III
Coro
Nove primavere sono passate dall’ultima unione di Lacedemone e di Sparta ma sembra di piombo lo scettro appuntito. Cosa è accaduto sotto il sole? Il lago è calmo e solo brevi danze dal cupo suono ha intonato il suo abitatore. Ancora corrono gli efebi coperti d’olio e di notte lottano nudi senza armi sul ponte di legno sopra l’impetuoso fiume attorno al bosco di platani. Molti ne cadono dentro e pochi restano invitti, come rosseggianti fenici.
Re Oreste
Troppo tardi ho ricevuto la lancia e troppo presto l’ho impugnata per i ferrei clamori che verranno.
Amikle
Resti chiuso in questa roccia oh re. Non desideri visitare la terra della dea del lago? Non sei stato ancora di fronte alla pietra dove si dice che si sia seduto l’amico di Phebe dall’arco d’argento né hai onorato la nostra sabbia schiumosa che accolse dalle viole onde la cesta di giunchi e di argilla abitata dall’ebbro nume dalle corna serpentine.
Oreste
Di trono mi basta questo che il suo peso mi trattiene. Agli stranieri lasciamo le lodi. A me spetta vigilare attorno al nero pozzo.
Amikle
Ormai parli come Pito. Poche parole e oscure. Ti vedo spesso interrogare gli indovini. Devi aver appreso da loro l’orecchio che capisce gli uccelli e il suono delle foglie. Eppure i vecchi dicono che quella roccia vicino alla città di Amikle vide su di sé al tempo di Tantalo il Delfinio lungochiomato che ebbe il coraggio di trafiggere il grande serpente a cui era avvinta nella nera palude la titanide rosseggiante dalla corona di palme, la bianca figlia della possente Phebe. Poi esausto per la battaglia si riposò tutto traboccante di odoroso licore e con lo sguardo furente fisso a terra. Così raccontavano i vecchi quando ero fanciullo e mi dicevano due contadini che sotto quella roccia c’è la caverna dove Ekidna partorì il possente Tifone dalle molte spire. Per questo i viandanti oggi quando passano davanti a quel sacro luogo offrono sulle pietre il fumo di qualsiasi bacca o erba selvatica e nei tempi dell’amante di Kar incoronata di nocciole offrono invece ardente vino o bevanda ebbra di edera. E la madre della signora del lago più non è stata vista.
Re Oreste
Dobbiamo tornare al tempo delle origini, alle libagioni delle cinquanta vergini figlie di Egitto che ci portarono il culto della palude e la loro terra nera nostra madre e ci salvarono dalla carestia con l’oro della terra triangolare dai sette fiumi gloria di Helios e della sua sposa dalle corna di falce di luna, come similmente il profeta Eaco dalla parola di fuoco salvò dalla siccità tutte le città pregando sul monte di Egis. Torniamo alla serpentina Kastalia dai molti veli. Solo dietro ai clamori scintillanti del suo iroso nume dalle lunghe chiome possiamo velare il pesante arcano che si appressa e che il nume dalla verga guizzante vuole caricare sul nostro cuore e sulle nostre spalle.
Amikle
Non ci sarà quindi più pace per Lacedemone?
Re Oreste
Avrà la pace delle profondità invisibili indenni dalle tempeste possedute dal ceruleo lungochiomato sposo di Ida. Se non ci fosse infuriare di venti e cavalcate di onde nessuno avrebbe paura dell’abisso e neppure si ricorderebbe dello Scuotiterra dalle chiome ritorte che Ida circonda e che la bella Thera ha ora sommerso nell’Ade che solo un filo scuro di terra ne resta e anche le acque sembrano nere.
Amikle
Sarà dura legge quella dell’Argifonte che persino di Stige e delle sue acque che tutto sciolgono non ha timore. Imprendibili sono i suoi nascosti pensieri come le navi veloci dei Feaci e può scrutare e colpire in ogni ora scura o luminosa.
Re Oreste
Questa legge sola ci resta e questa per sempre sposeremo.
Coro
In questa terra Europa e Kadmo si salutano non lontani. La bianca signora dalla sponda delle acque dove scivolò e l’eroe dalla palude dove dorme Ladone dai molti nomi. Solo qui l’Enialio dalla faccia sporca di minio è incatenato come lo è la dea del mirto e delle mele nei loro recinti che hanno le stelle come volta. Giusto ha parlato il re anche se oscuro.
