolingua consiste proprio nel semplificare al massimo le possibilità del pensiero? Giunti che saremo alla fine, renderemo il delitto di pensiero, ovvero lo psicoreato, del tutto impossibile perché non ci saranno più parole per esprimerlo.
(1984, G.Orwell)
Mother Russia / Dance of the Tsars / Hold up your heads
Remember who you are/ Can you release / The anger the grief
Can you be happy / Now your people are free
(Mother Russia, Iron Maiden, 1990)
La geopolitica è la scienza dei rapporti fra politica e controllo del territorio. Oggi la geopolitica allarga ulteriormente la sua visione in quanto viviamo in un sistema dove ogni settore e dimensione appare integrato negli altri e quindi possiamo chiamarla la “scienza/arte della globalità”. Negli ultimi anni, nonostante il protagonismo della Cina, la scena sembra dominata ancora dall’ennesimo ritorno dalla polarità dialettica America/Russia. Questa polarità talvolta assume contorni paradossali con una Russia che si mostra quale paladina del conservatorismo etico e un'America che si mostra avventurista e rivoluzionaria sia in bioetica che in politica internazionale.
Chi avrebbe mai detto che la patria del liberismo non sarebbe intervenuta in Iraq abbandonando la strategica nazione al fanatismo islamico di chi oggi ha occupato Mosul inventandosi un pericolosissimo nuovo “califfato”? Chi avrebbe detto che Putin, ex ufficiale del Kgb, sarebbe stato apprezzato, come è ora, dai lepenisti e dalla destra cattolica tradizionalista italiana ed europea quale alfiere dei valori della Tradizione: Dio, Patria, Famiglia? La via percorsa abilmente da Putin è una via quasi necessitata. Crollata l’ideologia comunista l’unica strada valoriale per la Russia era appunto quella del ritorno dell’ideale classico della Patria. In questo senso la Russia si erge oggi quale nuova icona di stabilità contro il globalismo, quale immagine rassicurante di un mondo un po’ retrò ma che aspira a valori di sanità ed equilibrio contro l’artificio dei mondi finanziari. Il tradizionale mondo della produzione e dei materiali contro l’avventurismo della speculazione. Il gas e il petrolio contro il Mercato Unico (del gas e del petrolio).
Ecco l’ideale autarchico, già mussoliniano, che guida oggi la Russia e che affascina i gruppi antimondialisti di tutto il mondo. Sembra essere avvenuto un ribaltamento globale che disorienta e destabilizza. Per questo è utile ritornare a meditare sui modelli antichi dell’idea del potere, alla Grecia antica, oggi ancora fertili e attuali ermeneuticamente. Atene è stata sconfitta militarmente da Sparta ma il modello ateniese è quello che ha vinto nella fantasia collettiva, nelle correnti di pensiero, nella storia della cultura. Perché è accaduta questa vittoriosa sopravvivenza se invece sembrava funzionare meglio a livello pratico il modello spartano? Perché Atene affascina con più facilità se ad Atene esisteva un partito filospartano con Senofonte, Platone e Aristofane mentre a Sparta non è mai esistito alcun “partito filoateniese”? Per lo stesso motivo per cui oggi il “modello americano” è ancora forte, nonostante l’immensa crisi economica che fa vacillare il popolo americano e mezzo mondo.
Si tratta infatti in entrambi i casi di un modello etico-culturale che mira alla retorica della condivisione, della complicità, di una visione che eleva un paradigma che mira all’identificazione, al sentimentalismo diffuso, all’omologazione massiva. Era già così con Pericle in quanto i culti più radicati in Atene sono sempre stati i culti dionisiaci con il rito del teatro e le “feste dell’ebbrezza” proprie delle Antesterie. Allora le sacre processioni e deliri mascherati nelle vie oggi il cinema, la tv, lo sport, le spiagge, i concerti, i rave party. Atene e New York seducono in quanto si tratta di forze camaleontiche, fluide, eteriche, in grado di adattarsi a qualsiasi situazione e di evocare qualsiasi stato d’animo. Atene e New York sono società “fluide” dove le “potenze dell’aria e delle acque”, cioè i riti collettivi della propaganda e del sogno sociale, accomunano tutti in un illusione che aggrega e assoggetta, assorbendola, ogni forza critica. Mosca e Sparta invece scontano il limite di ogni ideale aristocratico: la solitudine di Nietzsche.
