I caratteri tipografici vedono la luce con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, Johann Gutenberg la inventò nel 1455. Il testo era riprodotto usando dei blocchi di metallo (punzoni). Ad ogni glifo corrispondeva un punzone metallico.

I punzoni avevano forme regolari e precise. Si iniziò fin da subito a definire e usare delle unità di misura per dare coerenza ai testi. I punti tipografici definivano ogni elemento di un testo come gli spazi tra le lettere, altezza o larghezza etc.

In Italia Aldo Novarese, studioso e creatore di nuovi disegni di caratteri formulò nel 1956 la classificazione estetica dei caratteri che venne usata per molti anni.

Ad oggi I moderni pc utilizzano un sistema DTP (Desktop Publishing), i font vengono installati come se fossero dei piccoli software che contengono la descrizione matematica, sotto forma di profili, di tutte le lettere e i segni del carattere tipografico.

Le descrizioni sono indipendenti dalla dimensione, esse infatti permettono di riprodurre in modo identico un segno di qualunque misura.

Internet consente di scegliere e procurarsi i font anche attraverso la consultazione di siti specializzati e cataloghi disponibili non più solo su supporto cartaceo, ma anche (e soprattutto) in forma digitale.

Tutte le aziende produttrici di caratteri per la stampa (o di software per la progettazione grafica) si sono ormai riconvertite nella produzione digitale di intere serie di caratteri o nella ri-digitalizzazione delle più tradizionali font tipografiche, mentre nuove imprese si sono affacciate al mercato mondiale dei caratteri tipografici.

Non sempre però c’è stata questa grande varietà, Steve Jobs fu uno dei pionieri che riuscì a portare nel 1984 sui Mac la possibilità da parte dell’utente di scegliere fra vari font da usare. Com’è noto Jobs era fortemente interessato al design industriale “umano-centrico”.

Il primo Mac utilizzava disegni di font che sono diventati poi di uso comune come Helvetica e Times New Roman insieme ad altri supervisionati da Jobs stesso, come il Geneva, Chicago, Toronto…

Susan Kare, la Graphic Designer responsabile per il disegno del font Chicago, si trovò di fronte a diverse limitazioni tecniche, i caratteri per PC fino a quel momento disponibili erano monospazio, ogni carattere scritto sullo schermo occupava lo stesso spazio orizzontale, a differenza dei caratteri da stampa o le lettere scritte a mano.

Il Mac fu il primo sistema a adottare invece un sistema di spazio proporzionale, in modo che i font per i computer potessero somigliare di più alle lettere tradizionali.

Susan creò il primo prototipo con alcune limitazioni dovute alla risoluzione degli schermi dell’epoca, il suo font consisteva solo in elementi orizzontali, verticali o disposti a 45 gradi, non aveva ancora gli angoli arrotondati e si faceva notare rispetto ad altri font monospazio come il Courier e il Lucida per le linee scure e i contorni a forma di scala.

Il font Chicago fu utilizzato per i menu del primo lettore musicale di Apple l’iPod nel 2001, si dimostrò altamente fruibile anche su uno schermo piccolo grazie ai caratteri spaziati in maniera proporzionale che lo rendevano leggibile come se fosse un testo scritto su carta.

La migrazione dopo quasi vent’anni dalla sua creazione su un dispositivo importante, come l’iPod, ci insegna che il buon design non risente dei tempi e delle mode se applicato in maniera corretta.

Lo stesso carattere fu usato per molti anni anche nelle pubblicità della Apple e nei sistemi operativi dal 1982 al 1997 quando fu sostituito nel Mac OS 8 dal Charcoal.

Altri font supervisionati da Jobs furono il London e il San Francisco. I font Los Angeles e Venice mostrarono la forte influenza che ebbe verso i caratteri calligrafici.

Jobs seguì un corso di calligrafia subito dopo aver interrotto gli studi al college, già ai tempi aveva sviluppato un forte interesse per l’arte della scrittura a mano.

Di questo periodo ricorda: “Ho imparato a conoscere i font con le grazie, la varietà di spaziatura tra i caratteri e le diverse combinazioni di caratteri, cosa rende veramente importante un font. È stata una grande esperienza sul piano storico ed estetico, è una cosa artisticamente così raffinata che la scienza non la può spiegare. E io la trovai affascinante.”

Molti di questi primi font sono difficili da recuperare e non sarebbero utilizzabili oggi sui moderni sistemi operativi, quello che rimane però è il dono che venne fatto all’utente di poter scegliere.

Jobs e la sua squadra di grafici hanno reso alla portata di tutti delle possibilità che prima erano appannaggio di un utilizzo prettamente specialistico.

La Apple gradualmente abbandonò i primi font per fare spazio agli schermi più grandi e con risoluzione più alta, negli anni però si sono susseguiti molti omaggi al lavoro di Karen, alcuni come il font “Wind City” di Giles Booth sono ancora reperibili online.

Le menti creative e meticolose dei grafici dietro alla costruzione delle interfacce, dei font e delle campagne pubblicitarie hanno sicuramente aiutato i marchi a distinguersi dalla massa.

Con queste nuove conoscenze possiamo guardare in modo differente ai titoli di un film che scorrono, all’interfaccia del nuovo smartphone che abbiamo comprato o ad una insegna. Ognuno di questi mezzi di comunicazione è il frutto dell’evoluzione di un sistema molto complesso reso naturale, fruibile e semplice per l’utente finale.

Bibliografia

Simon Garfield, Just My Type: A Book About Fonts, Profile Books, 2011.