Oreste
Sembrano ormai un ricordo i rapimenti delle bianche cavalle dalle bionde trecce e ci restano solo alcuni racconti in cui i gemelli dalla testa di uovo compaiono sulle navi fra i turbinosi venti a salvare il nocchiere dall’abisso. Fantasie di marinai terrorizzati o veritieri fantasmi? Dove sono andati i bellissimi guerrieri dal berretto di uovo? Perché non ritornano?
Amikle
Troppi eroi hanno passato il Lete. Forse un tempo senza vento ci è stato dato affinchè nuovi uomini nascano o forse madre Gea è stanca e ora ora si riposa. A noi spetta intanto nutrire le ombre come tu fai oh re offrendo di notte le bestie nere.
Oreste
Neppure il re Nemesi dalle corna di cervo comprende. Se il tempo della gloria è giunto a nascondersi che ne è della profezia di Gea che Temi ricorda a Zeus e dal suo desiderio sola ne resta indenne insieme a Mynta? Nostro padre Prometeo il sapiente conosce come aprire l’enigma o anche altri lo conoscono? Non l’avrà confidato all’alato annunziatore dalla spada ricurva, mio protettore? Può forse la ruota fermarsi? Saggio coppiere cantami la stirpe. Non dimenticare nulla. Qualcosa mi sfugge. Qualcosa che portiamo nelle vene si nasconde. Tutta cantala e non omettere nulla. Che il tuo glorioso canto fedele coppiere aggiunga molti veli ai miei giorni.
Amikle il coppiere
Quello che ricevo da mio padre e che mio padre riceve da suo padre io ti canto. Come il signore del caduceo che sconfisse il figlio dell’Egioco furente cantando e cantando la propria nascita e quella di tutte le divinità dei monti nuvolosi lui che è amato da Memnosyne quale suo più fedele campione così ora per vincere canto per il re l’origine del sangue che regge il suo trono. Che le tre Ninfe montane dal dolce canto mi sorreggano con i loro venti all’inizio e nel mezzo e alla fine. Della bella Leda dalla maschera di oca selvatica dal duro becco di porpora Testio ne è padre lui che genera anche Altea, madre dell’ardente Meleagro e, con l’ebbro Oineo amico del nume dell’ardente Nysa, madre della bella Deianira sposa di Heracle di Tebe, e madre dei fratelli Plesippo e Tosseo, che partecipano alla caccia al cinghiale del bel Calidone, la cui mirra divina serve per placare la signora della pantera dall’arco serpentino che sempre la desidera perfetta e fiammante nell’ora di Pan. Testio è figlio del fiammante Enialio dalle lunghe chiome che mai lascia Lacedemone e della fortunata Demonice, figlia del re argivo Agenore, che nel suo nome onora Agenore padre di Europa, e figlia dell’ardente Epicasta, che sono fra di loro cugini. Epicasta è figlia del bel Calidone e della ventosa e feconda Eolia, ed è sorella di Protogenia, figlia di Deucalione e Pirra, i salvati dal diluvio che fecero rinascere gli uomini dalle pietre da loro seminate. Eolia che è figlia del nobile Amitaone figlio di Creteo che ha il trono di Jolco e della bella ninfa Tiro amata dallo Scuotiterra ed è fratello degli altri Eoliani come Salmoneo fenicio, Sisifo titanico, Atamante e Alcione nemico dei fulmini. Amitaone genera dalla sacra Idomenea dell’Isola bianca il sapiente Melampo, il cui figlio è il pio Abante, ed è sangue di Enarete e di Eolo, custode dei venti figlio dello Scuotiterra e padre di dodici figli, che poi si ritira verso Espero nelle isole nascoste. Enarete è figlia di Deimaco, re tessalo, sacro guerriero, padre di Autolico, figlio dell’Argifonte, mandriano, cacciatore di cinghiali e padre della velata Anticlea, madre del sapiente Odisseo dai torti pensieri signore dei rocciosi Cefalleni, Deimaco padre dei due compagni di Heracle di Tebe Flogio e Deileone, che lo aiutano contro le saettanti Amazzoni da un solo seno. Enarete la feconda genera tutti gli Eoliani che sono sette fratelli e sette sorelle fra cui Atamante, che sposa l’immagine gloriosa di Hera dall’occhio di giovenca, la custode dell’aureo vello.
