“I tasti neri e i tasti bianchi sono la parte più bella della mia libertà espressiva e comunicativa”.
Il tuo rapporto con il pianoforte: quando hai iniziato a suonare che studi hai fatto, quando hai deciso di trasformare la tua passione in un lavoro? Raccontaci la tua vita musicale, già così affermata, seppur così giovane.
…a 8/9 anni è cominciata la mia passione, con una tastiera giocattolo regalatami dai miei genitori. L’anno successivo mi sono iscritto in conservatorio per studiare organo (ero affascinato da tutti quei suoni) che prevede 5 anni di pianoforte preliminare; lì ho imparato a conoscere e ad amare questo strumento. Ho terminato comunque il mio percorso in Organo e composizione, mi sono diplomato a 19 anni e ho conseguito anche la laurea di 2° livello (a 21 anni), ma ho approfondito e continuato parallelamente anche lo studio del pianoforte (classico e ovviamente legato alla musica jazz) insieme a numerosi insegnati privati, workshop in giro per l’Europa, e anche negli Stati Uniti (New York e Detroit). Ho deciso poi di dedicarmi esclusivamente al pianoforte dai 20/21 anni in poi perché non ce la facevo più a continuare entrambi e mi interessava concentrarmi completamente sull’improvvisazione. Poi mi sono trasferito a Torino e ho conseguito la laurea in Jazz di 2° livello.
Hai vinto molti premi, puoi citarne qualcuno?
Ho vinto il Premio Internazionale Massimo Urbani 2011, il Premio Nazionale Chicco Bettinardi 2011, il Red Award come Revelation of the Year 2011 al JazzUP Festival di Viterbo, il Primo Premio come Miglior Solista e Miglior Band (con il mio TRIO) al Fara Music Fest 2012, il Primo Premio al “Barga Jazz Contest 2012” e il Premio Padova Carrarese nel 2011; infine una settimana fa hanno consegnato a me e alla mia Band (TRIO) il premio speciale come Miglior Gruppo all’International Bucharest Jazz Competition 2014 nel circuito dell’EUROPAFest.
In cosa consiste il JazzIt Awards?
I JazzIt Awards sono un’indagine popolare sugli appassionati di jazz e non, e riguardoa i musicisti di questo genere, l’industria discografica, il management, ecc… io ho avuto la fortuna di essre votato nelle Top 10 del 2011, 2012 e 2013.
Con quali artisti hai avuto il piacere di collaborare?
L’hanno scorso ho avuto la fortuna di suonare per alcuni concerti con il grande Dave Liebman, un paio di anni fa ho registrato un album e fatto diversi concerti insieme a Fabrizio Bosso, ho lavorato insieme a Rosario Giuliani al mio primo album da leader (2011) con il quale continuiamo a suonare insieme da un paio di anni a questa parte, con Furio Di Castri ho avuto la possibilità di lavorare diverse volte e di suonare anche una settimana in Turchia nel suo 4tetto. Inoltre ho avuto l’occasione di esibirmi e di accompagnare, in situazioni più sporadiche, Maurizio Giammarco, Emanuele Cisi, Gegè Telesforo, Benjamin Koppel, Mark Nightningale, Michael Rosen, Miroslav Vitous, Enzo Zirilli, Luca Begonia, Alessandro Minetto, Aldo Zunino.
Il tuo album d’esordio si intitola Introducing Myself: a chi ti sei presentato e dove vorresti introdurti? Introduciti anche a noi di Wall Street Magazine.
La mia “presentazione” è avvenuta nel 2011 ed era rivolta a tutte quelle persone curiose di sapere quali sono i confini del jazz e dove ci possono condurre, quali percorsi e direzioni è possibile esplorare e come incorporare i nostri sentimenti ed esperienze personali all’interno del suono. Mi piacerebbe molto riuscire a smuovere con la mia musica, far ballare.
Cosa rappresentano per te i tasti bianchi e quelli neri?
Sono la parte più bella della mia libertà espressiva e comunicativa.
Hai suonato molto anche all’estero, raccontaci qualche esperienza.
Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di esibirmi in numerose città europee e non, come Praga, Helsinki, Cracovia, Bucarest, Smirne, Londra, New York, e sono state tutte esperienze fantastiche in direzioni completamente differenti l’una dall’altra. Credo che sia questa l’esperienza più bella, rapportarsi con paesi e culture differenti porta a una più profonda conoscenza di noi stessi.
Parlaci di Jumble up.