Chi ambisce ad esibire il controllo, a difendere apertamente un’identità, invece di coltivarla nascostamente, assume maggiori rischi in quanto troverà molti concorrenti e avversari. L’impegno sacrificale e selettivo è faticoso: l’ideale del benessere massivo è più a buon mercato e convince facilmente tutti. Il modello occidentale mira ad un idea di popolo che delega il proprio sogno per poter godere il lusso di disinteressarsene nell’impegno realizzativo. Sparta richiede invece l’integrazione diretta nell’impegno di ogni componente. Ma allora basta poca polvere per rallentare l’ingranaggio. L’archetipo della terra e del fuoco sta a Mosca/Sparta come l’immagine dell’aria e dell’acqua è vicina al fascino di Atene/America. Gli States sono un essere ibrido, ambiguo, multiforme. Si può ingabbiare il vento?
Nel 1975 un bel film riuscì a metaforizzare con efficacia e semplicità questa polarità di lungo corso: Il vento e il leone. Il leone era un rais berbero del Marocco, un patriota, una specie di Sandokan, mentre “il vento” era il modello americanista di “progressismo virale”. L’America è NY ma anche Washington, ma pure L.A., ma anche “il country” e il jazz. Tanti miti in un Mito. Essere se stessi nel dividersi e moltiplicarsi. E pluribus unum. L’America è forte in quanto finanzia Hollywood e il Sundance Festival, i neocon e il progressismo, Malcom X e il KKK. Essere se stessi e gestire anche il proprio fantasma. Autocelebrarsi ma pure anticipare la rivolta disarmandola e canalizzandola in modo preventivo. Se sei un linguaggio, e c’è una logica industriale alle tue spalle, penetri ogni spazio senza destare anticorpi. L’America è la versione iperglobalista dell’Impero di Alessandro Magno, il primo inventore del cosmopolitismo, a cui Sparta restò non a caso indifferente, e, quindi, finì isolata, obliata.
Sparta è Sparta. Mosca è Mosca. La rigidità è infiltrabile, mentre è più difficile abbattere un labirinto di spugna. Oggi la partita sembra proprio questa: società di massa, con un'elite anonima, o difesa dell’identità, con un'elite manifesta. Obama o Putin. Il vantaggio strutturale di Obama è che anche Putin deve usare la società di massa per convincere e aggregare e in questo gli Usa sono maestri della propaganda e dell’informazione, anche se il successo russo in Siria è dipeso anche da un uso “americano” dei mass media da parte di Putin. In questo senso la Russia si vede costretta, per resistere all’avanzata dell’Impero americanista, a mutuare gli stessi strumenti che ha appreso dagli Usa: farsi un proprio internet, costruirsi una propria rete di pagamenti on line, creare proprie reti doganali di favore. Ma la copia saprà resistere alla concorrenza dell’originale? La stessa strenua resistenza degli ucraini filorussi contro il governo di Kiev segue il modello americano di guerriglia interna di logoramento che abbiamo visto infinite volte: dal Nicaragua al sovvertimento della Libia. In Ucraina il paradosso della bipolarità raggiunge il massimo: gli Usa appoggiano un governo di estrema destra, ultranazionalista, quello di Kiev, la cui spina nel fianco è proprio il controllo della proprio territorio! Gli Usa hanno sempre appoggiato in senso rivoluzionario l’autodeterminazione dei popoli e delle minoranze (dalla prima guerra mondiale in poi) mentre oggi è la Russia che si pone come avvocato delle minoranze dell’Ucraina orientale.