Da Agenore salendo verso la vetta dell’origine abbiamo Pleurone, fratello di Calidone, padre di Agenore, e Pleurone è figlio della nereide Pronoe e di Etolo che fuggì per purificarsi dell’uccisione di Api, primo re di Argo, signore delle mandrie sacre ad Helios, che è il primo a dare il suo nome alla grande Isola ed è colui che viene dalla terra di Ammone figlio di Perseide, ed è figlio di Foroneo, il primo uomo dopo il diluvio, padre di Kar, che è fratello della bella Io dalle chiome viola e dall’occhio di giovenca, Io l’errante che viene da Lerna, amica del profeta Prometeo, madre del primo re del Nilo, e Foroneo padre di Niobe, figlio del primo fiume Inaco e dell’antica ninfa dei frassini Melia. Foroneo per primo diffonde la gloria di Hera dall’occhio di giovenca conquistando per la dea tutta l’Isola. Etolo viene dal bellissimo luminoso Endimione, amato da Selene, Hera e Artemide, e viene dalla ninfa di Scizia Asterodea, conoscitrice delle stelle e madre di Medea amica di Ecate, quale moglie di Eete, figlio di Helios e di Perseide, figlia di titani, re della Colchide e fratello di Circe e di Perseide madre del prodigioso Astreo signore della danza della doppia scure. Endimione luminoso poi è figlio di Zeus e della ninfa Kalix, una Nereide. Le stirpi di Agenore e di Epicasta discendono entrambe da Eolo e da Enarete. Eolo è figlio di Elleno e della ninfa Orseide, ed Elleno è figlio di Deucalione e di Pirra dalle chiome rosse, figlia di Epimeteo e di Pandora. Deucalione e Pirra rigenerarono gli uomini seminando pietre dopo il diluvio, per questo Lacedemone è la città più antica nell’Isola. Eolo sedusse Tea, la figlia del sapiente Chirone figlio di Kronos, che divenne la cavalla Evippe. Deucalione è figlio del glorioso titano Prometeo che aprì la testa dell’uccisore di Egis con la scure per farne nascere la serpentina figlia, ed è figlio dell’oceanina Klimene. Nel sangue di Leda si mescolano titani e ninfe, oceanine e nereidi, mare e venti. Leda ha avuto cura del serpente Ladone dalle molte lingue, il quale ama avvilupparsi attorno all’albero dai pomi aurei del giardino delle ninfe Esperidi, vicino ad Oceano, come il serpente si avviluppava attorno all’Uovo da cui uscirono Urano e Gea, genitori dei titani, quando non dorme nel lago nero vicino al fiume e viene nutrito dai discendenti degli Sparti con focacce e miele gettate nel pozzo nero.
Leda è unita a Tindaro, che Heracle onora come re insieme ad Icario, padre di Penelope dal volto striato di minio che cade nelle acque e ne esce salva, l’amata dal figlio di Maia che dona il regno al Distruttore delle città e degli eroi, il re dalle chiome fulve, e Tindaro è figlio del re Ebalo e di Gorgofone, la figlia del Distruttore, che lo aiuta nell’uccisione della Gorgone nella terra degli Iperborei, e di Andromeda, figlia del roccioso Cefeo e di Cassiopea, re di Etiopia, i cui figli sono cari a Nemesi. Gorgofone è sorella del sapiente titano Perse, da cui vengono i Persiani e padre di Ecate che tutti i Kronidi onorano ed è compagna del nume dalla verga aurea come la è Estìa dal dolce fuoco ed è amica della signora della pantera, Perse che è ucciso da Kore mentre danza. Ebalo con la naiade Batea, dà alla luce Ippocoonte, signore dei bianchi cavalli, e la figlia del mare poi si unisce a Dardano, il primo che serve i riti delle grandi divinità dai nomi segreti portandoli a Samo di Tracia. Ebalo è figlio del re di Sparta Kinorta, figlio di Amikla, fondatore di Amikle, ed è figlio della sacerdotessa Diomeda. Amikla consacra il monte sopra la palude di Europa, al fiammante Toro figlio di Kore, il monte che è il re roccioso dei cinque promotori della terra della dea del lago e la sua vetta è sacra ad Helios, e Amikle è figlio del re Lacedemone, che è figlio di Zeus e della pleiade Taigeta, che dà il nome al monte amicleo sopra Sparta, ricco di bestie selvatiche e dove si compiono i riti persiani e dove danzano i pastori amici dell’Eripho. Afrodite non ha voluto altri figli che al fiume affida il giudizio. Lacedemone è amante delle Kariti figlie di Kar e sposa Sparta che cade nelle acque, figlia di Europa, e ha come figlia Euridice la quale è sacra alla dea dall’occhio di giovenca e a lei eleva recinti ed Euridice sposa Acrisio antenato dell’eroe melamponide che calza l’elmo alato e brandisce la spada ricurva e fonda la città del fungo. Anche la stirpe di Tindaro come quella di Leda ha sangue di titani e ha sangue con il Distruttore amico di colui che reca il glorioso caduceo, ed è vicina alla stirpe regale di Ida per molte vie fra cui il sangue di Catreo figlio di Arianna e padre di Apemosine amata dall’Argifonte e padre di Erope, chiamata Europa in onore della figlia di Telfassa detta occhio di Argo, Erope che è madre di Agamennone e del grande Menelao dalla veloce lancia che quando andò sulla sua tomba nella serpentina Isola del Toro Afrodite vittoriosa tessitrice di molti inganni incoronò Alessandro signore dei tori e dei cavalli sotto il mirto della divina Elena.
