Può un abito essere un esempio dell’eterno presente dello stile? Nel 1907, nel mondo della moda, si stava verificando un cambiamento epocale che vedeva il ripudio degli stili architettonici strettamente controllati, definiti da piccoli corsetti verso forme apparentemente non strutturate e più fluide (sebbene gli indumenti intimi giocassero ancora un ruolo chiave, anche se più sommesso). Una manifestazione di questa nuova tendenza fu un ritorno alle fogge del Direttorio e del Neoclassico nell’estetica dei primi ‘900 di Paul Poiret.

Abito iconico di questa riprogrammazione di uno stile passato nel presente è il modello "Josephine" (da Josephine Beauharnais, imperatrice dei francesi, prima consorte dell’imperatore Napoleone Bonaparte).

Questa creazione del maestro dell’Orientalismo europeo è stata realizzata in raso di seta avorio e tagliato sotto il seno con quel posizionamento definito “’Impero”: una silhouette caratterizzata da un corpetto aderente a vita alta, combinato con una gonna ampia che scorre sul corpo. L’abito è rifinito da uno scialle aderente in rete nera, profilato da una treccia dorata lungo i bordi dell'orlo. Infine, sul davanti del corpetto, appare una grande rosa, anch’essa in seta che cattura lo sguardo come una fuga prospettica nella bellezza della natura e dei suoi sentori ed emblema di femminilità.

Il modello Josephine rimanda a un tempo non troppo lontano, per quell’epoca, e aderisce a una nuova esigenza sociale di liberazione anatomica della donna che si affranca dai corsetti e dalle crinoline. Già lo stile Neoclassico, al tempo del suo avvento in epoca Napoleonica, rappresentava il rifiuto di una costruzione complessa da poco abbandonata, quella dei Luigi di Francia e della corte di Versailles, e ora lo stile dell’Imperatrice Josephine si rincarnava in un abito dei primi del ‘900 a rimarcare un'altra indipendenza dallo stile ipercostruito, da crinolina e corsetto, della seconda metà del diciannovesimo secolo, tipico del tempo della Restaurazione.

A tale proposito l'illustrazione concettuale apparsa in “Les Robes de Paul Poiret”, un album di design illustrato da Paul Iribe che serviva a promuovere le sue visioni di moda, rimanda alla traccia morbida e decostruita della donna moderna. “Les Robes de Paul Poiret” era un libro in edizione limitata: furono stampate solo circa 250 copie ed è un primo esempio di comunicazione cartacea del progetto moda.

L’abito Josephine di Poiret è un perfetto esempio del ciclo base di azione e reazione del mondo fashion e ha indicato la via da seguire per le forme vestimentarie del XX secolo.

La rosa in seta, posta al centro del busto femminile, corrisponde al primo simbolo grafico apparso accanto al nome di un couturier, su di un’etichetta e voluto da Poiret come segno di ulteriore distinzione.

Distinzione che si è poi ulteriormente accentuata al lancio della prima collezione di profumi legata a una casa di moda. È di fatto Poiret che crea la linea Rosine, di cosmesi e sentori olfattivi fioriti, dove la rosa regna sovrana. È il 1911, e il nome di questa linea arriva dalla primogenita Rosine. Le boccette sono bacino di sperimentazioni Art Nouveau, prodotte per le diverse essenze fiorite.

Nel costruire i ponti formali della sua rivoluzione Poiret chiama in causa le sue stesse clienti e le fa diventare modelle per quelle che sono le prime presentazioni di moda della storia. È nella sua sede di Rue d’Antin a Parigi che, nella sera del 24 giugno 1911, realizza la “Festa della Milleduesima Notte”, per il lancio della linea di profumi e nuovi abiti per le stagioni a venire.

Il tema della firma sull’abito e di un simbolo a essa connesso sono vere esperienze del pionierismo definitorio di una proprietà intellettuale nella creatività del settore moda e la presenza olfattiva sigla, attraverso il sentimento fiorito di femminilità Art Nouveau, il senso formale dello stile Poiret e di conseguenza di una Maison di alta sartoria. A questo va aggiunto il sistema delle presentazioni delle nuove collezioni e le feste a esse annesse che raccontano di frontiere comunicative sino a quel momento inesplorate e ora sperimentate e comprese.

Questo prospetto imprenditoriale, ideato dal couturier di Rue d’Antin, dà origine alla fiorente industria della cosmesi legata ai marchi del Fashion System e alle modalità rappresentative di un sistema complesso e articolato che ancora, con siffatti sistemi, domina i mercati.

Di questo universo il modello Josephine rimane emblematico dei ricorsi storici che tanto assomigliano alle modalità espressive della contemporaneità, ma da esse si differenzia in quanto nell’oggi sono i brevi lassi di tempo a determinare il cambio d’orizzonte e con scarsa rilevanza sociologica se non la rapidità medesima dell’accaduto in termini di nascita e morte del fenomeno stesso per rapide quanto bizzarre ragioni di mercato.

Il tempo dell’Orientalismo inquadrava, attraverso il commercio, il Vecchio Continente in un incontro con l’Asia e la motorietà delle dorsali della cultura e dell’arte che da sole spostavano i territori e facevano convergere prospettive.

Oggi è l’economia, che sembra essere di moda o almeno sembra governarla, che decide all’apparenza l’apparenza, ma la moda non ha a che vedere con il denaro: in quanto maniera dell’umano è molto più articolata e non processa il profitto ma l’emulazione emotiva della forma che genera anche profitto ma “l’anche” è la moda: quella libertà da tutto per una riconoscibilità che richiede distinzione e permeabilità, libertà e schiavitù in un costante allineamento al sentimento comune e sua presa di distanza.

Josephine è un tassello della moda che guarda alla moda e alla sua lirica: è agente politico che educa a un’attitudine sociale ed è per sé stesso un atto liberatorio e creativo che oggi manca nel panorama culturale impoverito da economia e marketing.

Il tempo in cui creare era immaginare orizzonti sembra lontano ma Poiret è vivo consorte dei gesti di chi è fuori dall’esercizio del mero potere finanziario e fattivo dell’attitudine del suo Josephine, per urgenza e necessità espressiva. In esso si rintraccia la germinazione della narrazione poetica che contempla un conseguente marketing e non, come in questo nostro tempo, un marketing che produce sovrastrutture alla vacuità.

Nel modello Josephine e nella creatività di quel tempo nascente della moda, era l’abito il centro da cui partire per lo spartito e l’auspicio di oggi è quello che si torni a far emergere il dettato dell’abito.