Giovedì 1 agosto 2024 Italia battuta e Algeria campione tra mille polemiche. Appena 40 secondi è durato lo scontro di boxe tra l’italiana Angela Carini e l’algerina Imane Khelif: l’azzurra si è ritirata dal ring dopo aver ricevuto due colpi al volto da parte dell’Algerina.
Scatta la polemica per gli elevati livelli di testosterone da parte dell’atleta magrebina. Era uno sconto alla pari?
Meno di un minuto, questa la durata dell'incontro di boxe fra Italia ed Algeria. Sono bastati due colpi ben assestati sul volto dell’atleta italiana, per porre fine all’incontro. “Ero salita sul ring per combattere. Non mi sono arresa, ma un pugno mi ha fatto troppo male e dunque ho detto basta". La pugile azzurra ha spiegato così la sua decisione di abbandonare il match contro l’iper-androgena Imane Khelif. Ribadisce inoltre la Carini in un ulteriore intervista post gara “Esco a testa alta” non riservando alcun parere circa le condizioni del suo avversario. Condizioni quelle dell’atleta algerina che infiammano e infiammeranno per lungo tempo il dibattito olimpica. L’atleta Khelif, infatti, ha partecipato alla selezione di pugilato femminile algerina, pur con dei livelli di testosterone più alti di molte sue pari.
Non si può certo parlare di un atleta transgender, cioè di un soggetto uomo che intende diventare donna. Imane Khelif è una donna a tutti gli effetti, pur presentando tratti tipici maschili. Nocciolo della questione diventa allora la presenza di regolamenti che hanno permesso alla lottatrice di partecipare alla competizione.
Ma partiamo con ordine: chi è innanzitutto Imane Khelif?
Imane Khelif è un’atleta algerina classe 1999 nata a Tiaret in Algeria. La sua carriera inizia con i campionati dilettanti di Nuova Delhi del 2018, in cui si classifica 17esima. Ha rappresentato poi la federazione algerina ai campionati mondiali di pugilato dilettanti del 2019, classificandosi trentatreesima, ma Il grande salto avviene con la prima partecipazione ai campionati olimpici di Tokyo 2020 nella categoria dei 60 kg, dove l’atleta ha raggiunto i quarti di finale.
Ciò che balza all’occhio dei più però non è tanto il palmarès della lottatrice nordafricana, non certo gravido di successi, quanto le ultime vicende legate allo stato fisico della stessa atleta. Ai mondiali del 2023 Imane Khelif viene squalificata dalla competizione. Secondo alcuni test condotti dall’IBA, l’International Boxing Association, ente organizzatore della competizione, nell'atleta sarebbero stati evidenziate tracce di cromosomi maschili all’interno del DNA. Una tale condizione, tipica negli uomini, comporta nell’atleta un aumento volumetrico della massa muscolare rendendone così il corpo più prestante rispetto alle sue avversarie. In sunto sulla base di tale evidenza la lottatrice algerina viene esclusa dalla competizione. Da qui la nascita della questione. Può un atleta iper-androgena prendere parte alle olimpiadi?
Una questione ormai chiusa viene adesso riaperta sulla base di uno scontro di vedute fra l’IBA e il comitato internazionale olimpico. Infatti, il comitato Olimpico utilizza un diverso metro di giudizio rispetto all’International Boxing Association. Sulla base di una valutazione tenente conto di un parametro di 5 nano moli per litro, l’atleta algerina è stata ammessa alle olimpiadi, perché ritenuta aver rispettato tutti i parametri richiesti. Una scelta diametralmente opposta rispetto ai recenti risvolti dei mondiali dell’anno prima e che apre uno squarcio. Sulla base di quanto anzidetto, le questioni che si stanno sviluppando sono principalmente due: si dibatte innanzitutto su quale sia il metro di valutazione più accurato, e soprattutto se quello appena conclusosi con l’atleta azzurra Carini, fosse veramente uno scontro alla pari.
Una vicenda che da subito diventa di dominio pubblico e che non lascia indifferente neanche la politica.
Così la premier Meloni sul caso "non sono d'accordo con la scelta del CIO, ma da anni. Dal 2021 quando il CIO cambiò il regolamento presentammo una mozione per presentare le conseguenze che poteva avere". "È un fatto che con i livelli di testosterone presenti nel sangue dell'atleta algerina la gara in partenza non sembra equa - ha aggiunto la premier - C'erano anche profili legati alla sicurezza e penso anche che dobbiamo fare attenzione, nel tentativo di non discriminare, a discriminare. Io sono anni che tento di spiegare che alcune tesi, portate all'estremo, rischiano di impattare sui diritti delle donne. Io penso che atleti che hanno caratteristiche genetiche maschili non debbano essere ammesse alle gare femminili ma non perché si voglia discriminare qualcuno ma per tutelare il diritto delle atlete di poter competere ad armi pari".
Non si fa certo attendere la risposta del comitato olimpico algerino: il quale parla di attacchi malevoli e non etici. Dello stesso avviso anche Imane Khelif che alle critiche si risponde così: "è una questione di dignità e onore per ogni donna".
All’esito di quanto ampiamente trattato sorge spontaneo farsi delle domande, possono delle atlete donne dai forti tratti maschili partecipare a tali tipi di competizione, ma soprattutto, perché non viene adottato un unico criterio di valutazione per l’accesso alle competizioni?