Oreste
Bene hai cantato. Dunque è vero: sangue di titani e di ninfe scorre fra le vene e sotto il trono che si erge a Lacedemone e mi circonda. Anche i figli di Dardano figlio della pleiade Elettra che accolse i Kureti a Samo di Tracia discendono dalla nostra stirpe di ninfe e di Pleiadi quindi giustamente mio padre conquista il caprino Palladio, abbatte la rocca dei figli di Troo e ricongiunge l’Afrodite di Espero con l’Afrodite di Asia. Insieme alla figlia dell’amata da Helios, gloria dell’Urania, la figlia della Naiade regina delle Isole e dei Cefalleni, salvata dall’abisso dalle anatre, regna ora su tutti gli achei e le sue isole sono vicine alla terra di Kronos.
Amikle il coppiere
Felice sangue ti precede e ti seguirà. Solo nella terra della signora del lago l’amico di Phoebe, il difensore della madre della signora del lago, ha il suo roccioso seggio e splende fra le grotte di Tifeo e di Ekidna. Da noi i figli di Pito e di Delfine ancora onoriamo e madre Gea e le venerabili Moire. Da noi i custodi della Legge per l’offerta degli efebi recano ancora le maschere di lupo come l’Argifonte che vinse con l'astuzia Tifeo dalle orecchie di asino reca la maschera del lupo quando scorta i re e gli eroi sulle barche di giunchi sul lungo fiume di Helios della terra di Kemi per attraversare la scura palude e giungere ai verdi campi biondeggianti e al giardino felice. Non c’è stirpe più vicina ai più antichi dei.
Oreste
Questo lo temo. Non possediamo più il fiore di croco che fiorisce oltre la Scizia, tinto del sangue del glorioso titano che salvò Diomede l’aratore. Forse si stanno stancando di noi e ci lasciano occultandosi come fece Kronos felice ebbro di miele. Ma ora cantami ancora una volta il tempo delle origini che anche i titani hanno la loro origine. Concludi ordunque il canto.
Amikle il coppiere
Al tempo delle origini c’è la Notte nera, da cui vengono le tre Moire, e nulla si vede. Avviene un battito delle sue lunghe e possenti ali e compare l’etere luminoso e nell’etere la luce e nella luce un grande uovo argenteo screziato di giacinto e attorno all’uovo un possente serpente che danza attorno all’uovo abbracciandolo. Quando il serpente aspira l’aria soffia il caldo Noto, quando lascia andare l’aria soffia il freddo Borea, fecondatore delle cavalle. Fuori dall’uovo e dal serpente c’è solo una immensa palude. L’uovo e il serpente si fermano al centro della palude. L’uovo si rompe in due metà ed esce kaos e si vedono l’immensa Gea e Urano stellato da cui vengono tutti i sette Titani e appare Eros alato, ispiratore degli eroi, e appare un volto e il volto ha quattro teste: di toro, di leone, di uomo e di aquila e sei ali d’oro da cui escono velocissime folgori contro chi si avvicina empio. Dalla sapiente Gea e dal terribile Urano escono poi i serpentini Giganti, i Ciclopi, i mostri e Oceano che avvolge la terra come il serpente avvolge l’uovo. Dal sangue di Urano colpito dalla falce di diamante mescolato alla spuma del mare nasce Afrodite vittoriosa signora della tartaruga e del cigno e sorge nella spuma della nostra Citera fra voli di bianche colombe.