Veramente un grande paradosso vedere il Liberalismo finanziare il suo nemico, il nazionalismo, mentre l’erede dell’Internazionalismo sovietico finanzia una retorica delle minoranze che, se applicata entro i suoi confini, porterebbe la Russia alla dissoluzione. Evidentemente la regola aurea della tattica resta sempre la stessa: il nemico del mio nemico è il mio amico! Altro ribaltamento epocale sembra assistersi nell’involuzione dell’Unione Europea che mostra sempre maggiore aggressività contro i suoi stessi pilastri di sostegno: gli stati nazionali! L’UE sembra finire per sintetizzare i difetti di America e della vecchia Urss: eccesso di capitalismo bancario unito ad eccesso di dirigismo programmatico. Capitalismo senza Stato e Stati senza capitale portano necessariamente i popoli a scadere in delle masse senza più un’idea sociale. La debolezza della strategia russa invece è che se ti poni come alfiere dell’Identità farai più fatica ad aggregare altre forze per le quali lo sviluppo del valore dell’Identità può accrescere i conflitti reciproci, in primo luogo con chi si autoidentifica maggiormente con questo valore.
Il paradosso culturale della Russia è dato dal fatto che l’efficacia della sua influenza mondiale appare inversamente proporzionale dal suo allontanarsi dal modello e dalla rete già sovietica mentre la sopravvivenza del proprio fascino culturale è invece direttamente proporzionale a tale allontanamento. Penso che nonostante “l’enigma Putin” la Russia voglia veramente non essere più l’Urss ma per resistere come potenza non solo regionale rispetto al progresso dell’“Imperialismo progressista americano” viene quasi spinta nelle braccia della Cina e del suo stesso proprio antico ruolo imperiale. Chi invece propaganda il valore della condivisione e della liberalizzazione offre la piacevole illusione che le chance siano aperte per tutti. Viceversa la debolezza del “Sistema aperto” americanista sta nel suo non potersi fermar nel moto perpetuo della continua espansione. Rallentare è già perdere e allora non si può fare altro che condividere la gestione dei fallimenti trasfigurandoli in nuove occasioni di speculazioni. Gli Usa se moltiplicano le occasioni e i mercati per tutti nel contempo moltiplicano anche i rischi di crollo e di recessione. Il sistema americanista è binario: o si è dentro e allora comanda il Mercato, o si è fuori e allora si è nemici e si deve essere assorbiti o distrutti. Nel Sistema della open society popperiana, di cui Obama sembra il più spregiudicato alfiere, tutto può essere incluso e assorbito, tutto è alleabile e malleabile a patto di accettare i postulati della stessa open society.
Lo aveva già capito bene Cacciari anni fa: la tolleranza liberista è vasta come il mondo ma parlano i cannoni se non si accetta il liberalismo. Così era anche Atene: tollerante e gaudente, ma spietata contro Mitilene e contro l’isola di Melo che furono distrutte senza pietà quando defezionarono dalle aspettative ateniesi. Il famoso teorema sociale di Popper è naturalmente un falso storico colossale ma funziona quale mito retorico. Il vero racconto della storia è molto diverso e possiamo prendere fra i molti l’esempio fulgido delle Repubbliche marinare italiane che trionfarono in tutto il mondo di allora con il loro capitalismo ruggente e creativo, verso l’esterno simile all’Impero americano, proprio grazie ad un sistema politico elitario, chiuso e autarchico che cooptava strettamente i propri successori.
Ma erano altri tempi e non c’era allora bisogno di una retorica della democrazia da sostenere per tranquillizzare e formare le masse. Bastava la fede cristiana e l’orgoglio della polis quale aggregante. Il modello popperiano è intrinsecamente imperialista in quanto ciò che vuole mostrarsi quale “aperto” vive sulla dissoluzione di ciò che viene percepito quale “chiuso”, fossero pure interi stati, popoli, o l’idea della famiglia o Dio stesso. Il carattere “onnivoro” e “monista” della geopolitica popperiana genera una forma di imperialismo “asimmetrico” e senza fine che sembra aver imparato bene la lezione dei due colonnelli cinesi (Guerra senza limiti. L'arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione, di Qiao Liang e Wang Xiangsu).