…è l’ultimo album che ho realizzato con la mia band (Trio con Davide Liberti al contrabbasso e Ruben Bellavia alla batteria), è uscito a febbraio 2014, e lo stiamo presentando in un tour intensivo. Come indica il titolo, è un disco che mischia e “confonde” numerose influenze e sonorità tra loro, dal jazz più tradizionale alla musica classica, dal blues all’hip hop, il rock, insomma quelli che sono i nostri (miei e della mia band) gusti personali.
Questa estate sarai in concerto?
Sì. ho alcuni festival con la mia band più qualche altro concerto con altre formazioni, Sto aspettando le ultime conferme! Sul mio sito potete seguire sempre tutte le tappe dei concerti.
I tuoi progetti per il futuro?
Continuare a suonare il più possibile con il mio trio e aumentare le collaborazioni, anche in altri generi… al Festival Jazz di Torino di quest’anno oltre ad altri progetti ho lavorato insieme al freestyler (rap) Ensi ed è nato un progetto veramente interessante, che spero continui. Ho partecipato anche alla realizzazione del nuovo singolo di Roy Paci, e anche qua mi piacerebbe proseguire la collaborazione. Inoltre sto pensando anche a un eventuale disco da solo, ma è solo un’ipotesi al momento.
Ti piacerebbe suonare un particolare pianoforte?
Diciamo che se avessi sempre la possibilità di suonare un Fazioli gran coda sarei al settimo cielo, al momento mi è capitato solo una volta…
Ti andrebbe di dedicarti anche ad altri strumenti?
Mi diletto con la batteria, anzi mi piace un sacco a dir la verità!
Dicono di te: "... preparazione, istinto, controllo e curiosità sono alcune delle qualità che rendono Fabio unico nel panorama del pianoforte contemporaneo... ", cosa ne pensi?
Mi lusingano enormemente queste parole e mi sento un po’ in soggezione in realtà anche se, ovviamente, mi fanno un sacco piacere. Credo che ogni capace musicista dovrebbe possedere queste caratteristiche (oltre alla passione, dedizione, creatività…), e se davvero mi rendono unico… beh non posso che esserne felice!
Classe ’86: è complicato per un ragazzo così giovane dedicarsi alla musica? Questo comporta per te altre rinunce immagino, quali?
L’unica rinuncia che sento è quella di non potermi dedicare sempre e completamente al mio strumento. Purtroppo per come è organizzato il sistema e il mercato attuali non tutti hanno la fortuna di avere una o più persone che li seguano e si occupino di organizzare i concerti, mandare mail, chiamare, preparare gli spostamenti e i viaggi, hotel, pagamenti, SIAE, Enpals, ecc., e bisogna perciò occuparsi anche un po’ (nel mio caso) di tutto questo. Cioè di tutte quelle cose che consentono poi realmente di esibirsi di fronte al pubblico. Questa non è una lamentela, ma solo una sincera analisi di quella che è la situazione della maggior parte dei musicisti (me compreso), ma cerchiamo di migliorare anche questo poco per volta!
Una tua opinione sul jazz in generale e in questo momento storico?
I musicisti ci sono e gli spazi anche, il pubblico (se l’evento è comunicato bene, questo spesso fa la differenza) non manca anzi… bisogna soltanto imparare a distinguere in modo chiaro le varie proposte (sia che siano da artisti blasonati e famosi o no); spesso si assiste a eventi a dir poco imbarazzanti e altrettanto spesso non si conoscono gruppi o situazioni musicali che propongono musica incredibile che realmente possono coinvolgere pubblico. Credo che tutto questo faccia male al jazz, molto e da sempre… una maggior consapevolezza e sincerità da parte di tutti, musicisti, manager, organizzatori, promoter, ecc., potrebbe realmente cambiare le sorti di questa musica che a volte viene definita “morta”.
E’ vero che “tutti quanti voglion fare jazz”?
… Credo di sì, il jazz ha un significato che va al di là delle convenzioni storico/musicali che gli sono state attribuite; la libertà e la scelta di muoversi o no su dei parametri uguali per tutti all’interno dei quali ogni musicista improvvisa, sviluppa e crea ciò che sente in quel preciso momento e lo vive fino in fondo comunicandolo agli altri nel pieno rispetto reciproco… non è forse quello che facciamo o cerchiamo di fare ogni giorno nella nostra vita? Ciascuno con il proprio lavoro, la propria famiglia, i propri interessi, gusti? Credo perciò che tutti quanti senza saperlo “voglian far jazz” o stiano facendo jazz, nella musica come nella quotidianità.
Per maggiori informazioni: www.fabiogiachino.com