Kronos dai torti pensieri che domina sul ghiaccio e sulle piogge si unisce a Rea la potente, figlia di Gea e di Urano, Rea che domina sui monti e sulle caverne e il cui nome indica il soffio del vento dalle profondità delle grotte e delle rocce. Insieme guidano la lotta dei Titani e degli Uranici contro Urano solitario. Kronos è il più giovane e lo depone dal trono stellato tagliandogli i genitali con un falcetto di diamante. Da allora Urano è il cielo senza stelle, nascosto. Da allora cielo significa anche “nascosto”. Dal sangue di Urano nascono le Ninfe dei frassini e le Benigne dalle torte chiome e dalle odorose torce. Ma perché Urano opprime i suoi figli? Per lo stesso motivo per cui li inghiotte Kronos cioè per una astuta profezia di Gea che annunzia che il figlio più giovane prende con la forza il trono del padre. Il suo più giovane figlio con l’aiuto di Rea guida la guerra dei Kronidi inghiottiti da Kronos come un serpente inghiotte altri serpenti più piccoli e muove contro Kronos dal bianco corvo e con un falcetto d’oro fatto dai Ciclopi figli di Gea lo depone.
Ma come nasce Zeus? Nasce da Rea e al parto assistono le prime Ninfe: Neda, Stige e Fillira, da cui Kronos genera il sapiente Chirone dalla lunga vita, e le Ninfe dei frassini, le Melie, le prime Ninfe che cantarono dolci canti. Rea salva Zeus da Kronos dandogli in sostituzione la pietra conica, l’Abadir, avvolta da bianche bende, che diviene la pietra di Pito e di Delfine e a cui Pito il possente si avvolge attorno come il serpente attorno all’uovo e come Oceano attorno alla terra. Zeus viene nascosto da Rea in una grotta del suo monte Ida, circondata dalle sue querce che dona al figlio mai inghiottito scampato al sacrificio. Come nasconderlo dalla furia di Kronos e come allevarlo? Prima lo lava nel fiume Neda e dopo viene allevato da tre ninfe vestite da orsa: Adrastea dei frassini, Ida dalle chiome viola e dall’occhio di giovenca ed Amaltea che impugna i due serpenti, e viene accompagnato dal kronide Pan danzatore cornuto con la settuplice siringa di canne del fiume di Europa e viene nutrito con il miele. La grotta è piena di api che cullano il piccolo con il loro ronzio, e attorno alla grotta danzano e gridano armati notte e giorno battendo le spade sui bronzei scudi i fiammanti Kureti figli di Rea, chiamati anche Dattili perché i loro capi sono cinque come le dita della mano destra: Heracle, Giasone, Karno, Kastore e Kabiro, figlio del padre del forte cacciatore Cefalo. Cinque come i cinque guerrieri Sparti nati da sotto la terra e guizzati fuori come serpenti. I Dattili maschi sono detti anche Koribanti quando danzano armati di scudo in onore di Kore. I Dattili femmina dalle maschere di terra che nascono dall’impronta di madre Gea sono le grandi divinità di Samo di Tracia e di Attide e di Andaniam, difese da sacerdoti mascherati da Lupo e i cui nomi non si dicono.
La culla di Zeus è una ruota di bronzo splendente ed è appesa ad un ramo di un olmo che si alza dentro la grotta. Zeus gioca con le capre e viene mascherato da serpente. Sette quindi sono i veli per occultarlo da Kronos: le api, il serpente, il cane d’oro che fa la guardia notte e giorno e che è Rea e che Sisifo in segreto custodisce e l’Argifonte ritrova, Pan dalla frusta di pelle di lupo e le sue capre, le tre ninfe, la mostruosa e terribile Amaltea e i Kureti che in cerchio danzano attorno alla grotta. Amaltea la cronide era metà capra e metà serpente e da essa Zeus trasse l’aurea pelle fiammante con cui sconfigge il potente Egis mascherandosi. Cresciuto, Zeus è posto da Rea quale coppiere di Kronos, come ora il giovane figlio di Maia dalle bianche bende è coppiere di Zeus anche se ora ha iniziato Ganimede figlio di Troo. Zeus insieme ai sette Olimpi fa guerra per dieci anni a Kronos finché lo sconfigge il decimo anno con le folgori dei Ciclopi, figli di Gea, vendicando così Urano e placando le Ninfe dalle scintillanti torce e dalle alte grida. Ora regna e con la sua aurea catena lega a se tutte le sette potenze celesti lui che è l’uccisore di Egis fiammante di cui portano ricordo gli Egidi e molti ha inghiottito di titani come Metis e Eurinome, prima che partorissero le inghiottì, per allontanare la fine della chiusura della terra ai cieli, per dimenticare il tempo del suo prossimo nascondimento.