Riuscirà la visione multipolare del mondo resistere alla tentazione di un golpe monopolare? Non è un caso che Popper applaudì al bombardamento Nato della Repubblica Yugoslava, il quale fu l’inizio della realizzazione del nuovo modello della “balcanizzazione” quale “multipolarismo dentro il Liberismo” o “multipolarismo regionale”. Da poche settimane il poker geopolitico assiste ad un altro colpo di scena veramente sorprendente il cui peso geopolitico equivale ad una dichiarazione di guerra: la decisione dell’americana Tesla Motors di liberalizzare i propri brevetti sull’automobile elettrica. L’azienda americana, le cui azioni si stanno impennando, sta mostrando la propria forza mondiale rivelando come sia già pronta la nuova industria Usa sulla locomozione elettrica di massa. Un cambio strategico improvviso che rilancia il “sogno americano”.
Proprio quando tutti, persino il pacato e noioso Sergio Romano, cantavano il declino americano come un fatto ormai assodato e irreversibile, il Sistema liberista ha scompaginato ogni scenario aprendo il sipario su una nuova colossale industria che ribalta l’immagine classica dell’America quale insieme di lobbies petrolifere. Obama aveva appena accennato la sua “svolta verde” quando il mondo ha conosciuto un nuovo scenario che certamente da anni era stato calcolato e pianificato in via del tutto riservata. La forza del liberalismo è anche la scelta dei tempi e la potenza dell’organizzazione. La liberalizzazione dei brevetti può solo significare la volontà di canalizzare la concorrenza su un modello industriale di cui si ha in pugno la primogenitura. Un segno di grande forza e una strategia di comunicazione geniale e fortissima. Fino a ieri sembrava che la ricerca più avanzata sulle energie alternative fosse in mano al Giappone, alla Russia, alla Germania, (e per tutti in senso antiamericano). In questo senso gli esperimenti giapponesi sulle più veloci automobili solari e sulla fusione a freddo rappresentavano veramente una minaccia al dominio americano fondato sul petrolio. Oggi gli Usa si ergono a paladini di una nuova frontiera del progresso.
Forse non è un caso che l’annuncio storico di Tesla Motors avvenga in simultanea con l’apparentemente bizzarra inerzia Usa in Iraq. E’ finita l’epoca del petrolio e quindi quella dell’intervento militare territoriale? Oppure si tratta solo dell’ennesina creativa applicazione del liberalismo in geopolitica nel senso di lasciare sunniti e sciiti da soli ad autodistruggersi a vicenda in una guerra civile internazionale in cui vincerà solo chi non vi partecipa? Vincerà il Sistema del Liberalismo Assoluto o l’Ideale della Sovranità e dell’Identità? Chi riuscirà ad aggregare con più forza: chi celebra un’organizzazione liberista di massa o chi promuove l’indipendenza autarchica? No a Putin, ma sì ai prodotti a km zero? Sì agli Usa, ma no alle multinazionali?
Forse l’unica speranza per la pace mondiale è che si realizzi la pur inquietante visione geopolitica di Orwell dove 3/4 potenze mondiali si equivalgono e si delimitano a vicenda tramite un teatrale gioco di ruolo di reciproca legittimazione dialettica e, purtroppo, tramite “faglie di guerra” di bassa intensità tenute costantemente accese. Sembra di assistere ai metodi di Sparta dove la ridotta elite degli Spartiati conservava la pace sociale anche tramite raid notturni dove periodicamente i giovani guerrieri venivano addestrati permettendo loro di seminare il panico fra gli inconsapevoli Iloti, i quali così non potevano fare a meno della protezione degli Spartiati stessi. Ai posteri la sentenza.