Oreste
Bene hai cantato. Ma più ti alzi verso la nuvolosa origine più il valore antico mi schiaccia il cuore come un incudine di ferro. Mi sono immerso nel sangue vorticoso per un padre di cui non ricordo il volto e ora pesante e ferma sento l’aurea catena di Zeus, come il coltello che sanò Ificle infisso nel tronco e coperto di ruggine. Pensavo di elevarmi ascoltandoti ma sento che sono su di una ripida scogliera. Che non mi accada come a Mirtilo l’auriga incoronato di mirto figlio di colui che porta l’ariete, il Re di Tebe, la cui ira tanto i figli dell’Isola di Api l’aratore hanno sopportato e che non tornò dal salto.
IV
Oreste è vecchio sul suo trono.
Oreste
Lico versami dell’idromele.
Lico
Ecco mio re. Vedo il tuo volto triste.
Oreste
Lo scettro mi pesa e il trono del titano mi sembra un aspra roccia. Come Sisifo vi resto avvinto. Solo sto in piedi fra i figli degli eroi che tutti ormai popolano i campi biondeggianti di Kronos e le chiome della divina Ermione mi ricordano le trecce serpentine della figlia di Leda forte con la scure doppia. Vana gloria quella che mi segue, simile a fragile ombra e sempre la schiena mi mostra.
Lico
Eppure due figli ti ha dato la regina che restò arida persino di fronte al figlio iroso del grande Achille.
Oreste
Tornano le cose doppie, amate dal figlio di Maia e pericolose per gli uomini. Sì, ho due figli ma senti canzoni di guerra o voci di imprese? Salda Sparta sta e silente Lacedemone è. Il tempo del canto sembra finito. Questa tristezza pesa più del dolore antico. Se infatti non c’è motivo di canto chi può lenire il dolore?
Lico
Parole di ferro ascolto dal mio re. Come posso addolcirle?
Oreste
Versami altro idromele, fedele Ganimede.
Lico
Eppure Pentilo ha un nome amato dai possenti Kureti e Tisameno arde per il regno come un giovane cavallo.
Oreste
Ascolto venti inquieti che altrove portano la gloria. L’isola di Pelope è in pace e sta tutta sotto la corona di Ermione dal peplo inviolabile. Forse solo nella guerra splende la gloria.
Lico
Così parli perché sei cresciuto con il canto delle imprese che gli Achei condussero ad Ilio. Ora un solo monte Ida splende e i misteri delle grandi divinità nella terra di Armonia non rischiano più di cadere nelle mani di schiavi e di barbari.
Oreste
Sì, tutto è compiuto e il cerchio è chiuso. Verso le Esperidi Penelope la velata ha mescolato la stirpe con la possente titanide Circe, sorella di Medea e di Perseide, figli di Helios, e verso la terra del grande Delta già il prode Menelao portò la regina dai molti canti amica di Helios per ricevere ancora benedizione e apprendere il rito di Proteo. L’arco di Nemesi riposa teso lungo tutta la corsa del sole. Ma non sappiamo dove volgerà la freccia.
Lico
Sì, Zeus si è ritirato. Non tu o buon re ma Zeus si è reso silente. La caduta di Ilio ha segnato la fine del tempo delle ninfe. La gloria degli eroi è tornata dietro le nuvole, e Ananke ha reso piatta la bilancia d’oro. Il regno che è venuto dall’oriente arde solo in Ermione dal peplo viola e in te oh mio re.
Oreste
Ad Andania e ad Attide hai risvegliato il culto dei figli di Kabiro compiendo l’opera di Menelao dal manto di croco che presso Ilio ha sacrificato con Alessandro al tuo vecchio padre Lico e a Kimero il melamponide, che onora nel suo nome il mostro che sacrificò, e sicure hai sepolte le lamine di stagno fra tasso e mirto. Finché sepolte resteranno forte resterà il silenzio baluardo di Sparta e perfetto il culto dai nomi segreti. Cosa possiamo aggiungere che non sia già stato fatto? Non c’è più dunque speranza di canto e di gloria se non nelle rare segrete notti di cui non si può parlare? E chi tramanderà il regno senza eroi e senza imprese? Chi ricorderà i nomi e le gesta? Chi ricorderà Lelege sapiente quando guidò come lo Psicopompo il figlio di Egeo e di Etra figlia di Pelope, l’eroe gloria di Medea e di Afrodite, insieme al loro fratello Piritoo, verso il trono di Kore scendendo nella grotta viola di Tenaro? E chi ricorderà Labdaco fraterno figlio di Labda dai molti doni, figlio di Semele, che danzava zoppo e si fermò fecondo a Tebe dalle sette porte? Che sarà della nostra Kanopo, la terra nera dove si fermò felice Io la furiosa pellegrina e fu guarita dalla carezza del proprio figlio Epafo dalle fulve chiome, primo re di tutto il Nilo, Canopo, che ha fondato sui sette fiumi di Helios lo sposo della divina Elena dalle belle trecce quale pegno di futura gloria, là dove inizia il grande Delta, dove Helios iniziò ad arare con i tori e fu sepolto e dalla dea ricomposto.
Lico
Molto tu sai di ciò che vedi. L’E di Pito e la sua Y non ti sono ignote e conosci gli arcani del Labda che è il Delta fecondo della terra di Helios da cui veniamo e da cui i popoli del mare ventoso chiamarono Lelegi i nostri felici padri. Regni su tutti i monti dell’Isola dei titani e sei stato accolto come figlio dal re dei lupi. Come Odisseo ingannatore vorresti folle offendere il terribile Scuotiterra oscuro volendo conoscere anche i regni che non vedi?
Oreste
Dura è la ruota quando volge e non puoi cogliere il pomo dal ramo.
Lico
Sembra allora che solo l’ombra di Kher ci faccia ora da mantello ad indicare la via alla felice terra aurea del nascosto Kronos.
Oreste
Per questo siamo chiamati al clamore bronzeo degli scudi cozzanti e alle lance che si intrecciano guizzanti di scintille. Il bastone aureo dell’alato coppiere faccia scendere il velo sugli occhi e sui pensieri recando dimenticanza come un velo di orrore difende la grotta dell’Ida a tutti esclusa affinché nessuno parli del nascondimento del kronide. Altrimenti qualsiasi vile Tersite si crederà il grande Achille e la terra crollerebbe nel Tartaro. Offriamo una sfinge di rosseggiante pietra alla roccia di Pito e un gallo nero davanti alla palude.
Lico
E gli oracoli continueranno a cantare? Ancora sogni manderà la bianca dea madre del forte Asterio a chi dorme sulle frasche di corbezzolo e di papavero nei recinti notturni? E a Pito ancora arriverà ai sacerdoti dalla scure doppia l’oleastro iperboreo e la paglia sacra nel gelido tempo del nume che agita l’odoroso tirso?
Oreste
Nessun mortale può saperlo. Finchè il mostro dai molti nomi agiterà la feconda palude resterà il nome di Lacedemone e dei suoi figli che conservano il canto delle origini e non hanno bisogno di clave o frecce o spade per condividere la gloria di chi abita i luoghi. Anche se ora sembra che solo i lacrimosi canti dei ritorni da Ilio i cuori vogliano ascoltare. Una Lamia è diventata Alexandra la terribile, custode dell’immagine di legno ricoperta di pelli?
Lico
Strani pensieri ci invadono la bocca e si versano come vino veloce. Ma perché ancora torturarci per giorni che non vedremo? La figlia di Nemesi regna su tutte le isole ora e anche Ermione regnerà con la bianca madre da Ramnunte dai boschi di meli alla grotta viola di Tenaro e dal Ladone all’Isola di Ida.
Oreste
Dicono che Elena avesse un viso versante la divina grazia tanto che poteva far male al cuore come doppia scure. Quando Ilio era tutta in fiamme il vittorioso Menelao alzò la spada ma la regina si tolse la fibbia d’oro e un solo seno si svelò, lei che possedeva la pietra che sanguina con la quale avvinse la mente di Paride, amico dell’Argifonte. Allora Menelao ricordò che Elena regna sulle Amazzoni e ricordò che fu la regina dal peplo viola ad aprire le porte di Ilio sciogliendo i veli del Palladio, lei che regna sui bianchi cavalli e sui boschi di corniolo. Quando Ermione la seguirà raggiungendola fra i biondi campi del pacifico regno di Kronos chi resterà quale Palladio a Lacedemone?
Lico
In nome di Pito e di Gea a cui per prima spetta la profezia ti annunzio che tuo figlio Pentilo andrà a Lesbo quale dadoforo e koribante, come un nuovo Kelix, e tuo figlio Tisameno avrà un figlio, Komete, che andrà in Asia ad arare altri solchi e a seminare altri serpi come Api di Menphis l’aratore forte più di un toro furente. La luce torna al suo oriente. Chi presto verrà porterà ferro al posto del nostro bronzo ma ancora vivrà Lacedemone e la sua sposa. La gloria tornerà ancora fra molti anni tornerà ma per due soli brevi momenti grazie ai figli del titano Perse, nostri vicini di sangue e il ricordo del glorioso clamore resterà fra chi combatte e fra i giovani. La Seminata non sarà mai piegata da arma di ferro né da parole di re ma un lontano giorno sarà Gea la possente che la vincerà agitando le sette colonne ma in questo non c’è disonore. Veniamo tutti da padre Kadmo che ci ha seminati.
Oreste
Le tue parole da oracolo sono più dolci dell’idromele e un po’ di consolazione danno al mio vecchio cuore. Vicino sono alla nera madre terra e sul volto avverto agitare l’aria mossa dalle ali rapaci di Kher e in cuore vedo anch’io un velo dei giorni che verranno. Vedo che Zeus si è celato come suo padre e senza averci piegato ci condanna al silenzio e all’odio dei popoli che ci circondano. Gli uomini non temeranno più la folgore e allora di noi dovranno avere paura e noi di loro. Incatenati a questa terra saremo come l’Enalio che teniamo legato nel sacro recinto. Che il silenzio sia la nostra arma e il nostro rifugio e che il sonno che l’Argifonte comanda non vinca la saggezza che viene dal figlio di Maia. Ora è tempo che vada nelle acque. Che sia da Kadmo chiuso nell’urna del fiume come chiuse il signore melamponide dalla doppia nascita. Come Kadmo andrò a lavarmi nella sorgente.
Lico
Onore a te ultimo figlio di Leda. Affronta con la luce negli occhi e con il sole sul capo l’ultimo tuo incontro.
Coro
Ecco il grande Oreste, perfetta vittima scampata al sacrificio, audace lottatore contro le terribili Ninfe dalle agitate torce e dalle alte urla, colui che ha riposto degnamente la lorda terribile scure doppia che sembrava non dovesse mai fermarsi, colui che unisce la stirpe del toro e la stirpe del serpente. Ora si incammina solo verso la palude e viene morso da un serpente al calcagno, come suo padre Kadmo, e sono passate sette decadi da quando la lama lo sfiorò infante, Kadmo l’uomo che venne per primo dalla terra di Kam portando la sapienza e la gloria di colui che reca la verga aurea e serpentina. Non la voce di Oreste o il suo braccio ma le sue ossa porteranno nuova gloria a Lacedemone e il loro fuoco alzerà nuovi venti e nuove colonne al cielo perché da Tegea terra cidonia patria di lupi dove saranno sepolte sotto un fiammante sidereo antro dove si incontrano i due venti di cui uno divino, verrà Pallas figlio del Lupo e della potente ninfa di Kar e di Mynta sapiente oracolo, che sarà chiamata da altri popoli Rea dei boschi, ed è figlia di Ladone occulto dalle molte voci e dell’Argifonte veloce e il re dei lupi e del picchio, amico di Heracle mandriano di fulve bestie, come un nuovo titano porrà stabile un luogo sacro su una rocca fra sette davanti ad una nera palude rotonda nel mezzo della silente e felice terra di Kronos, come sette sono le corde della nostra cetra e sette le colonne alla Tomba del cavallo e sette le nostre amate Pleiadi sorelle della grande Taigete, difesa degli Sparti e sette i cerchi dello Stige. Una nuova bellissima Thera nascerà e sarà salva dall’urlo di Tifeo dalle orecchie d’asino come dalle furie di Gea e un giorno con l’insegna del lupo riconquisterà la terra di Epafo dalle chiome di fuoco, nostro primo solco, re della città del sole dove la grande aquila sale purpurea dal fuoco dell’altare rotondo. Che Oreste cantino gli aedi perché fu l’ultimo re del tempo degli eroi e il suo nome ora riposa con gli eroi salvo e glorioso.
Prima e seconda parte: http://wsimag.com/it/cultura/7839-la-follia-di-oreste-atto-i-e-atto-ii